martedì 15 novembre 2022

MyLife - TRENTACINQUE ANNI... IN DUE (Una poesia autobiografica inedita)


Trentacinque anni, e non sentirli;

e non perché siamo non-udenti!

Trentacinque anni di amicizia,

che ha trasformato la mia vita in letizia.

Trentacinque anni da quella magica sera:

da quella Estate e Festa di San Martino,

quando tu per la prima volta mi vedesti e mi rivolgesti un sorriso,

donandomi un complimento… a me molto gradito.

Da quel momento in poi non ci siamo più lasciati,

e tutti i tempi, belli o burrascosi, insieme li abbiamo affrontati.

Tu, pretendendo ogni settimana almeno tre novità,

mi hai introdotto a uno stuolo di nuove realtà,

e una vitale sicurezza, in me, hai saputo crear;

io, che in confronto a te mi sento sempre piccolino,

sono da sempre orgoglioso di essere tuo amico,

e, in un modo o nell’altro,

ho sempre cercato di starti accanto.

E non esiste un momento della giornata

in cui io non ringrazi Dio per averti incontrata;

e ogni volta che mi vieni alla mente,

tu mi sproni, e mi

rendi tutto più leggero e divertente:

anche nei momenti più bui e neri,

tu dentro di me compari,

dandomi forza e allietando i miei pensieri.

Trentacinque anni meno due giorni sono passati

da quando una macchina del tempo ho bramato,

per rivivere quel nostro primo magico momento

che io pensavo di aver sognato.

Trentacinque anni, e non manifestarli,

nonostante tutti i nostri impegni e affanni,

e, ogni volta che ti guardo,

mi sembra che me non sia passato neanche un anno.

Trentacinque anni di amicizia,

praticamente diciassette anni e mezzo a testa;

e ogni volta, per me e la mia vista,

è un motivo di gran festa.

Noi siamo due eterni giovincelli, a tutte le età:

una magia che solo una vigorente amicizia vera può crear!

 

 

©Sergio Rilletti, martedì 15 novembre 2022

 

sabato 5 novembre 2022

BUON KOMPLEANNO, DIABOLIK! (Una breve biografia del Re del Terrore)


 Ormai è ufficiale: il 1° novembre scorso Diabolik ha compiuto 60 anni; anche se in effetti né lui né Eva Kant, sua compagna e complice, li dimostrano.

Un personaggio a cui sono affezionato sin da bambino e che, proprio quest’anno, ho avuto l’onore di rendergli omaggio con Ora X, una breve storia a fumetti scritta e co-sceneggiata da me, pubblicata sul numero 1/2022 de Il grande Diabolik.

Il mio rapporto con Diabolik e di come arrivai a collaborare con Il grande Diabolik, l’ho raccontato in un’intervista che potete leggere su Fronte del blog (CLICCA QUI).

Ora, per celebrare il 60° Anniversario della sua nascita, ho deciso di pubblicare una mia biografia del Re del Terrore, pubblicata nel 2006 su un numero di M-Rivista del mistero, proponendola in una versione riveduta e ampliata per l’occasione.

Quindi Buona Lettura a tutti… e Buon Kompleanno, Diabolik!



Silenzioso come un’ombra, nero come la notte. La sua calzamaglia lascia intravedere soltanto i suoi occhi maligni, grigi come lame d’acciaio. Il suo pugnale saetta nell’aria, portando morte istantanea. Il suo vero nome nessuno lo sa. Nemmeno lui. Per se stesso e per il mondo intero, lui è Diabolik, il Re del Terrore.

Vive a Clerville, dove esercita una professione poco nobile e molto redditizia: il ladro di gioielli e di diamanti!

Una vita da incallito fuorilegge, scelta da lui ma indirizzata dal destino.

Rimasto orfano e unico superstite durante un naufragio venne tratto in salvo, ancora neonato, da un gruppo di uomini che lo portarono alla cosiddetta Isola di King, uno sperduto atollo abitato esclusivamente da criminali di sesso maschile che avevano chiesto asilo a una potente Organizzazione comandata, appunto, dallo spietato King.

Cresciuto taciturno, allevato - senza particolari affetti - dallo stesso King e dagli altri criminali, solo all’età di 6 anni iniziarono a interessarsi a lui, insegnandogli a leggere e a scrivere. Lui cominciò a osservare gli uomini di King lavorare, imparando in fretta tutte le loro specialità - chimica, chirurgia plastica, ingegneria, e intaglio dei diamanti -, che gli sarebbero servite in futuro.

Visse sempre all’aperto, tenendosi in costante esercizio con nuoto, arrampicate su montagne rocciose, esplorazione di grotte… e specializzandosi nel lancio del pugnale, l’arma più silenziosa che ci possa essere. Proprio come lui.

All’età di 22 anni studiò ed elaborò un particolare tipo di maschera che riproduceva fedelmente il viso delle persone.

Intuendo che King voleva carpire i suoi segreti per poi ucciderlo, decise di precederlo, uccidendolo, e fuggì dall’isola indossando una maschera che riproduceva il volto di King, e rubandogli il tesoro. Fu in quel momento che decise di adottare il nome della pantera imbalsamata che King teneva nel suo studio: Diabolik.

Arrivato nello Stato del Deccan, in Oriente, e braccato dagli uomini di King, che volevano il tesoro, il giovane Diabolik venne soccorso dal misterioso Ronin, che lo prese in simpatia e lo iscrisse a una scuola per criminali al suo servizio. Qui, seguendo i duri insegnamenti del maestro Chang, imparò a lottare, a cavarsela da solo in situazioni impreviste di estremo pericolo, e soprattutto… a diffidare delle persone e a essere più duro nei sentimenti.

Fu in questo periodo che elaborò la sua speciale tuta elastica che lascia scoperti, e ben in vista, solo gli occhi. E fu sempre in questa scuola che conobbe la prima donna della sua vita, Jin, una sua compagna di corso che lui credeva amica… e che invece, poi, lo tradì.

Ma tra lui e Ronin si era instaurato un rapporto speciale, e Diabolik non l’avrebbe dimenticato mai più.

Purtroppo, però, gli uomini di King lo raggiunsero anche lì e massacrarono tutti; e lui fu costretto a fuggire dal Deccan - se non per tornarci molti anni dopo per effettuare un colpo memorabile -, per rifugiarsi a Clerville, dove fa sparire Walter Dorian, un suo perfido sosia, prendendo possesso di una sua proprietà, sconosciuta allo Stato.

Ed è proprio qui, a Clerville, dove poi conoscerà Eva Kant - che al loro primo incontro gli salverà la vita -, che Diabolik si conquista il titolo di Re del Terrore.


Diabolik è diabolico, come suggerisce il nome stesso, e geniale. Non colpisce tutti indistintamente, ma ha una particolare predilezione per le persone dell’alta società che hanno raggiunto la loro posizione grazie a traffici e affari illeciti.

I suoi piani sono perfetti, tutto è studiato meticolosamente: Diabolik passa intere settimane - e a volte addirittura mesi - a studiare la vita della propria vittima, prima di agire; e, alla fine, sa tutto: di lei… e di tutti coloro che le gravitano attorno.

Gli impianti d’allarme non sono mai un problema: per quanto sofisticati possano essere, lui è sempre in grado di costruire delle attrezzature che li surclassano. Ed è perfettamente inutile tentare di inseguirlo: grazie alla sua abilità di pilota, alla sua Jaguar E-Type super-accessoriata, e ai mille tranelli che dissemina lungo le strade, riesce sempre a far perdere le proprie tracce… infilandosi in uno dei suoi innumerevoli rifugi sotterranei, invisibili a occhio umano.

Insieme a lui c’è Eva Kant, inseparabile compagna, amante, e complice. Il loro è un amore veramente eterno, di quelli che nemmeno la morte potrà mai spezzare.

Quando è il momento di entrare in azione, rapiscono o uccidono una persona particolarmente vicina alla vittima designata, sostituendosi a lei. Impossibile accorgersi della differenza: le loro maschere, che ormai Diabolik ha perfezionato, riproducono fedelmente i tratti dei visi. Così, mentre uno di loro agisce dall’interno, l’altro resta in contatto, nascosto nel rifugio, fungendo da supporto.

Impossibile prevedere i loro colpi e sventarli. L’unico che ci prova è l’ispettore Ginko, che intraprende con Diabolik delle vere e proprie battaglie d’ingegno.

Sono sessant’anni, ormai, che l’ispettore Ginko è ossessionato dalla sua cattura; più di una volta c’è riuscito, ma alla fine Diabolik viene sempre liberato da Eva Kant.

Nonostante la sua professione, Diabolik ha un valore morale assoluto: la lealtà, e, a volte, decide di intervenire, a modo suo, in soccorso di qualche persona perbene, fidandosi di lei. Fiducia che, quando è ben riposta, può generare affetti sinceri e amicizie che, in alcuni casi, perdurano nel tempo. Tra questi, Valentino detto Il Gatto, un ladro gioviale e simpatico, e Bettina, una bimba curiosa, diventata un’adolescente piena di buoni sentimenti.

Ogni tanto qualche incauto malvivente osa sfidarlo, rapendo la sua bella e amata Eva. Niente di più sbagliato: chiunque osi mettere in pericolo la sua compagna, l’amore della sua vita, muore.

Così, nonostante tutti i tentativi della polizia, gli abitanti di Clerville continuano a essere terrorizzati dalla sua presenza. E Diabolik ed Eva Kant continuano ad amarsi, ricchi e indisturbati.

©Sergio Rilletti, sabato 5 novembre 2022

domenica 16 ottobre 2022

MISTER NOIR COMPIE 18 ANNI! (Un beve articolo inedito)

Salve a tutti!... Oggi, DOMENICA 16 OTTOBRE 2022, è una data da celebrare. Perché, esattamente alle Ore 20.14 del 16 Ottobre di diciotto anni fa, nella hall dell’Admiral Hotel di Milano (e sulle pagine di “M-RIVISTA DEL MISTERO”) nasceva Mister Noir, il primo eroe disabile seriale della Storia della letteratura italiana, protagonista di thriller umoristici… modestamente creato da me.

Quindi, oggi, MISTER NOIR COMPIE 18 ANNI!

Sì, è vero che nel racconto “CACCIA ALLA CACCIATRICE”, presente nel mio libro “MISTER NOIR” (edito da Oakmond Publishing e acquistabile su Amazon - CLICCA QUI), rivelo che Mister Noir ha 30 anni, ma oggi celebriamo i suoi 18 ANNI DI VITA EDITORIALE!

Mi dispiace che, a causa di alcune mie vicissitudini personali, oggi non riesca a festeggiare questo importante anniversario come avrei voluto; ma d’altronde anch’io, quando festeggio il mio compleanno, lo faccio con calma, alcuni mesi dopo!...

Quindi, preparatevi; perché le celebrazioni per il 18° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI MISTER NOIR sono appena iniziate!

E non saranno soltanto on-line!...

 

Sergio Rilletti, domenica 16 ottobre 2022

sabato 9 luglio 2022

DIETRO LE QUINTE DI... "MISTER NOIR" DI SERGIO RILLETTI - 4^ Puntata: TRE PRIMI INCONTRI (DI CUI UNO REALE)


 Salve a tutti!... Nelle puntate precedenti vi ho raccontato chi è Mister Noir (CLICCA QUI), com’è nata l’idea della serie di racconti che lo vede protagonista (CLICCA QUI), e che cos’era il telefilm Agente speciale a cui mi sono ispirato per riproporne lo spirito brioso e scanzonato (CLICCA QUI). Ora vi racconterò la genesi di Tre primi incontri, la storia d’apertura del mio libro, Mister Noir (edito da Oakmond Publishing).

Ci sono racconti che nascono da una tua idea, la maggior parte ovviamente, e ci sono racconti che invece nascono da richieste altrui. Tre primi incontri, il racconto che apre il mio libro, appartiene sicuramente a questa seconda categoria.

Scritto dieci anni dopo la pubblicazione della prima avventura di Mister Noir, su specifica richiesta di Andrea Carlo Cappi, costituisce, di fatto, la prima storia che lo vede protagonista.

Ma andiamo con ordine.

Correva - anzi volava - l’anno 2014, e io, d’accordo con Andrea Carlo Cappi, che a quei tempi era Direttore Editoriale della Collana M di Cordero Editore, stavo revisionando alcuni racconti che avrebbero composto l’antologia che avrebbe celebrato il decennale della nascita editoriale di Mister Noir e che si sarebbe intitolata Le avventure di Mister Noir - proprio come la serie di racconti che avevo creato per M-Rivista del mistero -, quando lo stesso Cappi mi invitò caldamente a scrivere una storia di apertura dell’intera saga, che riguardasse, quindi, il primo incontro tra Mister Noir ed Elena Fox.

Logico: un’antologia che vuole proporre i racconti di una serie in rigoroso ordine cronologico, deve iniziare col momento in cui i due protagonisti si incontrano per la prima volta.

Già. Ma io non ero pronto, credendo di avere tutto il tempo del mondo per creare, con tutta calma, nel corso degli anni, una storia in cui poter raccontare, a un certo punto, tramite un flashback, come si erano conosciuti Mister Noir ed Elena Fox.

Invece no, dovevo scriverla subito. E allora presi spunto da un suggerimento che mi aveva dato Cappi, e lo adattai allo stile mio e della serie.

Così scrissi del bizzarro colloquio di lavoro tra Mister Noir ed Elena Fox, delle prove attitudinali con cui il detective testa la sua candidata assistente (per verificare come si comportava con una persona con disabilità come lui), e della loro prima rissa (che, in effetti, è un altro tipo di incontro).

Un bizzarro colloquio di lavoro che però non ho voluto ambientare né in una data precisa - come invece farò in tutti gli altri racconti - né nello studio del detective, ma bensì in una data imprecisata, a Villa Radice Fossati, dove la sera di Domenica 15 Novembre 1987 incontrai per la prima volta la mia amica Simona (che come seppi tempo dopo, oltre a somigliare fisicamente a Elena Fox, quella sera era pure vestita in modo molto simile al suo), che determinò lo straordinario stravolgimento della mia vita, che mi fece da mental coach per i rapporti interpersonali, e che, per quanto vi riguarda, alimentò la mia caparbietà di affermarmi come scrittore.

E quella fatidica sera, dopo essersi accertata che fossi proprio io, Simona mi fece subito, ma proprio subito, i complimenti per un mio racconto. Un fatto che non poteva passare inosservato a Mister Noir, presente a mia insaputa, che infatti tempo dopoo mi contattò per assumermi come suo biografo.

Eh? Come? Non ci state capendo più niente? Vi chiedete dove finisca la fantasia e dove inizi la realtà?

Be’, abituatevi; perché questo è solo l’inizio, e nelle avventure di Mister Noir tutto può accadere; compreso che la fantasia e l’autobiografia dell’autore si fondano tra loro, pur rimanendo ben distinte l’una dall’altra!... Ma, di questo, ne parleremo più diffusamente nelle prossime puntate!

CONTINUA…

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@Sergio Rilletti, sabato 9 luglio 2022

 

venerdì 1 luglio 2022

DIETRO LE QUINTE DI... "MISTER NOIR" DI SERGIO RILLETTI - 3^ Puntata: C'ERA UNA VOLTA... AGENTE SPECIALE

Salve a tutti!... Nella puntata precedente vi ho raccontato come la mia serie di racconti Le avventure di Mister Noir, e quindi la mia antologia Mister Noir (edita da Oakmond Publishing), sia nata dal voler riproporre l’umorismo e la briosità del telefilm Agente speciale, che vedevo quand’ero bambino, ma con un protagonista diversamente abile (CLICCA QUI).

Già. Ma che cos’era Agente speciale?

Agente speciale (titolo originale: The Avengers) era un telefilm chiaramente di origine inglese, anzi proprio british - come il tipico umorismo che lo contraddistingueva -, creato dal produttore Sydney Newman, che durò per sei stagioni, prima in bianco & nero e poi a colori, dal 1961 al 1969, ma che in Italia imperversò, quasi ininterrottamente, fino agli inizi di questo secolo.

Prendendo in considerazione solo le ultime tre stagioni, ovvero quelle trasmesse anche nel nostro Paese, in questa brillante serie l’elegantissimo agente segreto John Steed (interpretato da Patrick Macnee), armato di bombetta e ombrello, e le sue belle e letali assistenti - la graziosa e atletica Emma Peel (Diana Rigg), entrata di fatto nell’immaginario collettivo di tutti gli appassionati della serie, e successivamente Tara King (Linda Thorson) dagli occhi grandi e dolci -, affrontavano misteri, che spesso sembravano sconfinare nel surreale, con grande ironia e incredibile aplomb.

Loro erano agli ordini di due bizzosi capi diversamente abili: Mamma, un uomo opulento e paraplegico, e, in sua assenza, Papà, una donna smilza e cieca.

Apparsa solo poche volte, Papà, indipendentemente dalla sua cecità, non poteva proprio vedere Mamma.

Mamma, invece, era molto più presente. Aveva ai suoi diretti ordini una segretaria, Rhonda, sulla quale riversava tutta la sua autorità e nevrosi, affibbiandole degli incarichi assurdi che travalicavano persino il concetto stesso di parossismo (tipo farsi scarrozzare da un capo all’altro della scrivania mentre lui parlava al telefono). Verso Steed, però, nutriva una fiducia infinita, ed era disposto a usare tutta la sua influenza per aiutarlo e proteggerlo, anche quando un complotto ben organizzato lo indicava come unico indiziato.

Oltre alla creazione delle figure atipiche di Mamma e Papà, che dimostravano in modo inconfutabile che si poteva ironizzare sulla disabilità, Agente speciale aveva il grande merito di non possedere tabù: le persone disabili potevano benissimo essere dei capi capaci e bizzarri, ma anche dei folli dalla mente geniale da bloccare a qualsiasi costo; e le carrozzine elettriche erano sì dei semplici mezzi di trasporto… ma potevano anche essere utilizzate come inquietanti macchine di morte!

Da tutto questo, ho preso l’ironia, l’aplomb, e l’eleganza dei due protagonisti, uomo e donna d’azione, trasferendoli a Mister Noir ed Elena Fox.

Essendo la mia una serie di racconti, purtroppo non posso avvalermi di una sigla come quella di Agente speciale (con lui che si prepara a stappare una bottiglia di champagne, con lei che gliela stappa con un colpo di pistola, e con un delicato tintinnio di bicchieri in segno di brindisi), che, grazie anche al brano strumentale The Shake di Laurie Johnson, ne anticipava l’ironia; ma, grazie a Marco Giannuli, che creò il logo della mia serie per M-Rivista del mistero, e a Giorgio Rizzo, che ha realizzato la copertina della mia antologia, ritengo che l’ironia delle avventure di Mister Noir sia comunque ben rappresentata anche a livello grafico.

A questo punto, forse, sarete curiosi di sapere quali racconti e romanzi brevi compongono il mio libro, per un totale di 397 pagine.

Bene, se è così mi fa molto piacere!... Ma, di questo, ne parleremo più diffusamente nelle prossime puntate!

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@Sergio Rilletti, venerdì 1° luglio 2022

venerdì 24 giugno 2022

DIETRO LE QUINTE DI... "MISTER NOIR" DI SERGIO RILLETTI - 2^ Puntata: QUESTIONE DI STILE

Salve a tutti!... Nella prima puntata vi ho parlato di Mister Noir, delle sue caratteristiche principali, e della sua forte propensione all’ironia (CLICCA QUI). Ora vi racconterò com’è nata quest’idea e di come lo stile di Mister Noir, dotato di una fortissima personalità, influisca sullo stile dell’intera serie.

Com’è noto, l’immaginazione non ha limiti, e quindi può capitare che due generi si incontrino determinando ciò che viene definita contaminazione; come il celebre poliziesco fantascientifico Blade Runner di Philip K. Dick o come, estendendone il significato, le trasposizioni di fumetti in film live action (ovvero con attori in carne e ossa), come quelle supernote dei supereroi americani o, più recentemente, quella di Diabolik firmata dai Manetti Bros.

Ma dato che la fantasia non ha confini, come fosse un unico luogo abitato dai personaggi di tutte le storie immaginate e immaginabili da te e da altri, può anche capitare che un’idea ti venga in mente guardando qualcosa che non ha niente a che fare con quello che poi realizzerai.

Infatti verso la fine del 2001, vedendo una scena insolitamente umoristica della soap opera CentoVetrine, l’espressività della protagonista, Serena Bonanno, mi ricordò quella di Diana Rigg, la protagonista femminile di un telefilm molto divertente che vedevo quand’ero bambino, Agente speciale, e mi venne voglia di creare una mia versione letteraria di quel telefilm; ma non trovando alcun attore che somigliasse a Patrick Macnee, la controparte maschile di quella serie, abbandonai subito l’idea.

Tuttavia, in quel periodo collaboravo con M-Rivista del mistero, diretta dal lungimirante Andrea Carlo Cappi, e quando, un anno dopo, alla fine del 2002, fu annunciato che il 2003 sarebbe stato l’Anno Europeo della Disabilità, decisi di celebrarlo creando una serie di racconti con il primo eroe disabile seriale della Storia della letteratura italiana, protagonista di thriller umoristici.

E per farlo decisi di riprendere la mia idea iniziale, riproponendo quindi la briosità del telefilm Agente speciale - con i due arguti protagonisti che non sembravano prendere nulla sul serio -, ma in un contesto completamente diverso.

E così nacque per M-Rivista del mistero la serie di racconti Le avventure di Mister Noir, con Mister Noir ed Elena Fox che, con il loro umorismo garbato, erano destinati a influenzare lo stile dell’intera serie, in cui - nonostante la presenza di cattivi veramente cattivi - non c’è niente di disturbante, né nel linguaggio dei personaggi né nelle descrizioni delle immagini.

Sì, certo, l’umorismo di Mister Noir spesso disturba gli altri personaggi… ma questo è un altro discorso.

Uno stile pulito e scanzonato che, indipendentemente dai temi trattati, rende inevitabilmente omaggio anche alla comicità dei film con Bud Spencer & Terence Hill.

Rimaneva però un punto fondamentale nella creazione di Mister Noir: la sua tipologia di disabilità.

Inizialmente pensai di farlo paraplegico, ovvero paralizzato agli arti inferiori ma con una perfetta padronanza di quelli superiori - come il celebre Robert Ironside interpretato da Raymond Burr -, ma, dopo una ponderata riflessione, decisi che era meglio se fosse stato affetto da tetraparesi spastica, in modo da potermi liberamente ispirare a me stesso.

Un connubio tra me e Mister Noir che, nel corso degli anni, è diventato sempre più forte, con una serie di avventure, che trovate nel mio libro Mister Noir (Oakmond Publishing), in cui, a volte, fantasia e autobiografia si fondono tra loro!... Ma, di questo, ne parleremo più diffusamente nelle prossime puntate!

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@Sergio Rilletti, venerdì 24 giugno 2022

 

venerdì 17 giugno 2022

DIETRO LE QUINTE DI... "MISTER NOIR" DI SERGIO RILLETTI - 1^ Puntata: CHI E' MISTER NOIR?

Salve a tutti!... Mi chiamo Sergio Rilletti, e la mia passione per la scrittura creativa - che si snoda tra racconti, opere di non-fiction, e poesie - mi aveva portato per anni a definirmi, autoironicamente, scrittore tuttofare; anche se, in effetti, da un po’ di tempo sono noto soprattutto come “il biografo di Mister Noir”, che ora è protagonista di un’antologia di racconti e romanzi brevi, intitolata proprio Mister Noir, scritta dal sottoscritto ed edita da Oakmond Publishing.

Da quando è uscito questo libro ci sono state diverse recensioni, e io stesso ho rilasciato diverse interviste al riguardo, sia sui giornali sia sui web-magazine, che ho riunito in un apposito articolo di presentazione (CLICCA QUI).

Tuttavia, c’è un aspetto che manca, che neanch’io ho finora affrontato: il Dietro le quinte di questo mio libro, ovvero cosa si cela dietro la creazione di ogni singolo racconto. Eh sì, perché, spesso, la stesura di una storia di fantasia è interconnessa con ciò che capita all’autore nella realtà, che può influire sull’alterazione della trama.

Ma innanzitutto, in questa puntata introduttiva, è giusto partire da una domanda fondamentale: Chi è Mister Noir?

Mister Noir è un geniale investigatore privato, affetto da tetraparesi spastica - e quindi, per pura combinazione, affetto del mio stesso tipo di disabilità -, che vive e opera a Milano, e che è assistito da due donne: Consuelo Gomez, una domestica filippina con cui convive, brontolona ma tuttofare, ed Elena Fox, la sua bella e letale assistente, che lo segue nelle indagini.

Nonostante il suo handicap, che lo costringe sulla carrozzina e gli crea qualche problema di articolazione nei movimenti e nel linguaggio, non è né paralizzato né muto. Anzi, ha un forte senso dell’umorismo, a tutto campo, col quale spiazza i suoi interlocutori e fa spazientire di continuo sia Consuelo Gomez sia il commissario Cordieri, che spesso incontra nel corso delle indagini.

Insomma, Mister Noir ha sì dei problemi ma non se ne fa, gettandosi a capofitto nella vita e nei casi più intricati.

Detesta il bullismo, le ingiustizie, e l’omertà, a qualsiasi livello, contro cui reagisce sempre in maniera piuttosto decisa; in compenso, però, entra in empatia con i bambini, verso i quali si intenerisce.

Guida con disinvoltura una possente carrozzina elettrica e, all’occorrenza, un furgone nero super-attrezzato, che, da autentico uomo d’azione qual è, usa anche in modo improprio.

C’è qualche perplessità sul fatto che Mister Noir possa chiamarsi veramente così, ma, a chiunque osi chiedergli il suo vero nome, con un cipiglio che ne rimarca l’assoluta ovvietà lui risponde: “Mister!”.

Le sue avventure, come vedremo nelle prossime puntate, spaziano in diversi generi e sottogeneri del thriller, partendo sicuramente dall’hard boiled, che ha come protagonisti i detective privati, ma comprendendo, tra gli altri, anche il fantastico e lo spionaggio.

Io mi vanto di essere il suo biografo sin da quel lontano Sabato 16 Ottobre 2004, quando, in una memorabile serata all’Admiral Hotel in compagnia di Andrea G. Pinketts e Andrea Carlo Cappi, presentai la sua prima avventura, La vendetta dell’uomo che non era mai nato, che avevo scritto per un numero di M-Rivista del mistero.

Già, io sostengo di essere il suo biografo, ma, nonostante ciò, alcune persone - riconoscendomi perfettamente nel mio personaggio - sostengono che io sia il suo alter ego. Uno dei tanti misteri che avvolgono me e Mister Noir!... Ma, di questo, ne parleremo più diffusamente nelle prossime puntate!

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@Sergio Rilletti, venerdì 17 giugno 2022


domenica 10 aprile 2022

SOLO!... UN EDUCATORE DI NOME CARLETTO (Un racconto autobiografico - Il terzo seguito di "SOLO!")

 Premetto: Io non sono un fan dei romanzi autobiografici. Ritengo che nessuna persona, soprattutto se non famosa, possa essere così presuntuosa da pensare di aver avuto una vita tale da poter interessare centinaia, o addirittura migliaia, di persone che non conosce.

Per i vip può essere diverso, ma rimane comunque il dubbio sulla loro totale sincerità. E, in ogni caso, su di loro grava sempre l’incombente ombra dei ghost writer: anonimi scrittori che, sotto cospicuo compenso, scrivono le suddette autobiografie… firmandole col nome del vip in questione.

Ritengo, altresì, che uno scrittore, più o meno conosciuto ma non anonimo, esprimendo ciò che pensa attraverso i propri personaggi, si faccia conoscere benissimo da ciò che scrive.

Tuttavia, a volte, nel corso della vita, si vivono delle esperienze che vale la pena di sviscerare fino in fondo.

Una di queste, per quanto mi riguarda, è la drammatica vicenda che ho vissuto Domenica 9 Aprile 2006 al Parco di Monza, di come - nonostante la mia grave disabilità motoria - sono riuscito a cavarmela, e di quello che ho dovuto subire nei mesi successivi.

Finché ho potuto, finché non hanno esagerato abusando a dismisura della mia pazienza facendomi dire “Ora Basta!”.

Una vicenda talmente lunga e intricata che le ho dovuto dedicare diversi racconti, uno per ogni aspetto, trasformando quello che avrebbe dovuto essere il titolo d’un singolo racconto (Solo!), come sarebbe stato se le cose fossero andate diversamente, in quello di un’intera saga autobiografica di cui sono stato leale ma reattivo protagonista.

Una saga a cui ho dato un certo ordine logico, più che cronologico, permettendo al lettore di seguire ogni singolo aspetto di questa intricata e oscura vicenda, ma che, in realtà, essendo ogni episodio autonomo - seppur correlato con gli altri - e autoconclusivo, si può cominciare a leggere partendo anche da questo stesso capitolo.

Comunque, se volete leggere i primi tre racconti, qui sotto ci sono i relativi link.

Solo! (versione originale del 2006)  -  http://rilletti.blogspot.it/2014/01/solo-versione-originale-2006.html .

Solo!... Come sfondai il muro dell’omertà  -   http://rilletti.blogspot.it/2014/02/solo-come-sfondai-il-muro-dellomerta-un.html .

Solo!... I volontari tra il Bene e il Male  -  http://rilletti.blogspot.it/2014/03/solo-i-volontari-tra-il-bene-e-il-male.html .

Tre testi, tre capitoli della stessa vicenda, un unico modo di intendere la vita, i rapporti umani, la lealtà.

Bene. Ora, se volete, seguitemi nei meandri di questo nuovo capitolo, che ha come co-protagonista Carletto, nome fittizio dell’educatore volpone che quella fatidica domenica mi abbandonò, da solo, in mezzo al Parco di Monza per fare un giro in risciò.

Seguitemi, perché ci sarà un piccolo, inaspettato, colpo di scena finale.

 

Parco di Monza, Domenica 9 Aprile 2006, ore 15 circa

Carletto, educatore volpone, mi aveva riportato, finalmente, a Cascina Costa Alta. Avevo passato le ultime due ore alla disperata ricerca di un modo per raggiungerla, dato che Carletto, insieme a tutti i volontari che erano con lui (con alcune persone disabili come me), mi aveva abbandonato, da solo con la mia piccola carrozzina elettrica, in mezzo al Parco di Monza, per farsi un giro in risciò; dandomi solo delle indicazioni sommarie su come arrivare a destinazione… che poi erano risultate fasulle.

Certo, colpa anche mia che, per troppa generosità, per non far perdere loro quell’esperienza, avevo acconsentito, seppur con aria dubbiosa, a lasciarli andare; ma, ovviamente, credevo che mi tenessero sempre d’occhio.

Invece no.

Per fortuna, dopo quasi due ore ad alta tensione vissute alla ricerca di un percorso alternativo valido e di aiuto, incontrai una coppia di giovani - un lui e una lei - che, vedendomi spaventato e aiutandomi in maniera assolutamente encomiabile, riuscirono a rintracciare Carletto e a fargli capire dove venire a prendermi.

Lui arrivò, mi fece caricare sul pulmino da un volontario, e, senza dire una parola di ringraziamento alla giovane coppia che mi aveva soccorso, mi riportò alla Cascina, dove avevamo alloggiato quel week-end.

Lì,  mi fecero solo un piccolo applauso, ma nessuno mi chiese cosa avessi fatto o come stessi.

Niente di niente. Come se fosse andato tutto secondo i programmi.

Alle 15.30, Carletto telefonò a mia madre per avvertirla che stavamo per tornare a Milano, annunciandole, in tono allegro, “Sentirà cos’ha combinato Sergio!”; illudendola, così, che avessi fatto una bricconata.

 

Quando arrivammo a Milano, Carletto mi accompagnò dai miei genitori; e quando mia madre chiese allegramente cos’era successo, lui, sempre in tono gioviale, rispose: “Eh!... Suo figlio non ha molto il senso dell’orientamento!”… facendosi mandare ripetutamente a ‘fanculo dal sottoscritto.

Una volta a casa, i miei genitori mi chiesero cosa fosse successo, ma io fui evasivo, dicendo semplicemente che era accaduta una cosa grave, che era finita bene, ma che l’avrei raccontata con calma perché era lunga.

 

Passarono tre giorni. Venne Mercoledì. Noi intanto eravamo andati a Celle Ligure, e io decisi che era venuto il momento di raccontare ai miei genitori cosa mi era accaduto, rivelando, alla fine, che Asdrubale e Carletto avevano il numero di cellulare del ragazzo che mi aveva soccorso con Lisa.

Come andò con Asdrubale l’ho già raccontato in Solo!... I volontari tra il Bene e il Male, ma, quella sera, mia madre, me presente, telefonò a Carletto.

Lui rispose che avrebbe provato a cercare quel numero, ma era dubbioso perché il suo cellulare teneva memorizzate solo le ultime 20 telefonate effettuate. Ma, cosa alquanto anomala, lui, col quale in passato avevo condiviso pure un’uscita extra-lavorativa, non chiese minimamente di me, di come stessi. Perché?

 

Passarono i mesi senza ricevere più sue notizie; finché, a Dicembre, otto mesi dopo la vicenda del Parco di Monza, mi scrisse dicendomi che era molto dispiaciuto per quello che era successo, che si scusava di avermi messo in quella situazione, ma che ormai lui mi vedeva più come Mister Noir che come me stesso... e che, quindi, era convinto che me la sarei cavata!

In effetti, alla fine aveva avuto ragione. Ma se anziché Mister Noir avessi creato Superman, che sa volare, cosa mi avrebbe fatto fare?

Nel frattempo, come ho raccontato in Solo!... Come sfondai il muro dell’omertà, avevo già inviato la mia e-mail "NO PARTY, NO OMERTA'" all’Organizzazione, e quindi ora, a Gelsomino, l’educatore-capo, era venuta la smania di accontentarmi, organizzando, finalmente, l’incontro chiarificatore con Carletto che stavo richiedendo da otto mesi.

 

E così venne Venerdì 26 Gennaio 2007, il giorno della riunione con Carletto.

Eravamo nella sede dell’Organizzazione, e, oltre a noi due, c’erano i miei genitori, Gelsomino, l’educatore-capo, e Chiara, l’altra educatrice.

L’incontro iniziò in armonia, con la mamma che ricordò a Carletto la sua e-mail dove mi paragonava a Mister Noir; poi, però, la situazione precipitò.

Appena iniziai a raccontare che mi avevano mollato senza più voltarsi indietro, Carletto negò, dicendo che, comunque, mi avevano ritrovato entro dieci minuti. Io lo corressi su entrambi i punti.

Mi contestò persino che c’era una strada trafficata dalle auto, lasciandomi allibito.

Io rimarcai che quello che era accaduto al Parco di Monza era un fatto gravissimo, e che lui non aveva neanche ringraziato i due giovani che mi avevano soccorso. Lui ribatté che i due ragazzi li aveva ringraziati, ma, soprattutto ripeté, più volte, che quello che era accaduto era grave per noi.

Per noi? Come Per noi?

E mi disse che non mi aveva mai contattato per sentire come stessi perché non era di sua competenza.

Poi, durante la riunione, mia madre sbottò dicendo che non era possibile aver dovuto aspettare nove mesi per avere quel colloquio; lui le diede ragione, specificando, però, che aveva manifestato subito, a Gelsomino e Chiara, la sua disponibilità a incontrarmi. Loro si guardarono, e tacquero.

Ci lasciammo con l’impegno, suo, di inviarmi la corrispondenza che aveva avuto con la Wind riguardo il recupero del numero di cellulare del ragazzo che mi aveva soccorso… e che lui aveva richiamato.

 

Una volta tornato a casa, però, mi accorsi che, nella bagarre generale della riunione, c’erano alcune questioni che erano rimaste irrisolte; e, contrariamente a quanto avrei fatto in seguito coi volontari, decisi di scrivere un’e-mail a Carletto, mettendo in copia Gelsomino e Chiara.

Innanzitutto gli dissi che la sua risposta sulla sua mancata telefonata mi aveva offeso e ferito molto, perché io non mi aspettavo una telefonata da un ruolo o da una competenza, ma da una persona fisica, lui, col quale credevo - quando era un educatore fisso dell’Organizzazione - di aver instaurato un rapporto speciale; e lui invece non l’aveva fatta.

Poi gli spiegai che, anche se lui mi aveva lasciato in un tratto pedonale, nella strada parallela - che stavo considerato di percorrere al posto di quella insistente che mi aveva indicato lui - le auto sfrecciavano, eccome; e che, comunque, un parco non è un luogo affatto sicuro, perché è accessibile a chiunque, ma proprio a chiunque: cretini pericolosi compresi!

Gli comunicai anche il mio smarrimento quando, quella Domenica, alla fine, vedendolo arrivare col pulmino, notai che con lui non c’erano solo dei volontari ma pure delle persone disabili come me, che, inevitabilmente, li avrebbero rallentati nelle ricerche.

Infine gli chiarii che quello che era accaduto non era grave solo per noi, ma anche per tutti quelli a cui l’avevo raccontato. E sottolineai il fatto che, se fosse capitato a un altro ragazzo di nostra comune conoscenza, si sarebbe beccato una querela per abbandono e danni morali. Invece io non l’avevo fatto, andando contro i miei stessi interessi; e quindi almeno un Grazie, da parte sua, me l’aspettavo proprio.

 

Alcuni giorni dopo, lui mi rispose, mettendo in copia Gelsomino, l’educatore-capo, e Chiara.

Iniziò dichiarando che non avrebbe ribattuto punto per punto a tutto quello che avevo scritto, e si concentrò, invece, su un’unica questione, suddividendola in due punti.

Innanzitutto diede ancora ragione a mia madre, dicendo che non era giusto che avessi dovuto aspettare nove mesi per avere un incontro chiarificatore con lui, e ribadì che aveva detto subito a Chiara e Gelsomino che secondo lui bisognava farlo il più presto possibile, confermando la propria disponibilità ogni volta che, nei mesi successivi, l’Organizzazione lo contattava al riguardo.

Anche in questo caso, Gelsomino e Chiara non risposero.

Poi, però, mi disse che si riteneva ancora nel giusto per non avermi contattato personalmente, perché continuava a credere che la faccenda dovesse essere gestita dall’Organizzazione; non accorgendosi, a quanto pare, che la brutta figura l’aveva fatta comunque lui.

Infine, come Grazie, mi assicurò che di questa esperienza ne avrebbe fatto tesoro.

Della sua corrispondenza con la Wind, che mi aveva promesso, purtroppo non mi fornì alcuna prova. E il numero del ragazzo che mi aveva soccorso, assieme a Lisa (il nome di lei me lo ricordo bene), non saltò mai fuori.

 

Ma quella non fu l’ultima volta che ricevetti sue notizie.

Cinque anni dopo, nel 2012, ricevetti una sua lunga e-mail dove si mostrava sinceramente dispiaciuto per quello che era successo, e dove mi invitava ad andare a trovarlo nel suo agriturismo.

Io non risposi mai a quell’e-mail, non sapevo cosa dire, ma mi ripromisi che, quando avessi scritto il capitolo della saga di Solo! dedicato a lui, gli avrei reso giustizia, raccontando anche questo piccolo, gradito, colpo di scena finale.

 

 

©Sergio Rilletti, domenica 10 aprile 2022