Salve a tutti!... Chi
mi conosce da tempo sa che mi piace essere un “testimonial della realtà”, e la
vicenda dello scuolabus dirottato alle porte di Milano non poteva certo
lasciarmi indifferente.
Così, ho voluto
rendere omaggio al coraggio di Ramy e dei suoi compagni, non come cronista ma
come scrittore, basandomi sulle notizie fornite dai giornalisti e cercando di
dare loro un senso cronologico, narrativo.
Non è stata un’impresa
affatto semplice, perché le esigenze di un cronista sono diverse da quelle di
uno scrittore, ma spero di esserci riuscito.
Buon Ascolto a tutti!
(Sergio Rilletti)
Crema, mercoledì 20
marzo 2019, ore 11, pieno sole
L’attività ricreativa all’aperto
che avevano svolto a pochi chilometri dalla loro scuola, si era appena
conclusa.
Ramy e i suoi cinquanta compagni
si stavano avviando verso lo scuolabus che li avrebbe riportati alla Vailati,
la loro scuola media. Ad accoglierli, un volto affabile che loro consideravano
amico.
Ousseynou Sy, il conducente
senegalese di nazionalità italiana, li fece salire tutti,
(Ramy si piazzò nella penultima fila, accanto al finestrino),
chiuse le porte del bus, e partì.
Accanto a Ramy, di origine
egiziana, c’è Riccardo, e, davanti a quest’ultimo, Samir, di origine marocchina.
E, assieme a loro e agli altri quarantotto compagni, alcuni insegnanti e una
collaboratrice scolastica.
Doveva essere un tragitto
abbastanza breve, come era accaduto all’andata; ma, guardando fuori dal
finestrino, Ramy si accorse che lo scenario era diverso. Ma dove stavano
andando?
A uno svincolo, infatti, lo
scuolabus aveva cambiato direzione, immettendosi nella Statale Paullese.
E’ sempre così, il terrore
inizia in un attimo.
Ousseynou Sy si fermò, si alzò
dal posto guida, e, rivolgendosi a tutti con un coltello, urlò: “Ora andiamo
tutti a Linate, qui non scende più nessuno!” E, detto ciò, abbrancò la
collaboratrice scolastica per un braccio, e, puntandole il coltello alla gola,
le ordinò di legare tutti con delle fascette da elettricista.
Lei eseguì, facendo attenzione a
non stringere troppo però.
Dopodiché, quando la donna,
coltello alla gola, finì di legare tutti, l’autista, con uno spintone, si
liberò di lei e andò a prendere la prima delle tre taniche di benzina che aveva
nascosto sotto un telo, e iniziò a spargerla sul pavimento; poi prese la
seconda, colmò tutti gli spazi che erano rimasti asciutti, anche tra una fila e
l’altra, e, col rimanente, impregnò tutte le tendine.
Adam, seduto in una delle ultime file del pullman, tentò di telefonare
ai suoi genitori, ma l’autista si voltò verso di lui, che si bloccò; ci
riprovò, ma lo sguardo di Sy lo inquadrò ancora. Finalmente, la terza volta, ci
riuscì, e avvisò suo padre di quanto stava accadendo.
Nel frattempo, Sy si stava
avvicinando, facendosi consegnare da ciascuno il proprio cellulare.
Semir, seduto nella penultima
fila accanto a Ramy, valutando che l’autista non lo stesse vedendo, prese il
proprio cellulare e lo lanciò sotto il sedile.
Quando Sy arrivò, ordinandogli
di consegnargli il cellulare, lui, guardandolo dritto negli occhi, gli disse
che l’aveva dimenticato a casa. L’uomo gli credette, completò il giro, e
ripartì.
Riccardo, che nel frattempo si
era liberato, prese il cellulare di Samir e lo diede a Ramy, che, essendo
vicino al finestrino, era comunque meno esposto. Ramy chiamò il 112, e, grazie
alla sua padronanza di linguaggio, fece capire al carabiniere in ascolto la
situazione e, soprattutto, che non era un
film!
Pochi minuti dopo, mentre Ousseynou Sy continuava a guidare
verso Linate e a ripetere ai ragazzi che dovevano morire tutti, perché voleva
vendicare le migliaia di bambini morti in mare, arrivò un’auto dei carabinieri,
partita da San Donato Milanese a seguito della telefonata di Ramy, superò il
bus, e gli si mise davanti, zigzagando e compiendo delle manovre per
rallentarlo.
Non funzionò.
Ousseynou Sy accelerò,
travolgendo l’auto e mandandola fuori strada.
Ne spuntarono altre due, e una
di queste si affiancò alla cabina; ma i carabinieri, che erano già pronti a
sparare, notarono che Sy impugnava un accendino, e, subito dopo, i ragazzi che
si sbracciavano terrorizzati; Sy, sempre con l’acciarino in mano, li avvertì
che il pullman era pieno di gasolio.
I carabinieri rinfoderarono le armi, ma continuarono a fiancheggiare la cabina
del bus e a parlare a Sy.
Nel frattempo, la seconda auto
si era avvicinata alla porta posteriore del mezzo, e un carabiniere ne fracassò
i vetri per creare una via d’uscita.
Attirato dal trambusto alle sue
spalle, Sy si voltò un attimo, giusto il tempo per vedere i ragazzi tentare di
sgattaiolare fuori dal bus ancora in movimento; riportò lo sguardo sulla
strada, ma ormai era troppo tardi: davanti a lui si era parato un camion, e
lui, nella foga di evitarlo, andò a sbattere contro un guardrail.
Appiccò comunque il fuoco e
tentò di fuggire, ma i carabinieri lo placcarono subito, ammanettandolo.
Per i ragazzi, invece, solo
qualche leggera escoriazione e intossicazione da fumo, risolte subito, nulla di
più.
Ora, considerati questi fatti, le forze politiche sembrano
tutte concorde, compiuti i dovuti accertamenti, a concedere a Ramy la
cittadinanza italiana, accelerando al massimo, a spese del Viminale, le
procedure.
Sperando che questo possa
accadere, perché un atto di coraggio di questo stampo deve essere premiato in
modo eclatante, una cosa è comunque certa: Ramy e i suoi compagni, col loro
comportamento, hanno dimostrato, a tutti, cosa sia la vera, unica, autentica,
coesione di gruppo!
©Sergio Rilletti, lunedì 25 marzo 2019, ore 17.15, Radio SkyLab, per "PAROLA DI SCRITTORE - CINQUE MINUTI CON SERGIO RILLETTI" - Letto da Stefano Pastorino