mercoledì 24 aprile 2024

MISTER NOIR A "CELLE CHE LEGGE" (Una nuova presentazione del mio libro)

 

Salve a tutti!... Vi aspetto DOMENICA 28 APRILE, alle Ore 15, presso la Galleria Crocetta (sul Lungomare Crocetta di Celle Ligure), dove, in occasione della prima edizione di Celle che legge, farò una nuova presentazione del mio libro: Mister Noir (edito da Oakmond Publishing).

Con me ci saranno gli inossidabili Stefano Pastorino e Martin Zanchetta.

E, a proposito di Celle Ligure, se volete leggere il testo del mio recente intervento di Parola di Scrittore-Cinque minuti con Sergio Rilletti, intitolato Celle Ligure e il Pronto Intervento della Solidarietà, il link diretto è:  https://rilletti.blogspot.com/2024/04/parola-di-scrittore-2x07-mylife-celle.html .

 

BUONA LETTURA A TUTTI, E… VI ASPETTO DOMENICA 28 APRILE A CELLE LIGURE (SV)!

 


 ©Sergio Rilletti, mercoledì 24 aprile 2024

martedì 9 aprile 2024

MyLife - SOLO!... UNA STORIA DI MOLTEPLICI CAPACITA' (Un racconto autobiografico - Versione inedita 2024)

Non so quanto tempo fosse passato e quante strade avessi già provato, da quando mi abbandonarono in mezzo al Parco di Monza per farsi un giro in risciò, ma sicuramente troppo.

Troppo per me, troppo per i miei nervi, troppo per la mia piccola carrozzina elettrica che rischiava di scaricarsi.

E tutto per l’indicazione di un educatore volpone,

(“Tanto, la strada è facile: vai avanti fino all’autodromo e poi giri a sinistra, costeggiandolo”),

che poi risultò fasulla.

Così, non avendo più indicazioni da seguire, iniziai a cercare, più volte, una strada alternativa per raggiungere la mia meta finale, tornando spesso, dopo ogni tentativo fallito, nel punto esatto in cui mi avevano abbandonato, nella vana speranza che tornassero a cercarmi.

Ma, ogni volta, trovavo il Nulla.

Mi risolsi, quindi, a cercare aiuto; anche se, con i miei gravi problemi motòri, uniti a quelli specifici dell’articolazione del linguaggio, sarebbe stata un’impresa alquanto improba.

Per fortuna, dopo alcuni soggetti che vedendomi sbracciare mi dicevano “Ciao!” e se ne andavano, ce ne furono quattro che si distinsero.

Il primo fu un anziano contadino, che incontrai addentrandomi in una cascina, sfidando il terreno accidentato, a rischio di ribaltarmi; sembrava una città fantasma, con i palazzi fatiscenti, e lui, capendo che avevo bisogno d’aiuto, s’interessò. La sua voce era fessa, ma lui no. E quando, per facilitare la comunicazione, gli dissi semplicemente “Cascina Costa Alta”, che era la mia meta finale, lui mi indicò la strada, avvertendomi però che ero a due chilometri di distanza e che avrei dovuto fare una “salita così!”. Ringraziai e, anche se per nulla tranquillo, mi avviai. Ma anche quella strada, come quelle precedenti, dopo un po’ risultò interrotta.

Il secondo era un giovane pattinatore che incontrai appostandomi di fianco a una mappa del Parco di Monza, attirando l’attenzione. Arrivò, e, dopo qualche giravolta sui suoi rollerblade, si fermò accanto a me. Io gli indicai la Cascina sulla mappa, e lui mi indicò la strada. Lo ringraziai, lui se ne andò, e io mi avviai seguendo le sue indicazioni, svoltando, poco dopo, in un viale a sinistra, che però mi sembrava di aver già percorso un’infinità di tempo prima.

E fu qui, quando ormai ero all’apice dello scoramento e della depressione, che feci il mio terzo e quarto incontro. Si trattava d’una coppia di giovani - lei bionda ed estroversa, lui bruno e un po’ più riservato -, che appena mi videro, solo e spaventato, capirono subito tutto, compreso che ero con un gruppo… che mi aveva perso!

Improvvisamente, mi sentii al sicuro, capendo che loro non mi avrebbero abbandonato, e in cuor mio li definii subito, ma proprio subito, “Due angeli custodi mandati da Dio”. Lei, Lisa - che, vedendomi stupito da come mi capiva bene, mi disse, a mo’ di spiegazione, che faceva la maestra -, e il suo amico, seguendo le mie indicazioni presero l’agenda telefonica dalla mia borsa, e, utilizzando il cellulare di lui, riuscirono a rintracciare il gruppo di volontari, e relativo educatore volpone, che mi avevano perso, facendomi venire a prendere.

E questa fu la mia prima, grandissima vittoria!

Ora qualcuno di voi si chiederà: Chissà quanti complimenti avrà ricevuto, chissà in quanti modi si saranno prodigati in scuse e spiegazioni, chissà come avrà fatto Sergio a ritrovare l’educatore volpone e i relativi volontari tra la montagna di cenere con cui si saranno cosparsi il capo?!

Ebbene, no. Non è accaduto nulla di tutto questo. Anzi, tutt'altro.

Si scatenò un inferno di omertà che proprio non mi aspettavo, e che non solo mi ha impedito di avere il numero di cellulare dei due giovani, che l’educatore volpone e due volontari possedevano e che mi avevano promesso di darmi, ma costringendomi anche a constatare l’unanime disinteresse di tutti i volontari presenti quel giorno, che, pur conoscendomi da anni e avendo la mia e-mail, in modo assolutamente disciplinato decisero di non farsi più sentire.

L’unica cosa che smosse loro e il loro educatore-capo, altrettanto volpone di quello del Parco, fu un’e-mail che inviai - poco prima di Natale - a molte persone di loro conoscenza, e per correttezza anche a loro stessi, informando tutti di ciò che stava accadendo.

Ovviamente, Volpone II fece di tutto, ma proprio di tutto, per minimizzare l’accaduto, ma la valanga di e-mail che gli piovvero addosso chiedendogli spiegazioni, di cui mi riferì in un maldestro tentativo di rimbrottarmi, lo costrinsero a farmi incontrare Volpone I e i relativi omertosi volontari, come stavo chiedendo da mesi.

E questa fu la mia seconda, grandissima vittoria! 

Quello che Volpone I, Volpone II, e compagni, non sapevano, era che, proprio in quel periodo, Andrea Carlo Cappi stava preparando un numero di M-Rivista del mistero - con la quale collaboravo stabilmente da quattro anni - intitolato Lezioni di paura. Con tutta la paura che avevo provato ma che ero riuscito comunque a dominare, e con la voglia immane di rintracciare la giovane coppia che mi aveva soccorso, colsi al volo l’occasione per scrivere Solo!, un lungo racconto - che potete scaricare gratuitamente dal web (CLICCA QUI) - in cui narro, attimo per attimo, tutto quello che avevo vissuto e realmente pensato in quelle due ore di autentico terrore al Parco di Monza.

Anche in questo caso non mi dilungherò nei dettagli, ma questo fu l’inizio di uno strepitoso successo: giornali e riviste, blog, scrittori e scrittrici, persone che conoscevo poco o che non conoscevo affatto, mi manifestarono, tutti, la loro completa solidarietà, attivandosi per diffondere la mia storia. Persino le radio diffusero il mio appello per ritrovare i miei due giovani ed encomiabili soccorritori. E io partecipai a due programmi radiofonici della RAI, di cui uno addirittura in diretta, al quale andai come ospite parlante in studio, incredibile ma vero, in qualità di scrittore.

Tutto ciò, sia ben chiaro, per un numero di cellulare - quello dei miei due giovani soccorritori -, promesso ma mai dato!

E questa fu la mia terza, grandissima vittoria!... A dispetto della mia disabilità e di tutti coloro che pensano, erroneamente, che una persona disabile non possa reagire! 

Ora sono passati ben diciotto anni da quella fatidica Domenica 9 Aprile 2006 che cambiò radicalmente la mia vita, e io di quella brillante coppia di giovani che mi aiutò, di cui parlo anche nel mio libro Mister Noir (edito da Oakmond Publishing - CLICCA QUI), dedicando loro un mio racconto - il crossover Assalto alla RAI - , purtroppo non ho saputo più nulla.

Ma io mi ostinerò sempre a ricordarli, sempre nell’annosa speranza di riuscire a rintracciarli e, finalmente, ringraziarli!

 ©Sergio Rilletti, martedì 9 aprile 2024


lunedì 8 aprile 2024

PAROLA DI SCRITTORE (2x07): MyLife - CELLE LIGURE E IL PRONTO INTERVENTO DELLA SOLIDARIETA' (Un racconto autobiografico inedito - Scritto per Radio Skylab)

Salve a tutti, e Benvenuti alla settima puntata di Parola di Scrittore!... A settembre, quando inaugurai questa nuova stagione, vi raccontai di come io, questa estate, a Celle Ligure, nonostante le mie notevoli difficoltà motorie e di locuzione, fossi riuscito a dissuadere un ragazzino che voleva tuffarsi dalla passeggiata lungomare in un punto dove il fondale marino è basso e pieno di scogli. Un mio breve resoconto autobiografico, intitolato Io e il piccolo tuffatore, che ora potete leggere sul mio blog e che, secondo me, offre diversi spunti di riflessione (CLICCA QUI).

Oggi, invece, vi parlerò di un grande moto di solidarietà collettiva che ho potuto sperimentare personalmente, verso la fine di febbraio, sempre a Celle Ligure. E, anche questa volta, lo farò attraverso la forma del racconto.

Celle Ligure, giovedì 22 febbraio 2024, ore 17.40 circa

Era una giornata uggiosa, che però non aveva impedito a me e alla mia famiglia di andare a mangiare al bar-trattoria Bollicine e di farmi una lunga passeggiata post-prandiale, facendo Celle coast-to-coast, per sgranchire le ruote della mia carrozzina elettrica.

Stavo transitando sul Lungomare Crocetta, che oltre a costeggiare il mare è costeggiato, a sua volta - dall’altro lato -, da un viale alberato, quando alcune gocce di pioggia mi fecero capire che era ora di tornare a casa.

Ero giunto, sempre stando sul lungomare, all’altezza di Via Boagno - meglio nota come la piazza principale del paese -,  quando la carrozzina fa un BEEP e si ferma.

Sotto la pioggia.

Provo a riaccenderla, ma tutti i led colorati sul joystick fanno avanti e indietro un paio di volte, lampeggiano per qualche secondo, e si spengono.

Ripeto l’operazione ancora tre volte, ma il risultato non cambia.

E ora, che faccio? Sì, certo, potrei chiamare mia mamma o mia zia, ma come faccio a far capire che, oltre a venire qui, devono pure portare la carrozzina manuale?

Mentre mi arrovello in questi pensieri, sotto la pioggia ormai battente, spunta un giovane che, chiamandomi per nome, mi chiede se ho bisogno d’aiuto. Io, ovviamente, rispondo di sì, e lui mi si avvicina. Guarda la carrozzina e tenta invano di spingerla; io gli indico, sul fianco destro della carrozzina, la levetta per sbloccare le ruote, ma lui non capisce e continua a provare a spingermi, scuotendomi invano.

Arriva un secondo ragazzo che vorrebbe aiutare, ma, pochi secondi dopo, ne arriva un terzo, che dà un nome al primo: Mirko. E allora Secondo se ne va.

Indico anche a Terzo la levetta, e lui capisce.

Mirko e Terzo cominciano a spingermi, e io ora, che ho chi può spiegare velocemente la situazione, posso telefonare a mia zia, che risponde. Mirko, mentre con Terzo si avvia a farmi scendere la rampa della passeggiata, la informa di quanto è accaduto e che mi stanno portando al bar ‘a Battigia (al di là della cosiddetta piazza).

Mi spingono, sempre sotto la pioggia, fino all’entrata laterale, e mi posizionano a pochi metri dal bancone, dove c’è Federica, che, nella mia mente, ho sempre ritenuto la proprietaria del locale.

Dopo pochi minuti arriva la zia, che mi fa provare ad accendere la carrozzina per vedere cosa fa, e, dopo qualche tentativo, chiama mia mamma.

Lo spazio è angusto, e ogni avventore che si avvicina al bancone per pagare, mi nota e, parlando con mia zia, manifesta il proprio sconcerto. E lei, sopraffatta dall’attenzione che stiamo ricevendo, continua a declamare a chiunque che, per fortuna, le persone brave fanno meno rumore ma sono di più.

Compaiono due giovani: si offrono di aiutarci, ma hanno fretta, e, quando appurano che non sappiamo cosa chiedere loro, se ne vanno.

Ne arrivano altri due, quasi in contemporanea con mia mamma, che mi fa riaccendere la carrozzina… con lo stesso risultato. I due nuovi giovani osservano la carrozzina da vicino; sembrano esperti e, mentre la mamma e la zia valutano il da farsi per ritornare a casa, mi mostrano che dal cavo del joystick esce acqua.

Federica vede tutto, ci propone di chiamare la Croce Rosa, e inizia a provare.

I due giovani cominciano a osservare sotto, e, dopo aver scattato una foto col cellulare, ci dicono che, secondo loro, la batteria perde olio.

Grazie alle continue telefonate di Federica, a un certo punto, davanti a me, appare il mio amico Marco Minuto, in qualità di milite della Croce Rosa. Fa qualche prova, con le ruote bloccate e sbloccate, e decide di chiamare una loro auto, sulla quale potrebbe farmi salire con tutta la carrozzina. Sì, certo, è un po’ preoccupato per quando dovrà spingermi su per la rampa di casa, ma non c’è nient’altro da fare.

Dopo pochi minuti arriva un’auto della Croce Rosa, guidata da un altro volontario, che poi scoprii chiamarsi Alessandro.

Giunti sotto casa, lui e Marco riescono a spingermi a viva forza su per la salita, munita pure di curva, parcheggiandomi, al sicuro, nella mia camera.

Ecco, questa è la storia; una storia non solo di un Pronto Soccorso ufficiale, inconsueto e insperato, che proprio non mi aspettavo, ma pure di un pronto intervento cittadino, spontaneo e solidale, che ho capito subito che dovevo raccontare. 


Bene, con questo è tutto. Salutandovi, però, questa volta vi do un vero e proprio appuntamento. DOMENICA 28 APRILE, alle Ore 15, presso la Galleria Crocetta (sul lungomare di Celle Ligure), durante la fiera Celle che legge, farò una nuova presentazione del mio Mister Noir (edito da Oakmond Publishing).

Se volete incontrarmi di persona, ora sapete dove trovarmi. E, con me, ci sarà anche Martin Zanchetta. 


©Sergio Rilletti, sabato 6 aprile 2024, ore 11.45, Radio Skylab, per "PAROLA DI SCRITTORE-CINQUE MINUTI CON SERGIO RILLETTI" - Letto da Stefano Pastorino e Martin Zanchetta

 

venerdì 8 marzo 2024

MAYA (Un breve racconto horror)


Lei era bella, bella da far mancare il fiato. La fine del mondo.

Alta, mora, capelli lunghi e lisci, occhi scuri e ardenti, e un fisico atletico e ben  modellato.

Erano giorni che la seguiva. Ormai sapeva quasi tutto di lei. Sapeva dove abitava, dove lavorava, a che ora iniziava e finiva; sapeva che aveva una sorellina, che avrebbe potuto essere sua figlia, e un uomo.

Un uomo molto fortunato, alto e bello, che poteva abbracciarla quando voleva e stampare le sue labbra su quelle di lei, e mangiarsela tutta, un boccone  alla volta.

Un uomo che lui aveva visto molto da vicino, dato che l’aveva investito, apposta, con l’auto.

Un uomo che ora giaceva in un letto d’ospedale, lasciando lei sola.

Sì. Quella donna era la fine del mondo.

E ora lui, finalmente, poteva avvicinarla e possederla.

C’era solo una cosa che non sapeva di lei: il nome.

Ma, a quello, c’era rimedio!

E così, un giorno, quando lei uscì dall’ufficio, lui la seguì fino a casa. E la bloccò sulla soglia.

Lei lo guardò, per nulla stupita. “Era ora che ti facessi vivo!” disse con un sorriso enigmatico.

“Mi avevi notato?” esclamò lui con una compiacenza da ebete.

“Certo. Entra.”

Lui obbedì, e lei chiuse la porta alle sue spalle.

Gli si piazzò davanti. “Mi vuoi?” chiese con una voce che sapeva di miele e uno sguardo che sembrava sondargli l’anima.

“Sì” rispose lui, trasognato. “Come ti chiami?”

“Maya.”

“Adesso ti sfoglio come un calendario!” rispose lui, ironico, mentre le abbassava le spalline facendole scivolare il vestito rosso in fondo ai piedi.

Quella donna era davvero la fine del mondo!

Lui si strappò la camicia di dosso e le si avvinghiò contro. E, mentre lui alternava morsi a forsennati baci sul collo, con le mani e le unghie di lei che gli solcavano la schiena, qualcosa cambiò.

Le unghie di Maya si allungarono, trasformandosi in artigli, e iniziarono a dilaniare la carne dell’intruso. I gemiti di doloroso piacere di lui, man mano lasciarono il posto a grida sempre più strazianti. Solo quando gli artigli di Maya cominciarono a dilaniargli tessuti e ossa, lui discostò di colpo la faccia dal corpo di lei, guardandola con gli occhi sbarrati dal dolore.

Fu in quel momento che la bocca di Maya si aprì, poi si spalancò.

A dismisura.

La parte inferiore della bocca sprofondò fino allo sterno, quella superiore si alzò fino a superare l’intera testa, rivelando delle zanne acutissime che nessun essere umano aveva mai visto prima.

Lui ebbe solo il tempo di iniziare un disperato urlo di terrore, quando le fauci di Maya si richiusero sulla testa dell’intruso, stritolando e trasformando in una poltiglia sanguinolenta di tessuti, muscoli, ossa, e tutto ciò che incontrava.

Già!... Quella donna, Maya, si era veramente dimostrata la fine del mondo.

Del suo mondo.

 

 ©Sergio Rilletti, 2012


martedì 27 febbraio 2024

PAROLA DI SCRITTORE (2x06): MISTER NOIR OSPITE A RADIO SKYLAB (Un intervento inedito - Scritto per Radio Skylab)

 

Salve a tutti, e Benvenuti alla sesta puntata di Parola di Scrittore-Cinque minuti con Sergio Rilletti!... Se avete seguito la puntata precedente, sapete che, verso la fine, Stefano Pastorino e Martin Zanchetta mi avevano invitato a venire in studio… insieme a Mister Noir. E così ho fatto.

O, almeno, ci ho provato.

Ho girato la richiesta a Mister Noir, che, ovviamente, ha declinato l’invito; in compenso, però, mi ha inviato un intervento, che io ora consegno a loro, e che sicuramente vi leggeranno.

Buongiorno a tutti!... Vi ringrazio molto per questo invito, ma, come al solito, preferisco incaricare il mio biografo, Sergio Rilletti, di farmi da portavoce.

D’altronde, non potevo certo ignorare completamente l’invito di due persone che hanno sempre mostrato pubblicamente stima e simpatia nei miei confronti.

La prima volta che Stefano Pastorino si occupò di me fu nel 2019, quando mi prestò la voce, che ovviamente gli restituii subito, per la prima puntata di Parola di Scrittore, dando origine a un vero e proprio audioracconto, il cui titolo, Portatore di pazienza, non ha nulla a che fare con la mia professione di detective privato, né con chi ha a che fare con me, ma con la mia condizione di persona con disabilità (CLICCA QUI). E so che Pastorino, originariamente, avrebbe voluto intitolare questa rubrica Cinque minuti con Mister Noir, ma il mio insostituibile biografo si è opposto e optò per un titolo molto più modesto.

La prima volta che Martin Zanchetta si occupò di me fu, invece, nell’estate 2011, quando a Celle Ligure, durante la 9^ Mostra Internazionale del Cinema Indipendente, organizzò un incontro dedicato a me, il primo in assoluto. Una circostanza che poi si rivelò particolarmente fortunata, dato che mi ritrovai a risolvere un caso salvando la vita a lui, al mio biografo, alla deliziosa Noemi Pinna, che conduceva la manifestazione, e a un altro centinaio di persone. Un caso che il mio biografo ha saputo narrare seduta stante nell’istant-novel Attentato al Cineindipendente, presentandolo in anteprima all’incontro che mi riguardava (CLICCA QUI).

Ma queste non sono le uniche volte che la mia vita incrociò quella del mio biografo. E ora vi farò alcuni esempi.

Innanzitutto, se avete letto il volume di romanzi brevi e racconti che mi riguarda, Mister Noir (edito da Oakmond Publishing - CLICCA QUI), sapete che la prima volta che notai il mio futuro biografo fu la sera in cui io conobbi Elena Fox, che poi diventò la mia perspicace e indomabile assistente, e lui conobbe una sua fan, un gran bel fiorellino di nome Simona, che poi diventò la sua scrupolosa e implacabile assistente nella revisione dei testi delle mie avventure (e non solo).

Nel 2009 scrissi, per il volume Te la ricordi la Libreria del Giallo?, un messaggio di saluto a Tecla Dozio, libraia ed editor di grande cultura e generosità che, oltre a ripubblicare a puntate la mia prima avventura sul suo sito Giallo & Co., trasformava sempre, a proprie spese, le presentazioni dei libri in momenti di autentica convivialità tra scrittori e lettori.

Poi, una volta, nel 2013, affrontai un caso degno di 007 all’Admiral Hotel di Milano, in cui, alla fine, incontrai lo scrittore Andrea Carlo Cappi, che, essendo stato il primo a voler pubblicare le mie avventure, su M-Rivista del mistero, si considera, giustamente, mio zio (CLICCA QUI).

Ma la mia vita professionale incrociò quella del mio biografo, che d’ora in poi chiamerò Egli, almeno altre tre volte, raccolte nel volume intitolato, letteralmente, a me. Nel 2004, infatti, fui coinvolto a risolvere un caso d’omicidio in una comunità di persone con diverse abilità a Villa Greppi a Monticello Brianza, dove, poco distante, Egli stava assistendo alla prima giornata del festival letterario internazionale La passione per il delitto; nel 2006, a Porto Azzurro, affrontai una profezia, ovviamente terribile, partecipando alla Regata dell’Amicizia, una manifestazione sportiva a cui Egli partecipò diverse volte; e, volendo citare un’altra avventura presente nel mio libro, nel 2010 salvai Egli, la sua amica Simona, e lo scrittore Luca Crovi - conduttore del programma Tutti i colori del giallo su Rai Radio Due -, da un attentato ordito dalla famigerata Spada di Damocle, per eliminarli e impedire loro di andare in onda parlando di me, di Solo! - il racconto autobiografico per eccellenza di Egli -, e della magnifica coppia di giovani che quella fatidica Domenica 9 Aprile 2006 lo soccorsero al Parco di Monza (CLICCA QUI).

Io so che Stefano Pastorino e Martin Zanchetta hanno continuato a occuparsi di me, anche insieme, ma io voglio concludere ricordando due fatti degni di nota.

Il primo fatto è molto eclatante per il mio biografo, che, dopo una presentazione cellese della mia antologia precedente, il sindaco, Renato Zunino, nel 2017 gli conferì la prima, e per ora unica, Civettina d’Oro della città; per meriti culturali.

Il secondo è molto eclatante per me, che, nel 2010, poco dopo un caso strettamente collegato al Festival di Sanremo di quell’anno, che ho dovuto risolvere proprio durante tale festival (CLICCA QUI), la giornalista Silvia Gelmini del webzine EducazioneSostenibile.it, in un’intervista chiese a Egli cosa pensassi dei problemi ambientali; lui mi girò la domanda, e io risposi così: “L’educazione ambientale è davvero un problema annoso, perché l’ambiente non vuole affatto essere educato. Protesta su tutto!… Lo smog gli rende poco gradevole l’aria, gli abusi edilizi deturpano la sua immagine, non vuole permettere ai cacciatori di fare liberamente quello che vogliono, e ogni volta che qualcuno abbatte una parte di foresta gli cresce il buco nell'ozono!… E’ pieno di esigenze, questo ambiente!… E, di contralto, ci sono terremoti, alluvioni, esondazioni, pareti di montagna che sembrano sciogliersi come panetti di burro franando, tsunami, eruzioni vulcaniche, e onde anomale, che si abbattono su tutto ciò che l’uomo ha creato per garantirsi il possesso dell’ambiente; e, a chiosa di tutto ciò, orche rinchiuse in parchi acquatici che affogano le proprie istruttrici!… Ecco: io non so se questi fatti siano un chiaro messaggio dell’ambiente, ma, se fosse per me, lo tratterei con molto più rispetto… magari dandogli del Lei!”.

Bene, con questo è tutto. E, dato che presumo che il mio biografo non abbia più tempo per parlare, vi saluto anche da parte sua! 

©Sergio Rilletti, sabato 17 febbraio 2024, ore 11.45, Radio Skylab, per "PAROLA DI SCRITTORE-CINQUE MINUTI CON SERGIO RILLETTI" - Letto da Stefano Pastorino e Martin Zanchetta

 

lunedì 29 gennaio 2024

PAROLA DI SCRITTORE (2x05): PAROLE IN (TROPPA) LIBERTA' (Un articolo inedito - Scritto per Radio Skylab)

 

Salve a tutti, e Benvenuti a questa quinta puntata, nonché prima puntata del 2024, di Parola di scrittore!... Se seguite questa mia rubrica da tempo, sapete che, di solito, non mi occupo di fatti di cronaca. In passato l’ho fatto solo due volte: per l’eclatante ascesa di Greta Thunberg, la giovane attivista svedese affetta dalla sindrome di Asperger (CLICCA QUI), e per il caso del pullman dirottato e del coraggio e dell’astuzia degli studenti della scuola media Vailati di Crema, che ho raccontato da scrittore (CLICCA QUI).

Ma, questa terza volta, è emotivamente molto più difficile.

Infatti quando, circa due settimane fa, ho appreso la notizia che Giovanna Pedretti, co-proprietaria assieme al marito del ristorante Le Vignole di Sant’Angelo Lodigiano, aveva risposto a una recensione negativa del suo locale - unicamente a causa della presenza di due gay e di un disabile -, invitando l’autore di tale post a non presentarsi più da loro, il mio cuore si è riempito di gioia, e avevo deciso di prendere a esempio questa donna per dedicare questa puntata di Parola di Scrittore al rispetto per le persone con disabilità.

Invece no. Perché Giovanna Pedretti, con la stessa velocità con cui era stata innalzata al cielo da una valanga di commenti positivi e di gratitudine pubblicati sui social network, è stata travolta da una tempesta di insulti basati unicamente sul dubbio, e quindi solo su una semplice ipotesi, che il post discriminatorio fosse stato scritto dalla stessa esercente per farsi poi pubblicità con la sua risposta. E, pochi giorni dopo, si è suicidata inabissandosi nel fiume Lambro.

E ora la Procura di Lodi ha avviato un’indagine per istigazione al suicidio.

Io non so perché Lorenzo Biagiarelli e Selvaggia Lucarelli, i primi a esternare tale dubbio, abbiano voluto verificare l’autenticità di quel post, né ho capito cosa vi abbiano riscontrato di anomalo, ma Giovanna Pedretti aveva dato un esempio - o comunque un messaggio - positivo e importantissimo, che non andava assolutamente intaccato.

D’altronde, l’ipotesi che la Pedretti avesse architettato tutto per farsi pubblicità è da escludere, dato che, stando alle dichiarazioni di alcuni abitanti del luogo, lei era benvoluta da tutti, come dimostra anche il migliaio di persone presente al suo funerale, e, soprattutto, il suo locale era sempre pieno.

Una vicenda orrenda che mi ha proprio sconvolto - a cui si sono pure aggiunte le minacce di ritorsione a Biagiarelli e Lucarelli da parte degli hater - e che, secondo me, meritava ulteriore attenzione.

Ma come occuparmene?, mi sono chiesto. Non certo alimentando odio, linciaggi mediatici, e minacce, che comunque, in ogni caso, stigmatizzo!

Poi, documentandomi, mi sono reso conto che alla base di tutto quello che è successo, di tutte le fasi di questa brutta storia, c’è la scrittura. E allora ho capito: dovevo occuparmene proprio da scrittore.

Partendo ovviamente da me.

Infatti anche a me, a volte, capita di arrabbiarmi, mentre c’è chi fa, della propria collera, il proprio mezzo di comunicazione abituale. Naturalmente, non sto parlando di violenza fisica ma solo di collera orale, che è comunque orrenda e inaridisce i rapporti.

Ma quando scrivi, la collera verbale diventa inaccettabile (oltre che un reato). Perché, non rivolgendoti direttamente a un interlocutore lì presente, accanto a te, hai tutto il tempo di pensare.

Io sono un tipo che protesta, anche per iscritto se necessario, quando so di essere stato vittima o testimone di un torto. Ma mi limito a raccontare i fatti come sono accaduti, aggiungendovi magari qualche considerazione personale… come d’altronde ho fatto anche poco fa. Ma mai insulti; perché gli insulti umiliano, sono sterili, possono ferire a morte (letteralmente, adolescenti compresi), e non sono portatori di alcun pensiero, di alcuna comunicazione. Mai!

Infatti, se io scrivessi una pagina esclusivamente di insulti e di imprecazioni, voi alla fine vi chiedereste: Ma che vuol di’?. E avreste perfettamente ragione, perché io non avrei comunicato assolutamente nulla.

Ma se io protesto, anche in modo deciso, contro un fatto di cui sono stato direttamente coinvolto o testimone, argomentando al meglio e senza insultare, non solo rischio di essere realmente utile in quell’occasione, ma poi posso pure raccontarlo, come ho anche fatto nella seconda e terza puntata di questa stagione di Parola di Scrittore - di cui potete recuperare i testi sull’omonima pagina web che ho creato -, sperando di poter essere di esempio a qualcun altro.

L’importante, quando si scrive pubblicamente per ribellarsi, non è mortificare una persona specifica in sé, per quanto possa essersi comportata male, bensì denunciare un malfatto che ci ha direttamente coinvolto o indignato, in modo tale da allertare chi magari sta vivendo una realtà analoga alla nostra, ma con altre persone, su cosa potrebbe accaderle.

Il mio racconto autobiografico Solo! (CLICCA QUI) e i suoi vari sequel, che potete trovare sul mio blog, e il crossover Assalto alla RAI con protagonista Mister Noir, pubblicato nel mio libro (CLICCA QUI), sono l’esempio più noto di questa mia tecnica, ma, in realtà, gran parte della mia produzione - fatta di articoli, racconti, e poesie - ormai verte in tal senso; compreso questo mio intervento, che ho voluto scrivere con uno stile particolarmente congruo a quanto sostenevo.

Sì, è vero, io sono uno scrittore. Ma tutto quello che ho detto sulla scrittura socialmente utile e non offensiva, può essere praticato da chiunque: basta sapere cosa si vuole davvero dire e avere un po’ di buon senso.

Concludo, salutandovi, con una fulminante battuta di Charlie Chaplin, che dedico a tutti, ma soprattutto a quelle persone, di qualunque età, che si sentono vittime della malignità altrui, e che recita così: “Preoccupati più della tua coscienza che della tua reputazione. Perché la tua coscienza è quello che tu sei, la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te. E quello che gli altri pensano di te è problema loro”. 

©Sergio Rilletti, sabato 27 gennaio 2024, ore 11.45, Radio Skylab, per "PAROLA DI SCRITTORE-CINQUE MINUTI CON SERGIO RILLETTI" - Letto da Stefano Pastorino e Martin Zanchetta


domenica 24 dicembre 2023

PAROLA DI SCRITTORE (2x04): BABBO NATALE E L'INVENZIONE DELLE STORIE (Un racconto - Versione per Radio Skylab)

Salve a tutti, e Benvenuti a questa puntata pre-natalizia di Parola di Scrittore!... Una puntata speciale in cui non solo vi donerò un mio racconto con protagonista Babbo Natale, ma per la quale vi ho preparato una sorpresa: una Pagina del mio blog dedicata a questa rubrica in cui potete trovare i testi di tutti i miei interventi, della prima e di questa stagione (CLICCA QUI). Tale Pagina sarà aggiornata dopo ogni puntata.

Ma, ora, lasciatevi trasportare sulle ali della mia fantasia di scrittore col racconto intitolato Babbo Natale e l’invenzione delle storie.


Era una notte di Natale di tanto tempo fa, e la casa di Babbo Natale era in pieno fermento. Era una casa enorme, molto più grande di quanto possiamo mai immaginare, e piena di colore. Tantissimi elfi, gnomi, e folletti lavoravano senza sosta; era la vigilia di Natale, e dovevano impacchettare ancora moltissimi doni: trenini, bambole, pupazzi, libri!… Niente giocattoli violenti, però: niente regali che riproducessero armi o lotte, ma solo doni che alimentassero l’armonia e la voglia di stare insieme. Se ti scambi una bambola, ti fai una tenerezza, era solito dire Babbo Natale, ma se ti scambi un pugno, ti fai solo del male!

Lui, quella notte, avrebbe fatto il giro delle case di tutto il mondo, a bordo della sua slitta volante trainata dalle sue velocissime renne, a consegnare i regali ai bambini.

Oh, già! Era un po’ stanco, ma doveva comunque farlo: ogni promessa è debito!

Babbo Natale era sicuro che i suoi aiutanti avrebbero preparato tutto in tempo; tuttavia era accigliato: c’era qualcosa che gli sfuggiva!

Ma cosa?

Sì, certo: tutti sapevano che quella notte lui sarebbe arrivato, così come ciascuno sapeva che non l’avrebbe visto; tutto questo avrebbe unito gli uomini per quella notte, ma lui voleva donare loro qualcosa di speciale, qualcosa che li unisse per tutti i giorni dell’anno!

Stava camminando, tenendosi il mento con una mano, quando Sparky, il suo folletto di fiducia, gli si parò davanti e gli mostrò un gigantesco sacco di sale su un altrettanto gigantesco carrello rosso spinto da un folletto e trainato da un altro. “Allora, capo, questo sarebbe il sale da mettere nelle zucche degli adulti! Vuole provare a mettercelo anche quest’anno?” gli domandò, intendendo con zucche le teste, e con sale un po’ di saggezza.

Oh, no! Ormai ci ho rinunciato! Gli adulti non vogliono avere molto sale in zucca, e io non voglio più sprecarlo!” rispose Babbo Natale. “Occorre un’altra cosa!... Ma cosa?

In quel momento arrivò Folly, la figlioletta di Sparky, che tutta saltellante esclamò: “Papà, papà; ho una bellissima storia da raccontarti!”.

“Aspetta un momento: non vedi che sto lavorando?!”

“Ma questa è una storia bellissima, piena di personaggi e di paesaggi! Me l’ha raccontata Nerino!”

Babbo Natale inclinò la testa verso di lei, e disse: “Nerino? E chi è Nerino?”.

Sparky tentò di intromettersi. “Capo, avremmo un po’ di fretta! Manca poco alla mezz…”

“Aspetta un momento, Sparky: non vedi che sto lavorando?!” lo interruppe bruscamente Babbo Natale. Poi, calmo, si rivolse di nuovo a Folly. “Allora, chi è Nerino?”

“E’ un mio amico che abita molto lontano da qui. Ci vediamo pochissimo, ma ci sentiamo molto spesso attraverso il Lungo Tunnel Sonoro. Ci raccontiamo delle storie bellissime; poi, ognuno di noi va in giro a raccontare quelle dell’altro. E questa volta Nerino me ne ha raccontata una bellissima!”

A Babbo Natale non servì sapere altro; inspirò profondamente e tuonò: “FATA DORINA!!!!!!!!!!!”.

Una piccola fata, col vestito azzurro e i capelli color del sole, si materializzò davanti a lui, sospesa nell’aria.

“Fata Dorina, questa è Folly! Fatti spiegare come si costruiscono le storie, e crea una polvere magica che permetta a tutti di inventarle!”

“Sì. Ma ci vorrà un po’ di tempo” azzardò lei, timida.

Oh, certo!” Babbo Natale consultò il suo orologio da polso. “Hai mezz’ora; poi, a mezzanotte in punto, io partirò!”

Fata Dorina si bloccò, titubante.

“Problemi?” esclamò Babbo Natale, corrugando la fronte.

“No, no. Nessuno” rispose lei. Invece, di problemi per creare una polvere magica come quella in così poco tempo, ce n’erano, eccome! Ma come si poteva negare un favore a Babbo Natale?

Così, Dorina, prese per mano Folly, e svanirono.

Babbo Natale si rivolse ai due folletti addetti al carrello con l’enorme sacco di sale, e disse: “E voi, svuotate subito quel sacco e riempitelo con la polvere magica che vi darà Fata Dorina!”.

I due folletti lo guardarono allibiti, con due occhi grandi così, ma non dissero nulla e riportarono il sacco indietro per fare il lavoro.

Babbo Natale si voltò e, tutto soddisfatto, sorrise tirandosi su il suo bel pancione.

Oh! Oh! Oh!” gongolò. Quell’anno avrebbe fatto un bellissimo regalo; non solo ai bambini, ma anche agli adulti: la polvere magica Inventa-storie!... Così, ogni persona sarebbe diventata un po’ magica e avrebbe potuto inventare una propria storia, creando personaggi e paesaggi. Ciascuna di queste storie, poi, sarebbe passata di persona in persona, di bocca in bocca, valicando cielo, mari, e monti, senza incontrare alcun ostacolo; e tutte le persone si sarebbero trovate unite dalle loro stesse storie. Per tutti i giorni dell’anno! Oh! Oh! Oh!


©Sergio Rilletti, sabato 23 dicembre 2023, ore 11.45, Radio Skylab, per "PAROLA DI SCRITTORE-CINQUE MINUTI CON SERGIO RILLETTI" - Letto da Stefano Pastorino e Martin Zanchetta