venerdì 28 settembre 2018

HO AVUTO UN PROBLEMA COI CAPELLI (Un racconto inedito dedicato a Tecla Dozio)


 A Tecla Dozio,
che Sabato 7 Marzo 2009,
alla Libreria del Giallo,
mi chiese di scrivere un racconto horror con questo titolo.
Non so quanto dovessi prenderla sul serio,
ma questo mi sembra un buon compromesso.
 Ebbene sì, ho avuto un problema coi capelli. E allora?
Pietro era un mio fedele amico; forse dovrei dire suddito, ma non mi piace. Perennemente arrabbiato col mondo, in segno di grande coerenza se la prendeva con tutti.
Lui viveva da solo, e non passava giorno, o per meglio dire istante, senza che trovasse qualcosa da ridire sulla società: dagli sprechi alimentari alle barriere architettoniche, dalle azioni furbesche dei politici alla integerrima burocrazia negli uffici pubblici, dalla disattenzione di autisti e pedoni allo strapotere delle multinazionali, dal pubblico giovane e urlante dei concerti alle soubrette che ballano in bikini, dagli educatori dall’animo oscuro che inducono i volontari all’omertà e alla menzogna, agli stessi volontari che ottusamente obbediscono a questi educatori.
Insomma, tutto!
Compreso, quindi, tutto ciò che non ho detto!
Pietro aveva un diavolo per capello, come si suol dire; e aveva pure una bella capigliatura, folta e riccia.
Pietro se la prendeva con tutti, ma solo a parole, senza mai fare un’azione concreta, convinto che, tanto, non sarebbe servito a nulla.
Poi, un giorno, con mia grande gioia, dentro di lui divampò l’inferno, e nelle strade di Baronia cominciò a serpeggiare il terrore. Non esisteva più passo che uomo o donna compisse senza dare un’occhiata circospetta attorno; solo i bambini, ancora privi di peccati gravi, camminavano tranquilli.
Ma Clara non era più una bambina; era una donna di trent’anni, ormai. Alta, castana, e snella, camminava eretta sotto i portici della città: lei non era un’abitante di Baronia; non più, almeno.
Lo era stata fino a due anni prima, quando, assieme alla sorella, era comproprietaria della pizzeria clarabella; poi, Clara e Bella avevano venduto il locale senza dire niente a nessuno, nemmeno a lui che era un loro affezionato cliente, trasferendosi in un’altra città. In quel momento, in lui qualcosa si incrinò: credeva che esistesse un rapporto speciale tra lui e le due ragazze, un’affinità che andava un po’ al di là delle semplici ordinazioni; e scoprire, invece, di essere stato venduto a un’altra gestione - al pari di muri, immobili, e derrate alimentari -, non gli era affatto piaciuto. Un comportamento, quello delle due sorelle, perfettamente comprensibile dal punto di vista commerciale, ma che dal punto di vista umano faceva veramente schifo!
Probabilmente Clara era convinta di non aver fatto nulla di male, si sentiva con la coscienza a posto, mentre due anni dopo camminava per le strade di Baronia.
Già. Lei passeggiava tranquilla, diretta a casa di un’amica, ignara che, proprio quel giorno, qualcosa in Pietro si era rotto.
Forse lo riconobbe, forse no; ma quando Clara incrociò Pietro, il proiettile di grosso calibro sparato dalla pistola che lui teneva in tasca le squarciò lo stomaco frantumandole la spina dorsale. Il corpo di Clara volò all’indietro per parecchi metri, e avrebbe attraversato tutta la strada se un camion non ne avesse bloccato la corsa, travolgendola e sparpagliando sangue e membra un po’ ovunque.
Sconvolto da quello che aveva appena fatto, Pietro corse subito a casa, andò in bagno, e si guardò nello specchio ansimando.
Già. Lui ansimava, sconvolto e insicuro, sotto i suoi bei ricci; ma io mi avvicinai a lui, mettendogli una mano sulla spalla e rassicurandolo.
Così quello fu solo il suo primo delitto.
Poi, ce ne furono altri.
Una nota soubrette, rigida come un tronco, morì bruciata viva.
Un noto e incazzoso opinionista politico di Destra, un destrorso quindi, che sproloquiava di politica anche quando doveva parlare d’altro, morì con una matita conficcata nell’occhio destro.
Un dirigente d’azienda, detto Il Formichiere, che assumeva giovani segretarie straniere in cambio di favori sessuali, morì in un lago di sangue con la sua lunga lingua tagliata.
La polizia brancolava nel buio. Non solo dal tramonto all’alba, ma anche in pieno giorno.
E Michele Martello, il più celebre detective privato della città, era in vacanza.
L’insofferenza di Pietro aumentava sempre più, e io la incrementavo, ingigantendo e rendendogli intollerabile ogni cosa.
Così Pietro passò definitivamente sotto il mio controllo, e i suoi delitti continuarono, in modo sempre più efferato.
Corpi senza testa di persone che, in vita, non erano avvezze a usarla. Occhi che, posati in bilico su un comodino, guardavano storto. Mani mozzate senza dita, il cui unico dito rimasto, il medio, era alzato.
Poi, all’improvviso, Pietro cambiò, esteriormente e interiormente.
Un giorno si guardò allo specchio del bagno, e non si riconobbe più: tutti quei riccioli, che per anni gli avevano conferito un’espressione docile e bonaria, ora celavano una catena di efferati omicidi.
No, non era più lui!
Brandì il rasoio elettrico, e decise di cambiare vita.
Ed è stato proprio in quel momento che ho avuto il mio annoso problema coi capelli.
Già. Perché Pietro aveva sempre avuto un diavolo per capello, come si suol dire; e aveva pure una bella capigliatura, folta e riccia.
Ma da quel giorno, ahimè!, si rasò i capelli sempre a zero.
Parola di Satana!


©Sergio Rilletti, 2009



La Sherlockiana-Libreria del Giallo
Milano, Domenica 5 Aprile 2009

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