lunedì 31 dicembre 2018

MyLife - COME DIO MI AIUTO' NELLA MIA VITA (Un mio intervento alla "Parrocchia Sacro Cuore di Gesù alla Cagnola" di Milano)

Buongiorno a tutti!... E’ con viva, e doppia, emozione che stamattina mi trovo qui, in mezzo a voi.
Sì, emozione doppia. Non solo perché ritorno in questa Parrocchia, che per diversi anni mi ha ospitato facendomi partecipare a esperienze meravigliose, ma anche perché, seppur sia ormai abituato a fare incontri pubblici, questa è la prima volta che mi presento come persona e non come scrittore. Anche se, a pensarci bene, non è che quando mi presento come scrittore mi tramuto in un altro essere.
Ma andiamo con ordine, iniziando, appunto, dall’inizio.

Nella vita, c’è chi nasce con niente, chi nasce con la camicia, e chi nasce con la carrozzina.
Io sono nato con la carrozzina.
E nascere con la carrozzina non è un’impresa semplice, perché implica l’accettazione di limiti straordinari, fuori dal comune, che ti differenziano dagli altri bambini; come, per esempio, non poterti iscrivere a una squadra di calcio formata da tuoi amici. E non puoi capirlo subito, perché, secondo le tue idee semplici e lineari da bambino, non ci sarebbe alcun problema dato che, durante il gioco, saresti sorretto in piedi da tuo papà.
Poi i tuoi genitori ti spiegano che non è proprio così, perché, non potendoti muovere come gli altri, potresti creare dei disagi, sia alla tua squadra sia all’Organizzazione.
E tu devi capirlo e accettarlo. Per forza.

Per fortuna, crescendo e credendo, si diventa più consapevoli non solo dei propri limiti ma anche delle proprie capacità, e della presenza che Dio ha nella nostra vita quotidiana. E quella che sto per raccontare è la storia di un disegno divino ben preciso, compiuto con grande pazienza e perizia, che cambiò radicalmente la mia vita.
La mia Rinascita ha una data e un luogo ben precisi: domenica 15 novembre 1987, Villa Radicefossati, ore 21.30 circa.
Fino a quel momento, la mia vita quotidiana si districava principalmente tra casa e scuola. Avevo pochi amici - ovvero un amico e una manciata di amiche -, e uscivo a volte con loro e a volte con mia sorella. Durante le gite scolastiche mi integravo e socializzavo con tutti, ma poi, durante l’anno, i rapporti cambiavano un po’, e non mi interessava uscire con chi non consideravo proprio un amico: la paura di non trovarmi a mio agio era troppo forte!
Poi, una sera del 1986, venne a trovarmi don Serafino, che mi parlò di un libretto di racconti che aveva realizzato con un gruppo di ragazzi dell’oratorio durante un ritiro spirituale in un monastero al Passo del Sempione. Alcuni mesi dopo, quando lui mi parlò di un nuovo libretto di racconti in preparazione, io gli chiesi se potevo partecipare con un racconto sull’argomento del libretto precedente, e lui mi rispose di sì. Nel frattempo, sempre don Serafino, mi fece conoscere due obiettori di coscienza con cui avrei potuto stringere amicizia.
E venne il giorno in cui don Serafino mi invitò alla festa della Parrocchia San Martino e del quartiere Villapizzone, che si celebravano lo stesso giorno, congiuntamente; e io, pur conoscendo solo Enzo, l’obiettore che mi avrebbe accompagnato - che comunque conoscevo ancora poco -, straordinariamente risposi di sì.
E, poco dopo le 15 di quella fatidica domenica 15 novembre 1987, io uscii da casa con Enzo, un ragazzo simpatico ma che conoscevo poco, diretto verso un luogo che non frequentavo più dalla terza media, l’oratorio, dove non conoscevo nessuno.
Eppure ero relativamente tranquillo, deciso, comunque, a tornare a casa per l’ora di cena!
La giornata andò bene, insieme a ragazzi, e soprattutto ragazze, che mi fecero divertire molto, integrandomi tra loro; tuttavia, non era ancora scoccata la scintilla che avrebbe cambiato la  mia vita. Il disegno non era ancora completato!
Don Serafino, sempre lui, mi propose di rimanere a cena, a Villa Radicefossati; e io, pur sapendo che avrei perso la terza puntata di uno sceneggiato che mi interessava, con mio grande stupore accettai.
La serata non cominciò molto bene: un mio compagno di classe delle scuole elementari, con cui da bambino ero proprio amico, non ricambiò l’entusiasmo con cui lo salutai, andandosene via quasi subito, lui e il cane. E io cominciai a maledire di non essermi accontentato della bella giornata ma di essermi voluto fermare anche per la cena.
Ma, verso le 21.30, Dio completò il suo disegno, e si manifestò a me. E lo fece nel migliore dei modi possibile: con le graziose fattezze di Simona.
Lei si presentò a me, e, dopo essersi accertata che fossi proprio io, mi dedicò uno splendido sorriso e mi disse: “Ho letto il tuo racconto: è bellissimo!”.
Il racconto in questione era quello che don Serafino aveva ospitato nel loro secondo libretto, e per me fu l’inizio di una nuova Era.
Non solo perché, ovviamente, cominciai a frequentare l’oratorio e tutte le attività parrocchiali, allargando notevolmente le mie amicizie, ma anche perché Simona diventò la mia migliore amica e una colonna portante della mia vita. Iniziò a venire a trovarmi tutte le settimane trasformandosi nella mia personale mental-coach: seguendomi, consigliandomi, e spronandomi, sia nel campo dei rapporti sociali sia in quello della scrittura creativa (che sapeva essere la mia grande passione); ed esigendo, ogni volta, almeno tre novità.
Pian piano presi sempre più coraggio, allargando a dismisura le mie conoscenze, frequentando anche realtà dove non c’era lei.
E se io, un giorno, ho cominciato a frequentare questa Parrocchia - conoscendo persone splendide, e coltivando nuove amicizie che durano ancora oggi -, è perché, una sera del 1986, Dio cominciò il suo disegno, facendomi ascoltare don Serafino che mi parlava di un certo libretto della Parrocchia San Martino. Se non fosse accaduto questo fatto, e la catena di eventi che ne è conseguita, io, molto probabilmente, sarei un’altra persona e oggi non sarei qui con voi.

Ma c’è un’altra storia che vorrei raccontarvi. Una storia di panico dominato e di riscatto, in cui Dio, vedendo la mia tenacia, decise di darmi una mano, in due modi e periodi diversi.
Una storia che ha, come inizio, una data e un luogo ben precisi: domenica 9 aprile 2006, ore 13.10 circa, Parco di Monza; ma che, come la precedente, necessita di una premessa.
La mia passione per la scrittura creativa sfociò, in modo fruttuoso, nell’assidua collaborazione con M-Rivista del mistero, diretta dallo scrittore Andrea Carlo Cappi. Lui diventò subito il mio affettuoso mentore, e, negli otto anni che collaborai con la sua rivista, dal 2001 al 2008, accettò ogni mia proposta, dandomi la possibilità di realizzarla; compresa la creazione di Mister Noir, il mio alter ego seriale, protagonista di thriller umoristici.
E, durante quegli otto anni, incappai, inevitabilmente, nelle ore 13.10 di quella fatidica domenica 9 aprile 2006, quando mi ritrovai in mezzo al Parco di Monza.
Solo!
Sì, solo. Perché il gruppo di volontari con cui ero, guidati da un educatore volpone, considerando che ero su una carrozzina elettrica - peraltro di modeste dimensioni - decisero di farsi un giro in risciò. E non tornarono più!
Passai quasi due ore di terrore, all’affannosa ricerca di qualcuno che potesse capirmi e aiutarmi, e devo ringraziare proprio Dio di non avermi mai fatto perdere la lucidità. Ci riuscii quindi tre volte; ma le prime due persone mi diedero informazioni che non portarono a nulla. Ero allo stremo delle forze, quando mi apparvero, come un miraggio, una coppia di giovani, un lui e una lei, che capirono subito che avevo bisogno d’aiuto, capirono subito che ero stato abbandonato da un gruppo, e, comportandosi in un modo assolutamente encomiabile, e capendomi, riuscirono a rintracciare l’educatore volpone facendomi venire a riprendere. E io, mentre ero ancora lì con loro, pensai subito, ma proprio subito, che fossero “due angeli custodi mandati da Dio”.
Ovviamente avrei voluto richiamarli per ringraziarli, ma, nonostante che il loro numero di cellulare lo avessero sia l’educatore volpone sia due volontari, uno dei quali me l’aveva proprio promesso, non venne mai fuori, instaurandosi un clima di omertà, che proprio non mi aspettavo. Un fatto che mi ferì nel profondo, ma Dio mi fornì l’intuito e la forza giusta per reagire, decretando l’inizio del mio riscatto.
Infatti, sapendo che Cappi era in procinto di realizzare un numero di M-Rivista del mistero intitolato Lezioni di paura, gli proposi di scrivere un racconto su quella vicenda, con la specifica speranza di riuscire a rintracciare quei miei due giovani e brillanti soccorritori, e lui accettò.
Lo intitolai Solo!, e fu l’inizio di uno strepitoso trionfo: giornali e riviste, blog, scrittori e scrittrici, persone che conoscevo poco o che non conoscevo affatto, mi manifestarono, tutti, la loro completa solidarietà, attivandosi per diffondere la mia storia. Persino le radio, che Simona mi aveva spronato a contattare, diffusero il mio appello. E io partecipai a due programmi radiofonici della Rai, di cui uno in diretta al quale andai come ospite in studio in qualità di scrittore (accompagnato, ovviamente, da Simona che mi fece da “interprete”).
Ma questo secondo disegno, già bellissimo così, non era ancora completato. Nel 2009, il mio racconto Solo!, che potete scaricare gratuitamente dal web, attirò l’attenzione di un certo Elio Marracci, che mi propose di curare, insieme a lui, un’antologia di racconti thriller con protagonisti diversamente abili che se la cavavano da situazioni di pericolo grazie alle proprie capacità; e io accettai. Capacità Nascoste uscì nel 2012, e attirò, da subito, l’attenzione della stampa.
 E tutto questo, sia ben chiaro, per un numero di cellulare promesso ma non dato!

Ora è iniziato un anno di sfide, grandi ed enormi, per me; personali e professionali.
Tra queste, una troneggia su tutte e su di me: andare a vivere da solo… o quasi!
E accadrà, necessariamente, entro l’anno!
Non so ancora bene come mi organizzerò, ma mi auguro che il tipo Lassù, che gli inglesi chiamano Lord, si sia già messo a fare uno dei suoi mirabili disegni!...


©Sergio Rilletti, sabato 24 febbraio 2018

lunedì 24 dicembre 2018

MyLife - RICORDANDO PINKETTS (Un mio mini-ricordo personale di Andrea G. Pinketts)



“Andrea G. Pinketts, che, con la sua roboante ironia, è riuscito subito a stabilire una bella intesa con me, accogliendomi nel suo gruppo a braccia talmente aperte da portarmi lui stesso su e giù dalle scale del Boulevard Café di Milano. Un’intesa predestinata a manifestarsi in modo ottimale, dato che, anni prima, a nostra reciproca insaputa, collaboravamo entrambi ad Achab-Il corriere dell’avventura”.
Queste sono le parole che gli dedicai pubblicamente Sabato 20 Maggio 2017, a Celle Ligure, in un’occasione particolarmente importante per me.

“CIAO, BASTARDO!” mi diceva sempre, col suo roboante ghigno pieno di stima e affetto; una grande sensibilità celata dietro una scorza da superduro dalla battuta sempre pronta che solo chi lo conosceva davvero bene sapeva decifrare.
Io e Pinketts ci conoscemmo il 27 novembre 1997, ventun anni fa, al Boulevard Café. Mi presentai a lui con una lettera… e una mia amica, Federica, che gliela consegnò.
Non so se lui fu più colpito dalla mia lettera o dalla mia amica, ma, da quel preciso momento, tra noi si stabilì un’intesa perfetta che travalicò qualsiasi tipo di barriera, architettonica e culturale; inducendolo persino a prendermi tra le braccia per farmi salire e scendere le scale del Boulevard Café, dove teneva gli incontri letterari.
E la sensibilità che, un incontro letterario dopo l’altro, riscontrai in lui, in Andrea Carlo Cappi, in Stefano Di Marino, e in Alan D. Altieri, che componevano lo zoccolo duro di quella banda di acculturati bontemponi che animavano le serate, mi convinsero definitivamente a inserirmi in quel gruppo.
E così io diventai uno scrittore di thriller e di noir scegliendo non il genere in sé, ma le persone che lo rappresentavano.
Ora, però, è venuto il momento dei saluti.
Ciao, Pinketts!... Approfittane, e goditela per l'eternità!
Noi, intanto, continueremo a divertirci con i tuoi libri... e ripensando ai tuoi "live"!...


©Sergio Rilletti, sabato 22 dicembre 2018

martedì 9 ottobre 2018

MyLife - IO, LA SPADA DI DAMOCLE, E MISTER NOIR (Il mio intervento a "LEZIONI DI INDISCIPLINA 2018 - MANI IN ALTO")

Buonasera, e Benvenuti a tutti!... Quando fui convocato a partecipare a questa serata, in qualità di docente di Indisciplina, non ebbi alcun dubbio, nemmeno per un istante: avrei parlato di Mister Noir, il mio eroe seriale - un detective privato affetto da tetraparesi spastica ma dotato di sfrenato umorismo -, e della famigerata Spada di Damocle, che ogni tanto il mio alter ego letterario si ritrova a combattere.
Poi, mi resi conto che c’erano due piccoli fatti della mia vita che si sarebbero incastonati perfettamente nel tema di questa serata.
Due fatti risalenti al mio periodo scolastico, che ho trascorso sempre in scuole normali - che, a differenza di quelle speciali, ammettevano l’inclusione anche di persone prive di disabilità -, in cui mi sono contrapposto a delle realtà che non mi piacevano.
Il primo è accaduto alle scuole medie, quando, su suggerimento di mia madre, scrissi una lettera a macchina, che feci recapitare alla preside, per protestare contro il cambio della mia insegnante di sostegno, che, a differenza di quella precedente, non mi sembrava molto lungimirante. Purtroppo tale sostituzione non dipendeva da lei  ma dal Provveditorato, ma intanto l’avevo fatta partecipe di quello che pensavo.
Il secondo fatto è avvenuto alle scuole superiori, quando, approfittando di un tema in classe, decisi di esternare il mio disappunto sul comportamento persecutorio che la professoressa di Francese, che nominai precisandone pure il cognome, secondo me aveva nei confronti di una certa mia compagna. Alla riconsegna dei temi, parlando in generale, la professoressa di Italiano, con un po’ di imbarazzo volutamente accentuato, ci disse che non era affatto necessario essere così precisi coi nomi dei professori; ma intanto aveva dovuto prenderne atto.
Ebbene sì; perché, come molte cose importanti della vita, anche l’indisciplina si impara a scuola.
Un tipo di indisciplina che non ho mai smesso di coltivare, applicandola in diverse circostanze, convinto che sia doveroso, per chiunque, non limitarsi ad alzare le mani in segno di passiva e illusoria astensione, che comunque non esiste, da ciò che si vede da vicino, ma di rendersi partecipe di un tentativo di miglioramento o di un vero e proprio atto di solidarietà.
Anch’io, nella mia vita, ho avuto molti momenti di solidarietà… ma anche di omertà, a cui comunque ho sempre cercato di reagire attraverso l’uso della scrittura. E quello che sto per raccontare è un episodio emblematico in entrambi i sensi, che non solo ha caratterizzato alcune mie drastiche scelte di vita ma anche la mia narrativa.
Domenica 9 Aprile 2006 fu un giorno fatidico per me; non perché fui abbandonato in mezzo al Parco di Monza da un gruppo di volontari - guidati da un educatore volpone - che volevano
 farsi un giro in risciò, e neppure perché ho impiegato due ore, a bordo della mia piccola carrozzina elettrica, a cercare aiuto… con tutte le mie difficoltà di articolazione del linguaggio; ma per i due fatti, uno positivo e l’altro negativo, che si sono succeduti.
Il primo, positivo, è stato il fortuito incontro con una splendida coppia di giovani che ha sancito la fine del mio incubo. Loro avrebbero potuto alzare le mani per salutarmi, come certi avevano fatto, oppure limitarsi a darmi delle indicazioni per raggiungere la mia meta, come altri - che comunque ringrazio - avevano fatto; invece no. Loro, vedendomi spaventato e capendo subito che qualcuno mi aveva perso, decisero di starmi vicino, e, comportandosi in modo assolutamente encomiabile, riuscirono, con la mia collaborazione, a rintracciare l’educatore volpone.
Ora non vi racconterò i dettagli dell’intera vicenda, che comunque potete leggere nel mio racconto Solo! - scaricabile gratuitamente dal web -, che ho scritto appositamente nella speranza di rintracciare quei due formidabili giovani, per ringraziarli. Ma sappiate che questo magico incontro fu l’inizio di un inferno di omertà che proprio non mi aspettavo, e che non solo mi ha impedito di avere il numero di cellulare dei due giovani, che l’educatore volpone e due volontari possedevano, ma costringendomi anche a constatare l’unanime disinteresse di tutti i volontari presenti quel giorno, che, pur conoscendomi da anni e avendo la mia e-mail, in modo assolutamente disciplinato decisero di non farsi più sentire.
Fu in quel momento che mi resi definitivamente conto che viviamo tutti con un’invisibile Spada di Damocle pendente sulle nostre teste: persone che conosci da anni, di cui hai una bella opinione (che oltretutto sanno), che a un certo punto della loro vita, in nome di una perversa concezione di unità di gruppo, senza alcun valido motivo ti tradiscono, mentendo spudoratamente a tuo sfavore, o comunque tacendo la verità; anche a costo di fare palesemente la figura dei fessi!
Una realtà che nelle avventure di Mister Noir viene rappresentata attraverso La Spada di Damocle, una famigerata Organizzazione criminale internazionale atta al dominio delle nostre menti, e dei suoi Agenti Operativi, che sanno bene ciò che fanno, e Agenti Inconsapevoli, che invece obbediscono ottusamente agli ordini senza ragionare granché.
Un’Organizzazione criminale fantasma il cui nome prende spunto da una leggenda greca - dove la spada di Damocle è il simbolo di un grave pericolo dovuto a una grande responsabilità -, ma che, coerentemente con la sua mission di mistificazione della realtà, ne altera il significato.
Un’Organizzazione criminale fantasma di cui noi non possiamo percepire l’esistenza come tale, ma di cui io, Mister Noir, e chiunque altro, siamo tenuti a combattere i suoi Agenti, Operativi o Inconsapevoli che siano.
Alzando le mani, in senso metaforico, alla Bud Spencer!

©Sergio Rilletti, giovedì 14 giugno 2018




venerdì 28 settembre 2018

HO AVUTO UN PROBLEMA COI CAPELLI (Un racconto inedito dedicato a Tecla Dozio)


 A Tecla Dozio,
che Sabato 7 Marzo 2009,
alla Libreria del Giallo,
mi chiese di scrivere un racconto horror con questo titolo.
Non so quanto dovessi prenderla sul serio,
ma questo mi sembra un buon compromesso.
 Ebbene sì, ho avuto un problema coi capelli. E allora?
Pietro era un mio fedele amico; forse dovrei dire suddito, ma non mi piace. Perennemente arrabbiato col mondo, in segno di grande coerenza se la prendeva con tutti.
Lui viveva da solo, e non passava giorno, o per meglio dire istante, senza che trovasse qualcosa da ridire sulla società: dagli sprechi alimentari alle barriere architettoniche, dalle azioni furbesche dei politici alla integerrima burocrazia negli uffici pubblici, dalla disattenzione di autisti e pedoni allo strapotere delle multinazionali, dal pubblico giovane e urlante dei concerti alle soubrette che ballano in bikini, dagli educatori dall’animo oscuro che inducono i volontari all’omertà e alla menzogna, agli stessi volontari che ottusamente obbediscono a questi educatori.
Insomma, tutto!
Compreso, quindi, tutto ciò che non ho detto!
Pietro aveva un diavolo per capello, come si suol dire; e aveva pure una bella capigliatura, folta e riccia.
Pietro se la prendeva con tutti, ma solo a parole, senza mai fare un’azione concreta, convinto che, tanto, non sarebbe servito a nulla.
Poi, un giorno, con mia grande gioia, dentro di lui divampò l’inferno, e nelle strade di Baronia cominciò a serpeggiare il terrore. Non esisteva più passo che uomo o donna compisse senza dare un’occhiata circospetta attorno; solo i bambini, ancora privi di peccati gravi, camminavano tranquilli.
Ma Clara non era più una bambina; era una donna di trent’anni, ormai. Alta, castana, e snella, camminava eretta sotto i portici della città: lei non era un’abitante di Baronia; non più, almeno.
Lo era stata fino a due anni prima, quando, assieme alla sorella, era comproprietaria della pizzeria clarabella; poi, Clara e Bella avevano venduto il locale senza dire niente a nessuno, nemmeno a lui che era un loro affezionato cliente, trasferendosi in un’altra città. In quel momento, in lui qualcosa si incrinò: credeva che esistesse un rapporto speciale tra lui e le due ragazze, un’affinità che andava un po’ al di là delle semplici ordinazioni; e scoprire, invece, di essere stato venduto a un’altra gestione - al pari di muri, immobili, e derrate alimentari -, non gli era affatto piaciuto. Un comportamento, quello delle due sorelle, perfettamente comprensibile dal punto di vista commerciale, ma che dal punto di vista umano faceva veramente schifo!
Probabilmente Clara era convinta di non aver fatto nulla di male, si sentiva con la coscienza a posto, mentre due anni dopo camminava per le strade di Baronia.
Già. Lei passeggiava tranquilla, diretta a casa di un’amica, ignara che, proprio quel giorno, qualcosa in Pietro si era rotto.
Forse lo riconobbe, forse no; ma quando Clara incrociò Pietro, il proiettile di grosso calibro sparato dalla pistola che lui teneva in tasca le squarciò lo stomaco frantumandole la spina dorsale. Il corpo di Clara volò all’indietro per parecchi metri, e avrebbe attraversato tutta la strada se un camion non ne avesse bloccato la corsa, travolgendola e sparpagliando sangue e membra un po’ ovunque.
Sconvolto da quello che aveva appena fatto, Pietro corse subito a casa, andò in bagno, e si guardò nello specchio ansimando.
Già. Lui ansimava, sconvolto e insicuro, sotto i suoi bei ricci; ma io mi avvicinai a lui, mettendogli una mano sulla spalla e rassicurandolo.
Così quello fu solo il suo primo delitto.
Poi, ce ne furono altri.
Una nota soubrette, rigida come un tronco, morì bruciata viva.
Un noto e incazzoso opinionista politico di Destra, un destrorso quindi, che sproloquiava di politica anche quando doveva parlare d’altro, morì con una matita conficcata nell’occhio destro.
Un dirigente d’azienda, detto Il Formichiere, che assumeva giovani segretarie straniere in cambio di favori sessuali, morì in un lago di sangue con la sua lunga lingua tagliata.
La polizia brancolava nel buio. Non solo dal tramonto all’alba, ma anche in pieno giorno.
E Michele Martello, il più celebre detective privato della città, era in vacanza.
L’insofferenza di Pietro aumentava sempre più, e io la incrementavo, ingigantendo e rendendogli intollerabile ogni cosa.
Così Pietro passò definitivamente sotto il mio controllo, e i suoi delitti continuarono, in modo sempre più efferato.
Corpi senza testa di persone che, in vita, non erano avvezze a usarla. Occhi che, posati in bilico su un comodino, guardavano storto. Mani mozzate senza dita, il cui unico dito rimasto, il medio, era alzato.
Poi, all’improvviso, Pietro cambiò, esteriormente e interiormente.
Un giorno si guardò allo specchio del bagno, e non si riconobbe più: tutti quei riccioli, che per anni gli avevano conferito un’espressione docile e bonaria, ora celavano una catena di efferati omicidi.
No, non era più lui!
Brandì il rasoio elettrico, e decise di cambiare vita.
Ed è stato proprio in quel momento che ho avuto il mio annoso problema coi capelli.
Già. Perché Pietro aveva sempre avuto un diavolo per capello, come si suol dire; e aveva pure una bella capigliatura, folta e riccia.
Ma da quel giorno, ahimè!, si rasò i capelli sempre a zero.
Parola di Satana!


©Sergio Rilletti, 2009



La Sherlockiana-Libreria del Giallo
Milano, Domenica 5 Aprile 2009

lunedì 11 giugno 2018

IO E MISTER NOIR A "LEZIONI DI INDISCIPLINA 2018 - MANI IN ALTO"


GIOVEDI’ 14 GIUGNO,  alle Ore 20.30, presso la Chiesa del Fopponino (Via Paolo Giovio, 41 – Milano), si terrà Lezioni di indisciplina, l’annuale simposio culturale - creato da Andrea G. Pinketts, Pierangelo Dacrema, Paul de Sury, Michelangelo jr. Gandini, e KO Mannarelli -, che, dopo essere stato ospitato in diversi teatri e Università d’Italia, approda alla Parrocchia S. Francesco d’Assisi al Fopponino, a Milano.
Quest’anno, tra i vari ospiti, ci sarò anch’io. Tema della serata: Mani in alto.
E io, in qualità di scrittore e di “docente di Indisciplina”, mostrerò come una persona con disabilità possa reagire attivamente alle ingiustizie che, e non essere affatto accondiscendente e arrendevole.
Ovviamente, parlerò anche di Mister Noir e della famigerata Spada di Damocle, che i lettori delle avventure di Mister Noir conoscono già bene.

NON MANCATE!
SARA’ UNA SERATA “INDISCIPLINATA” MA INTERESSANTE!


©Sergio Rilletti, 2018

martedì 29 maggio 2018

MISTER NOIR: NUOVA PRESENTAZIONE A CELLE LIGURE (SV)



Salve a tutti!... E’ con vero piacere che, accogliendo l’entusiasmo di diversi docenti, che vedono nel mio libro - Le avventure di Mister Noir (Cordero Editore) - una lettura da consigliare ai ragazzi, sono in procinto di fare una nuova presentazione a Celle Ligure (SV).
Infatti, DOMENICA 3 GIUGNO, alle Ore 16.45, presso la Galleria Crocetta (Lungomare Crocetta) di Celle Ligure, sarò di nuovo ospite della manifestazione culturale Libri e disegni al sole per presentare il mio libro in un modo completamente nuovo: dalla parte dei ragazzi!
Con me, in qualità di relatori, ci saranno Valentina Illarcio e Martin Zanchetta. E sarà l’occasione per annunciare un incontro speciale, dedicato agli studenti, che avverrà durante il prossimo anno scolastico.



VI ASPETTIAMO NUMEROSI!

venerdì 11 maggio 2018

MyLife - HO COMPIUTO 50 ANNI (Una poesia autobiografica inedita)




Ho compiuto 50 anni,
tra molte gioie e alcuni affanni,
ma, io non posso scordar,
chi, oltre alla mia famiglia,
molto affetto mi sa dar.
Sto parlando proprio di voi, miei cari amici:
alcuni di voi li conosco da tempi proprio lontani,
altri, invece, provengono da tempi molto più vicini.
Dai tempi dell’asilo alle elementari in poi,
nella mia vita c’è sempre stato qualcuno di voi;
a condividere le mie varie passioni:
dai giochi di noi bimbi all’attuale mondo degli scrittori,
dai concerti e teatri alle inevitabili e gustose libagioni.
Col notiziario parrocchiale, e per qualche spettacolo teatrale, collaborai,
e così la mia passione per la scrittura, e alcune mie valide amicizie, rafforzai.
E quando la serale Scuola del Fumetto frequentai,
il caloroso sostegno di alcuni volonterosi amici
e di quattro magnifiche e belle assistenti trovai.
E, dopo un cinemino o una bella chiacchierata,
mi accorgo che i miei ricordi con voi mi riportano indietro nel tempo,
all’epoca di una gita o di qualche bella vacanza:
all’estero, in barca, in montagna,
o semplicemente a Celle Ligure, sulla passeggiata lungomare.
Tante cose, anche se non vi conoscete, vi accomunano,
a cominciare da questo periodo dell’anno,
che, anche se non è mai il 21 aprile,
è sempre, comunque, il mio compleanno;
e le rare volte in cui lo volevo dimenticare,
alcuni di voi mi hanno dato la sveglia,
dicendomi che era ora di festeggiare!
Ma a dire il vero, quest’anno,
lo dobbiamo a Marialba e a Simona
il festeggiamento di questo mio speciale Compleanno:
sono loro che da mesi, senza sosta (o meglio senza siesta),
stanno preparando questo dì di festa.
Ma c’è un altro fatto che vi lega tutti quanti:
che io non vi veda da diverso tempo o solo dall’altroieri,
siete sempre tutti nei miei bei pensieri.
Ed è per questo che, nel ringraziarvi,
c’è una notizia che voglio comunicarvi:
io entro l’anno prossimo me ne andrò,
certo a Milano resterò,
ma comunque casa cambierò;
sì, e come Mister Noir farò,
e da solo, con un assistente, io vivrò;
e chiunque vorrà venire a trovarmi,
a braccia aperte, io, lo accoglierò.
Bene, ora davvero vi saluto,
e vi ringrazio per ciò tutto che insieme abbiamo vissuto:
molte più cose di quelle che ho ricordato,
ma è stata una vera fortuna avervi incontrato
Spero che queste strofe vi abbiano fatto piacere:
sono scritte da un amico scrittore,
che di solito scrive racconti noir e di tensione,
ma che dà all’amicizia un assoluto valore!


©Sergio Rilletti, domenica 6 maggio 2018, Villa Radice Fossati, Milano  -  Letta da Niccolò Larghi

sabato 17 marzo 2018

MISTER NOIR: VOLI PINDARICI (Un racconto - Versione originale 2013)



Dirotta su Cuba!
Quante volte aveva sentito questa frase. No, non nei film; e neanche nella realtà, per fortuna; ma era una frase talmente entrata nel lessico scherzoso e nell’immaginario collettivo che ormai, secondo lui, aveva assunto una funzione ben augurale - un po’ come dire In bocca al lupo! o, parafrasando un altro detto, Fai da supposta alla balena! -, ma concepita specificatamente per i viaggiatori in aereo.
Peccato, però, che nessuno gliel’avesse detta prima che partisse!...
Già, erano questi i pensieri di Mister Noir, celebre investigatore privato di Milano, mentre se ne stava comodamente seduto su una bella poltrona dell’aereo, immediatamente a destra del corridoio. Lui avrebbe preferito stare vicino al finestrino, a godersi il panorama delle Alpi e dell’oceano, ma, per motivi di sicurezza e per comodità del personale, aveva acconsentito. D’altronde loro, quelli del personale, lasciandosi ingannare dalla sua evidente disabilità, non potevano certo immaginare che razza di capacità fisiche avesse!
Così, si era lasciato accomodare, sprofondando nella poltrona, il cui comfort era molto diverso da quello della sua carrozzina.
Si assestò, rilassandosi, ben consapevole di essere sul volo più sicuro al mondo, dato che nessuno poteva intimare al pilota il mitico Dirotta su Cuba!... essendo già diretto a Cuba.
Che poi, chissà perché questa esortazione è diventata così di pubblico dominio?!... Anche ammesso che sia mai stata pronunciata, l’avranno detta direttamente al comandante, non avranno certo fatto il passaparola tra i passeggeri e le hostess fino ad arrivare a lui!
L’unica cosa certa è che Cuba, di cui conosceva direttamente solo il cuba libre, lo intrigava molto. Non tanto per i cubani, che peraltro non fumava, e neanche per le cubiste, che comunque si trovavano a Milano, ma per il clima, il diverso modo di vivere che gli aveva più volte raccontato Elena Fox, la sua assistente-detective che lo aiutava nelle indagini, di ritorno da qualche sua vacanza. Allegria, spensieratezza, e incredibile ospitalità: erano queste le tre parole magiche che trasformavano un popolo che viveva in povertà, in un luogo leggendario: mitico seppur reale. Un popolo che, nonostante le proprie condizioni, sembrava perennemente vivere a ritmo di salsa, bachata, e merengue.
In questo senso anche lui, Mister Noir, si sentiva un po’ cubano. E non nel senso del sigaro!... Affetto da tetraparesi spastica, che lo ostacolava grandemente nei movimenti e nel linguaggio senza però renderlo né paralizzato né muto, affrontava la vita come un panzer, elargendo il suo aiuto a chi glielo chiedeva (a pagamento, naturalmente), tuffandosi a capofitto nei misteri e nei meandri della città.
Una vita che si era scelto, che poteva fare proprio perché viveva in casa propria, dove non dipendeva dalle capacità o dalle bizze di educatori e strutture sociali,  esterni alla sua vita, ma solo dalla sua capacità di organizzarsi con chi lo aiutava. Era ricco, questo sì, ma soprattutto aveva trovato Consuelo Gomez, una donna filippina che aveva deciso di vivere con lui come domestica e badante; anche se, ovviamente, Mr. Noir sapeva badare benissimo a se stesso!
Era un privilegiato, lo sapeva. A parte qualche disabile particolarmente tosto, che era riuscito a vivere da solo - la cui esperienza veniva esaltata e osteggiata al tempo stesso dai medesimi operatori, che sostenevano, mentre ne esaltavano il risultato, che fosse un progetto irrealizzabile -, la maggior parte delle persone con disabilità era costretta a vivere in comunità, modificando più o meno radicalmente le proprie abitudini, dipendendo da cooperative e strutture esterne che, anche se funzionavano bene, ad un certo punto, causa nuova gara d’appalto, potevano cambiare.
Un concetto inammissibile per Mister Noir che, come tutti, voleva essere padrone della propria esistenza.
E questo tralasciando i suoi pensieri sugli educatori, la maggior parte dei quali, pur costando più di una badante filippina, sarebbe da rieducare completamente, con grande costanza e pervicacia, al rispetto delle persone e all’onestà d’animo. E, con loro, bisognava fare lo stesso con i volontari, che, per quanto possano essere bravi e simpatici, a parte qualche sporadica eccezione li seguono pedissequamente, rifiutandosi categoricamente di ragionare, fedeli a chi manco li paga; anche a costo di perdere, irrimediabilmente, la fiducia e l’affetto di chi, come le persone disabili, aveva concesso loro.
E, perdipiù, tutte queste rieducazioni altrui avrebbe dovuto farle pure gratis!
No, no, meglio così. E sinceramente sperava che, prima o poi - più prima che poi, naturalmente! -, le istituzioni italiane si decidessero ad aiutare le persone con disabilità che, come lui, vorrebbero continuare a vivere la propria vita a casa propria.
Ma ora basta con questi pensieri.
Il lungo momento di relax che si stava concedendo ora, in aereo, era proprio quel che ci voleva.
Relax!
Sì, era proprio bello rilassato, quando un giovane dai capelli castani si alzò di scatto dal proprio posto avvicinandosi a lui, e, puntandogli una pistola alla tempia, rivolgendosi alla hostess berciò quello che nessuno si sarebbe mai aspettato di sentir dire. “Dirotta su Bergeggi!”
“Cosa???”
“Di’ al capitano di dirottare su Bergeggi, altrimenti gli sparo!”
“V-va bene” balbettò la ragazza, prima di sparire nella cabina di pilotaggio.
“Sei spaventato, vero?” sibilò con acredine all’handicappato.
Alcuni passeggeri urlarono, altri si ritrassero dietro ai sedili, mentre il giovane cominciò a cantare a squarciagola Gelosia, il brano che nel 1995 portò al successo, facendolo volare in cima alle classifiche, il complesso dei Dirotta su Cuba.
Il giovane, invece, aveva ben altri complessi.
Il detective rimase impassibile: ruotando solo gli occhi verso il ragazzo guardò di sbieco lui e l’arma.
Gli bastarono due secondi per capire bene la situazione. Chiuse un momento gli occhi, spazientito: quello non era un terrorista, era un demente!
Un demente che, però, stava terrorizzando cinquanta persone; quindi, doveva essere fermato.
La hostess riapparve: con gli occhi dilatati, rigida, e quasi senza respirare.
Certo. Mister Noir, nonostante le sue notevoli difficoltà, avrebbe potuto tentare di parlarle per rassicurarla, ma dubitava che il mentecatto gliel’avrebbe permesso. E la situazione sarebbe potuta peggiorare.
Così, decise di lasciar perdere la complicata via della locuzione verbale, e di compiere, invece, una di quelle azioni che, quando poi venivano descritte dal suo biografo, alcuni lettori pensavano fossero irreali. Con la sola mano sinistra: prima gli sferrò un pugno nello stomaco da farlo piegare in due, poi lo colpì sul polso (facendosi cadere l’arma in grembo), e infine lo abbrancò per il coppino e gli sbatté la testa sullo schienale davanti a sé facendolo crollare a terra, supino e dolorante.
Il giovane, steso al suolo, gemeva. Mister Noir, dopo aver aperto e chiuso la mano diverse volte per prepararla al movimento, con una mossa repentina impugnò la pistola, gliela puntò dritta dritta in faccia,
(la hostess dilatò gli occhi, gli astanti emisero degli urletti ritraendosi dietro alle poltrone),
e sparò.
Era una pistola ad acqua.
  

©Sergio Rilletti, 2013



sabato 6 gennaio 2018

FutuRAI: LA SAPIENZA VIENE DAL FUTURO... GRAZIE A CELENTANO (Un articolo)


Quello che state per leggere è il primo scoop preistorico della storia del Quarto Millennio.
In questi giorni la nostra redazione [della Agenzia giornalistica Hpress] è stata preda di un’autentica fibrillazione. Sembrerà incredibile, ma abbiamo ricevuto un Comunicato Stampa datato 1° Aprile 3001.
L’ipotesi dello scherzo è stata subito vagliata e scartata: i computer odierni, appena usciti vincitori dal titanico scontro col famigerato Millennium Bug, non sono stati programmati per arrivare a datare fino al 3001.
Abbiamo verificato, e a Viale Mazzini non ne sanno assolutamente niente; eppure il fax è qui, proprio davanti ai nostri occhi, e, data la sua indiscutibile originalità, ve lo riproponiamo nella sua versione integrale!
                               
Oggi, dopo una riunione svoltasi ai vertici di Viale Mazzini, la Rai ha assunto dieci giornalisti disabili, cinque uomini e cinque donne, a cui affidare la conduzione dei telegiornali delle tre emittenti di Stato.

“E’ ora di finirla!” ha esordito il presidente Zappinga. “Per troppi secoli la nostra azienda ha badato a tutelare i suoi abbonati normodotati dalla visione dei nostri connazionali disabili. Lasciamo la paura del diverso agli autori di fantascienza, noi ci occupiamo di pari opportunità!” Il presidente Zappinga ha poi rincarato: “La Storia parla chiaro. La vicenda accaduta mille anni fa, nei lontani 10 e 17 maggio 2001, in cui Adriano Celentano, un noto showman di quel tempo, ha dovuto - dopo un infortunio avvenuto in diretta televisiva - condurre il suo spettacolo [125 milioni di caz..te] su una sedia a rotelle, dimostra, in maniera assolutamente inconfutabile, che le persone disabili non solo possono condurre i varietà, ma, a maggior ragione, anche i dibattiti e i telegiornali!”.
Roma, 1 aprile 3001

Le ultime parole del suddetto Comunicato Stampa, che all’inizio eravamo propensi ad archiviare come banale scherzo, ci hanno fatto aprire gli occhi sulla sua veridicità.
Effettivamente, le due performance di Adriano Celentano hanno fatto Storia.
In quelle due memorabili serate, il moleggiato ha parlato seriamente, scherzato, cantato, e ballato… molleggiandosi su una vera e propria sedia a rotelle!
Celentano ha abbattuto le barriere culturali non parlando di disabilità, ma mostrandola nella sua forma più spettacolare.
Spettacolare, sì, nel senso di “qualcosa di affascinante”. Affascinante come un balletto, che il conduttore, pur non avendo tutti gli anni di esperienza e di dimestichezza di una persona disabile, ha saputo rendere piuttosto bene, in modo vivo e divertente. Affascinante come un’elucubrazione cerebrale, un’impennata d’ingegno, che, se associate ad un discorso portante, mantengono sempre all’erta l’attenzione dello spettatore.
Elucubrazioni cerebrali e impennate d’ingegno, due doti fondamentali per condurre, in maniera accattivante, un dibattito o un telegiornale. Due doti fondamentali il cui epicentro si trova nella testa, non nei piedi.
Certo!, Celentano è stato costretto a condurre su una sedia a rotelle a causa di un infortunio - di cui, peraltro, tutti i telespettatori sono stati testimoni; ma, proprio per questo, le sue performance hanno un valore assoluto; perché, in caso contrario, saremmo stati costretti a catalogarle, e a relegarle, nella sublime arte della fiction.
Invece, qui, di finzione non ce n’è stata, e Adriano Celentano ha condotto le ultime due puntate del suo programma da persona disabile. E, come dirà il presidente Zappinga tra mille anni, questo è un fatto assolutamente inconfutabile!
E se lo sosterrà il presidente Zappinga, il cui nome è tutto un programma, possiamo pur crederci!




©Sergio Rilletti, 2001