giovedì 8 settembre 2016

MISTER NOIR: CODICE K (Un racconto)


Gli occhi della giovane donna mora che era seduta di fronte a lui avrebbero sicuramente affascinato Mister Noir. Peccato, però, che fossero celati da un paio di occhiali da sole particolarmente grandi e scuri.
“So chi è lei, Mister Noir” gli disse, con voce calda e sensuale, porgendogli una busta, subito intercettata da Elena Fox, in piedi alla destra del detective, che con movimenti rapidi l’aprì.
“Non dubito che lei sappia chi sono io, dato che è qui!” rispose lui, a bordo della sua carrozzina, sorridendo con la sua tipica espressione da sfottò.
Nella busta c’era un foglio con una unica sigla: 2L84AD8.
“E questo cosa significa? Che oltre alle lettere, sta dando anche i numeri?” esclamò il detective.
“E’ un codice, che noi abbiamo battezzato Codice K. Consegnarcelo è stato l’ultimo lavoro di un nostro agente, prima di essere ucciso. Questa sera, all’Admiral Hotel, un agente dei servizi segreti inglesi chiamato Il Visconte passerà un programma a una spia tedesca, copiato probabilmente su una chiavetta USB. Un programma che, attraverso migliaia di codici come questo, può elaborare, ogni volta, un omicidio perfetto, sulla base dei parametri immessi. E noi, per il bene del nostro Paese e del mondo, non possiamo permetterlo!... Le chiediamo di andare a recuperare questo programma e di consegnarcelo.”
“E perché non incaricate qualche altro vostro agente?”
“Perché temiamo che li abbiano già scoperti tutti.”
“Ah! Complimenti per le grandi spie che avete!”
“E poi sappiamo che lei è un ottimo cacciatore di intrighi e di guai: come li stana lei, non lo fa nessuno!... A proposito,” concluse, sfilandosi gli occhiali e rivolgendosi a entrambi, “se volete potete chiamarmi Malastrana.”

A qualche isolato di distanza, chiusa in una camera, una ragazza dai capelli lunghi ricci e rossi stava controllando i meccanismi della sua pistola.
Il suo capo era stato chiaro: quella sera, dopo che tutto era stato compiuto, lei doveva entrare all’Admiral Hotel e attivare il Protocollo Hunt, uccidendo tutti i testimoni rimasti, compresi i due detective privati assoldati per recuperare il famigerato programma.

Admiral Hotel, ore 21.30
Mister Noir ed Elena Fox, accanto alle avvolgenti poltrone in pelle, stavano osservando tutt’intorno a loro. Al piano rialzato, le persone si erano assiepate tra il bar e la zona ristorante, dove erano esposti i manifesti dei film di 007: quell’hotel, infatti, era la sede del fan club italiano nonché dell’unico museo in Europa dedicato a James Bond.
Fu in quel momento che gli occhi del detective captarono un uomo alto, brizzolato, dall’aspetto aristocratico; sulla giacca scura era affissa una spilla d’oro, raffigurante una corona a cinque punte sormontate da altrettante perle: il simbolo dei visconti. Con un cenno del capo lo indicò a Elena, che si mosse subito verso di lui, mentre un pianista cominciò a suonare.
Era una ouverture forsennata e incomprensibile, che non aveva mai sentito prima; se quel musicista fosse stato in un talent-show, uno dei relativi giudici - noti per la loro compostezza e comprensione -, probabilmente gli avrebbe fracassato il pianoforte in testa.
C’era qualcosa di strano in quell’esecuzione: era come se il pianista usasse sempre le stesse sei note, combinandole in modi differenti.
Osservò meglio. Sì, era così: le mani del pianista andavano solo dal Do al La, e basta!
Un uomo aitante e biondo si avvicinò al Visconte, e, mentre il pianista continuava le sue evoluzioni, si strinsero la mano.
Fu quando il pianista premette, per la prima volta e con foga, il Si, la settima nota della scala musicale, dando così il suo sonoro assenso, che si scatenò l’inferno.
La signora a rotelle con gli occhiali e un fucile si materializzò di colpo a pochi metri alla sinistra di Mister Noir: l’ora del castigo era arrivata!... Sparò al Visconte, suo collega traditore dei servizi segreti di Sua (lesa) Maestà, centrandolo in pieno; dopodiché, si alzò dalla carrozzina facendo cadere la coperta, e si levò la parrucca da anziana signora: Richard Carson si elevò in tutta la sua straordinaria possanza, armò il fucile a pompa, e sparò; Elena Fox si abbassò appena in tempo per sentire il proiettile di grosso calibro fischiarle sopra la testa, mandando in frantumi una parete.
Elena caricò a testa bassa il biondo, che nel frattempo aveva quasi raggiunto la scala all’altezza del pianoforte, e lo sbatté prima contro il muro e poi giù per le scale. Il pianista, niente affatto inerme come quelli dei film western, lasciato il suo posto estrasse una pistola e cominciò a sparare all’impazzata, frantumando piatti & bicchieri e falcidiando tutti quelli che gli capitavano.
Fu Carson a mettere fine a quella confusione, piantandogli una grossa pallottola in pieno petto.
Elena doveva recuperare la chiavetta, ancora nella mano semiaperta del biondo.
Carson sparò nella sua direzione; Elena saltò in avanti, piroettò in aria, e atterrò accanto al biondo. L’inglese alzò l’arma e ricaricò, ma non ebbe il tempo di riutilizzarla; maledicendosi in anticipo per l’idea che gli era venuta, Mr. Noir con un balzo si catapultò tutto a destra ribaltandosi con la carrozzina, e la spinse via: questa travolse la spia, che vi cadde sopra; il fucile scivolò verso il detective; la spia inglese dilatò gli occhi vedendo la bocca del fucile rivolta verso di sé, e Mister Noir, con un bel colpo di tallone ben piazzato, azionò il grilletto e lo fucilò.
Elena raccolse la preziosa chiavetta, e interrogò con lo sguardo il suo capo. E ora, cosa dovevano fare? Ora, che avevano portato a termine il loro incarico, avrebbero davvero consegnato quel piccolo dispensatore di omicidi perfetti alla loro cliente?
In quel momento entrò una ragazza dai capelli lunghi ricci e rossi, che spianò una pistola contro Elena. “Dammela!” le sibilò.
La detective restò immobile, la rossa tirò indietro il percussore.
Mister Noir decise di rispondere alla silenziosa domanda che gli aveva posto la sua assistente, dando il via a un insolito tiro al piattello. “Pool!” urlò.
Con un movimento fluido, Elena lanciò la chiavetta in aria: la rossa si distrasse seguendone la traiettoria, ed Elena, veloce come un lampo, con la sinistra estrasse la pistola, e sparò prima a lei e poi alla chiavetta, mandandola in frantumi.
Andò dal suo capo per rimetterlo sulla carrozzina, e si avviarono all’uscita. La porta scorrevole si aprì automaticamente, ed entrò un uomo vestito elegante, dal volto ispanico, col pizzo, i capelli lunghi e ricci raccolti a coda, e un Borsalino scuro in testa.
L’uomo lo scrutò un po’, e aggrottò le sopracciglia. “Ci conosciamo?” domandò.
“Bah!...” Il detective, tradotto simultaneamente da Elena Fox, riconoscendolo e riservandogli uno sguardo sornione, gli concesse l’ultima risposta di quella folle avventura. “A dire la verità, il mio biografo dice che lei è mio zio putativo!”


©Sergio Rilletti, 2013

sabato 20 agosto 2016

Mercoledì 24-08-2016: Presentazione a CELLE LIGURE (SV) de "LE AVVENTURE DI MISTER NOIR" (Cordero Editore)

Salve a tutti!... Sono lieto di annunciarvi che MERCOLEDI’ 24 AGOSTO, alle Ore 21.15, presso lo Spazio SMS MESSAGGI D’ARTE (Via Aicardi, 120 – Celle Ligure (SV)), Daniele G. Genova e Martin Zanchetta presenteranno il mio libro Le avventure di Mister Noir (Cordero Editore).
Il volume contiene anche un racconto ambientato proprio a Celle Ligure.
Ovviamente, alla presentazione, interverrò anch’io!

L’evento è patrocinato dal Comune di Celle Ligure.



VI ASPETTIAMO NUMEROSI!

venerdì 1 luglio 2016

Domenica 17-07-2016: Presentazione de "LE AVVENTURE DI MISTER NOIR" (Cordero Editore) all'"A G NOIR FESTIVAL2016"


Salve a tutti!... Sono lieto di annunciarvi che DOMENICA 17 LUGLIO, alle Ore 21.30, presso i Giardini di Palazzo Tagliaferro (Largo Milano - ANDORA (SV)), in occasione della seconda edizione dell’AG Noir Festival, Andrea G. Pinketts presenterà tre prodigiosi autori della Cordero Editore: Andrea Carlo Cappi, Luca Guicciardi, e Sergio Rilletti (ossia io).
Un ulteriore modo per parlare del mio libro, Le avventure di Mister Noir, e dei volumi di Cappi e Guicciardi, tutti editi dalla Cordero Editore.

VI ASPETTIAMO NUMEROSI!
NON MANCATE!


©Sergio Rilletti, 2016

sabato 25 giugno 2016

FANTASY, QUANDO IL SOGNO DIVENTA REALTA' (Un articolo)

La 23a edizione di Cartoomics, il Salone del fumetto svoltosi a Milano dall’11 al 13 marzo, è stata l’occasione per scoprire l’associazione Ailus editrice e le svizzere Edizioni Romulus, di Veronica Todaro e Romolo Pignone. Entrambe hanno una peculiarità comune: essere costituite da scrittori con disabilità. La prima è composta da scrittori, illustratori e fumettisti: «A differenza delle case editrici – specifica Alessia Mainardi, co-fondatrice e presidente –, non ragioniamo sul commercio e su quel che va di moda e può farci guadagnare, ma sul proporre al pubblico quello che gli autori vorrebbero fargli arrivare». Niente marketing, quindi, solo sogni realizzati. E di sogni si può ben parlare, dato che Ailus (che deve il proprio nome al drago co-protagonista della fortunata trilogia fantasy Avelion della Mainardi e che si presenta per la prima volta al pubblico con il primo numero dell’omonimo semestrale) è dedita proprio al fantasy in ogni sua sfaccettatura.

Per le Edizioni Romulus Veronica Todaro, affetta da tetraplegia spastica, racconta che nel suo romanzo Shamrock una protagonista disabile riesce persino a volare sui draghi «con un piccolo stratagemma: viene messa in una specie di cesto», a dimostrazione che «chiunque può abbattere le proprie barriere, i propri limiti». Come micro-casa editrice nel Canton Ticino, «vogliamo dare spazio alle persone con disabilità che vogliono esprimere i propri pensieri, idee ed emozioni; inoltre, come Fondazione siamo riusciti a istituire delle borse di studio per le persone disabili che vogliono continuare i propri studi superiori e accademici», dichiara Romolo Pignone, editore e autore del romanzo autobiografico Spasticoide. Sopravvivenza nella giungla normodotata.

Alessia Mainardi sorprende di nuovo rivelando di essere affetta da una rara malattia genetica degenerativa, l’Atassia di Friedreic; il mondo dei cosplayer, con i loro travestimenti dedicati ai personaggi delle più celebri saghe cinematografiche e dei cartoon, l’ha aiutata («Io non ero più la ragazza disabile di cui avere pena, da cercare di aiutare, ma ero semplicemente una cosplayer un po’ barcollante») e ha ricevuto anche dei complimenti, da persone ignare, per la sua tipica camminata alla Jack Sparrow. Il suo progetto benefico “Alessia in Cosplayland”, costituito dall’omonimo romanzo autobiografico e dal fumetto Alessia in Cosplayland. Lo specchio della realtà, è destinato a favore della ricerca sulle malattie genetiche, soprattutto sull’Atassia di Friedreich. Un modo, quello dei tre autori, di affrontare la vita, propria e altrui, attraverso l’ironia, la fantasia, la determinazione e la scrittura creativa. [Sergio Rilletti]

giovedì 14 aprile 2016

AL DI LA' DI TUTTO (Una poesia inedita)

E alla fine di tutto,
quando il tempo decreta definitivamente la fine di un’esperienza,
l’unica cosa che conta,
quella che non ti fa annegare nelle lacrime del rimpianto
per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato,
è il ricordo di tutto ciò che hai fatto
e l’opinione che gli altri hanno di te.
Se questa è positiva,
se ricevi un complimento inaspettato che ti apre il cuore,
allora puoi essere abbastanza soddisfatto di te stesso anche tu.
Al di là di tutto.


©Sergio Rilletti, sabato 7 novembre 2015


martedì 12 aprile 2016

MyLife - VITA (Una poesia inediita)

Frammenti.
Frammenti di un'esistenza che ritorna:
come lampi, come schegge.
Basta una parola, un suono, un profumo,
e tutto ritorna:
i banchi di scuola, gli amici e i compagni,
gli insegnanti e il personale,
la colonia, i giochi e i compiti con mia sorella;
Marzia, bella bimba di La Spezia che non ho più rivisto,
le gite coi compagni, i viaggi in camper coi miei genitori,
la nostra casa a Celle Ligure
condivisa con don Serafino e un sacco di amici,
la prima volta che vidi Simona
e il suo primo complimento per un mio racconto,
io e Greta, e il nostro personale Bau-Cete con la bottiglia,
persone fidate e persone che mi sembravano fidate,
amici e compagni di tempi passati,
fugaci momenti che la mia mente,
obbedendo ad un impercettibile rintocco di campana,
mi fa balenare all'improvviso.
Persone e fatti di un tempo che mi sembra appena passato,
e a portata di mano.
Frammenti.
Frammenti di un'esistenza che a volte ritorna
e mi invade l'animo con la potenza evocativa di un sogno.
Invece no, non è un sogno:
è proprio la vita,
la mia vita!


©Sergio Rilletti, 2010

sabato 27 febbraio 2016

MyLife - IN RICORDO DI TECLA DOZIO (Un articolo autobiografico)


Salve a tutti!... Il 6 febbraio scorso, purtroppo, ci ha lasciati Tecla Dozio, donna di grande generosità e cultura, proprietaria fino al 2009 della storica Libreria del Giallo-La Sherlockiana di Milano, Direttore Editoriale della Collana Impronte di Todaro Editore, e fondatrice, assieme ad Andrea G. Pinketts, del movimento letterario La Scuola dei Duri.
Tecla ha avuto il grande merito di trasformare la propria libreria in un salotto letterario. Sì, un salotto. Perché ogni volta, alla fine della presentazione di un libro, dava il via alle libagioni offrendo a tutti un sontuoso aperitivo, a volte comprensivo anche di un primo, che valeva come un pasto.
Era in questi momenti che ci si poteva intrattenere e conversare amabilmente con lei e gli scrittori e gli editor lì presenti - come Andrea G. Pinketts, Andrea Carlo Cappi, Stefano Di Marino, Alan D. Altieri, Carlo Oliva, Patrizia Debicke van der Noot, Arianna Zini, Barbara Garlaschelli, Giancarlo Narciso, Luca Crovi, Diego Cajelli, Carlo Lucarelli, e molti altri, più o meno noti, che venivano da tutta Italia a presentare i loro libri -, trasformando la Libreria del Giallo in un vero e proprio salotto culturale, sentendosi tutti a casa.
Persino star dello spettacolo, come Ricky Gianco e Wilma De Angelis, e uno scrittore di fama internazionale del calibro di Jeffery Deaver, hanno fatto capolino nella sua libreria!
Ecco, è questo il ricordo principale che ho di Tecla Dozio: la grande convivialità che riusciva sempre a creare con gli scrittori, con i lettori, e tra tutti!

Verso di me provava affetto, persino tenerezza credo, e, ridendo, mi diceva spesso che io le facevo prendere dei colpi perché le comparivo davanti all’improvviso.
Aveva sempre un occhio di riguardo verso di me, e una volta, alla fine di una divertente serata con Pinketts e Wilma De Angelis, sapendo che ero andato lì con un gruppo di volontari, mentre me ne stavo andando via con loro, mi disse: “Sergio, ma ti fidi di questi ragazzi?”. Io le risposi solo con una fragorosa risata: il riferimento alla vicenda del Parco di Monza (vedi Solo!), per me, era  molto evidente!
E un’altra volta, leggendo un mio intervento dove la citavo, si commosse a tal punto da dover far continuare la lettura ad Alan D. Altieri, altra persona di squisita fattura.
E, lei, è stata pure una delle prime persone che più apprezzarono Mister Noir, il mio eroe seriale, volendo pubblicare la sua prima avventura anche sul suo sito Giallo & Co.

Mentre sto scrivendo queste parole mi sto accorgendo che ci sarebbero tanti altri aneddoti riguardanti il mio rapporto con Tecla Dozio, ma ora rischierei di fare soltanto un lungo aggrovigliamento di ricordi.
Tuttavia, prima di chiudere, ci sono altri tre momenti, legati alla mia passione/professione di scrittore, che meritano di essere ricordati.
L’opportunità che mi diede, aderendo a una sua iniziativa, di scrivere un thriller basato sui fatti del G8 di Genova, rivedendolo seguendo alcuni suoi consigli, che poi Altieri pubblicò su Il Giallo Mondadori Presenta.
La mia prima presentazione, in assoluto, in qualità di relatore, di un’antologia a cui avevo partecipato, che Sabato 7 Marzo 2009 feci in compagnia del mio ineffabile mentore Andrea Carlo Cappi.
E, infine, la bizzarra richiesta di Tecla, che, sempre quel giorno, mi invitò a scrivere un racconto di genere horror che avesse come titolo Ho avuto un problema coi capelli. Richiesta che soddisfai, consegnandoglielo di persona Domenica 5 Aprile 2009, pochi minuti dopo averlo finito, durante la festa di chiusura della Libreria del Giallo. Lei al momento si limitò a prenderlo, commuovendosi, ma poi mi scrisse un’e-mail definendo il mio racconto delizioso.

I due testi qui di seguito sono due messaggi di saluto, uno a nome mio e l’altro a nome di Mister Noir, che scrissi per Te la ricordi la Libreria del Giallo?, un’antologia curata da Umberto Torricelli e realizzata in copia unica per Tecla Dozio, consegnatale il 5 aprile 2009, in cui molti scrittori hanno voluto tributarle i propri pensieri e ricordi.
La foto che le separa, o che le unisce, è la stessa pubblicata nel libro, e ritrae me con Andrea Carlo Cappi e la mia immancabile amica Simona (alias Elena Fox, l’assistente di Mister Noir), durante la presentazione del 7 marzo 2009; così come le altre immagini.
(Foto di Sonia Rilletti e Arianna Zini)


Sergio Rilletti
Milano, venerdì 26 febbraio 2016

  
Qualcuno sa chi sono. Qualcun altro, invece, crede che io sia Mister Noir e mi ficca nei guai, pensando che, tanto, Mister Noir se la cava sempre!
Ma io so chi sono. (O almeno credo!)
Io sono il biografo di Mister Noir.
E non solo!
Io sono anche Sherlock Holmes, Hercule Poirot, August Dupin e Arsenio Lupin, che è impossibile non citare insieme, Fantomas, e Rocambole; e, tra un po' di tempo, quando sarò un po' più in là con gli anni, sarò pure Miss Marple!
Sì, perché noi siamo tutti i personaggi di cui leggiamo le storie, e la vita di ciascuna persona è un incredibile romanzo: ciascuno di noi è protagonista del proprio, e comprimario, comparsa, o "special guest", di vari romanzi altrui.
Noi, cara Tecla. ci conosciamo da circa 10 anni, e in tutti questi anni abbiamo seguito diversi amici scrittori creare diverse serie, facendo incontrare i protagonisti delle diverse saghe tra loro, creando dei veri e propri cross over letterari.
E tu, cara Tecla, con i tuoi incontri alla Libreria del Giallo e altrove, ci hai radunati tutti, permettendoci di conoscerci e apprezzarci a vicenda, facendo nascere nuove amicizie e opportunità, e tramutandoti quindi, a tutti gli effetti, in una sorta di vero e proprio cross over delle nostre esistenze!
Fosse solo per questo, dovremmo tutti ringraziarti!


Con tanto affetto,
Sergio Rilletti


Cara Tecla, Lei crede di non conoscermi, ma in realtà io sono venuto a trovarLa tante volte, in incognito, nei panni del mio biografo.
Mi ha fatto molto piacere veder pubblicata la mia prima avventura, La vendetta dell'uomo che non era mai nato, anche sul Suo sito, e mi congratulo con Lei per tutte le iniziative che ha organizzato in tutti questi anni, alla Libreria del Giallo e altrove, e per quelle che, sicuramente, continuerà a organizzare!
Ora non mi resta che salutarLa cordialmente, anche a nome di Elena Fox, che era presente Sabato 7 Marzo 2009 alla presentazione di Crimini di regime, sperando di poterLa rivedere al più presto (sempre in incognito, naturalmente!).


Con simpatia (spero!),
Mister Noir

martedì 9 febbraio 2016

MISTER NOIR: SANREMO CODE (Un racconto inedito basato sui titoli delle 20 canzoni in gara al Festival di Sanremo 2016)


Milano, lunedì 8 febbraio 2016, ore 12.00
Mister Noir ed Elena Fox stavano seguendo a distanza un uomo uscito da un portone in Viale Romolo: lui, Mr. Noir, seduto davanti, lei, Elena, in piedi dietro, a spingere la carrozzina del suo capo.
Guardando il cielo qualcuno aveva pronosticato il diluvio universale. Invece no: il cielo non era proprio blu, ma nulla di cui preoccuparsi. O almeno così speravano!

Venerdì 5 febbraio 2016, ore 10.15
L’aspirante cliente era bionda, disperata, e bella. E tra le lacrime, che si detergeva con un fazzoletto bianco, mostrò al detective una delirante lettera che aveva ricevuto. In piedi alla destra dell’investigatore privato c’era, come sempre, Elena Fox.

Cara Chiara, mia dolce neo-ex, io non ti amo più. Lo so che infinite volte ti ho detto che noi siamo infinito e che ti avrei portato via da qui, promettendoti cieli immensi. Ma il primo amore non si scorda mai.

Mister Noir guardò per un attimo la donna, poi posò uno sguardo interrogativo su Elena, che ne intercettò subito l’implicita domanda. Ma che scrive questo?
Lei rispose con un leggero colpo di tosse, e i due detective ripresero a leggere.

Quando sono lontano da lei, non vivo più. Lo so che ti sto facendo del male, ma ora o mai più (le cose cambiano). Mi dispiace tanto, ma torno da lei. Un giorno mi dirai come te la passi. Per ora, addio. Ex-Tuo, DD

“Se gli dispiace tanto, perché allora torna dall’altra?” proruppe Mr. Noir, con la sua pronuncia imperfetta ma dal tono ironico.
“Come, scusi? Non ho capito” disse la donna.
Elena si trattenne dal proprio ruolo di traduttrice simultanea, intuendo che, per una volta, l’ironia del suo capo non era indirizzata all’interlocutore di turno.
“E quella doppia D, che cosa significa?” finse di ripetere il detective, sempre in sintonia con la propria assistente.
“Diego Duchi: è il suo nome.”
“E il suo cognome?”
“Come, scusi?” chiese la donna, sgranando con dolcezza gli occhi. Questa volta l’aveva capito, ne era sicura, ma ciò che aveva capito non aveva alcun senso!
Elena, abituata alle manifestazioni di incredulità (o di irritazione) di chi incocciava nell’umorismo di Mister Noir, decise di intervenire. “E cosa possiamo fare per lei?”
“Non è da lui scrivere una lettera così. Non è in sé.”
“E chi ne dubita?!” esclamò ironico il carrozzinato.
“E voglio scoprire il perché.” E, detto ciò, la donna diede loro un proprio biglietto da visita.
Il detective lesse l’indirizzo,

Viale Liguria, 16

e sbuffò. Non sapeva perché, ma tra Celle Ligure e Sanremo, la Liguria aveva già reclamato più volte le sue attenzioni di detective. E ora l’avrebbe fatto pure in qualità di Viale!

Oggi, ore 12.10
Non era stato difficile decodificare il messaggio. Dopo che aveva accettato il caso, ammesso che potesse essere definito tale, Mister Noir si fece raccontare dalla sua cliente che tipo era Diego Duchi, chiedendole anche qualche informazione specifica, tra cui l’indirizzo. E, una volta congedata la donna e riletto con attenzione il messaggio, la soluzione gli si parò davanti agli occhi.
Ora i due detective svoltarono in Viale Liguria, e si bloccarono: Diego Duchi, l’uomo che stavano seguendo, era arrivato sotto casa della loro cliente.
Lei arrivò, e insieme raggiunsero un bar coi tavolini fuori. L’aria tiepida di quell’anomalo febbraio primaverile permise loro di stare all’aperto.
I due detective rimasero in disparte, a osservare la scena. L’uomo gesticolava, sventolando con passione la lettera che pensava gli avesse scritto lei, inneggiando all’intesa finalmente ritrovata; la donna cercò di dissimulare lo stupore, come le avevano consigliato i due detective al telefono, e in quel momento capì che Diego, da lei, voleva solo più attenzione, più complicità.
Poi, a un certo punto, li vide. E li notò anche lui.
Si avvicinarono.
“Sono due miei amici” annunciò Chiara.
“Piacere, Elena” si presentò la detective, stringendo la mano dell’uomo.
”E lei?” chiese l’uomo all’uomo in carrozzina.
“E io no!” ribatté Mister Noir, sottolineando l’ovvietà.
Dopo qualche secondo di costernazione, Elena prese la parola. “Be’, visto che siete reciprocamente in buona compagnia, ora vi lasciamo.”
Chiara li salutò con un sorriso, e, prima che Diego potesse chiederle spiegazioni su quel tipo indisponente, gli andò alle spalle e cominciò a leggere la lettera insieme a lui.

Caro Diego, ho riflettuto molto su quanto mi hai scritto, portando la tua lettera sempre con me nella mia borsa, la borsa di una donna. Ti avviso che non farò recriminazioni, parlando di me e di te, perché ho impostato la mia vita a vincere l’odio e tutto quello che può generarlo. Ma non accetterò nessun grado di separazione, rimuginando sogni e nostalgia. Ti scrivo queste parole semplicemente, col cuore che mi batte forte e facendo mezzo respiro per volta; ma ho capito ciò che hai voluto dirmi. Quindi, wake up baby, e ricominciamo! Ti amo sempre. Tua, Chiara

Ormai a parecchi metri di distanza dalla cliente, Elena, con fare noncurante, fece cadere due parole dal cielo. “Finalmente piove” disse. “O comunque… pioverà!”
“In che senso?” domandò lui, guardandola in tralice.
“Be’, in tanti anni che ci conosciamo, è la prima volta che ci occupiamo di un giallo-rosa!... E l’idea di rispondere a Diego Duchi con una lettera utilizzando i titoli delle altre canzoni di questo Festival di Sanremo, fingendo di essere Chiara, è stata davvero geniale!”
“Be’, cara Elena, leggendo la lettera di Duchi alcune parole mi balzavano agli occhi, come fossero scritte in neretto. Poi, quando Chiara ci ha detto che lui era un grande appassionato di musica, e quindi anche di Sanremo, ormai alle porte, ho capito che la lettera che le aveva scritto doveva essere un test, una richiesta di attenzione alle sue passioni e di complicità. E, una volta verificata questa mia ipotesi, ho attuato la mia soluzione.”
“E poi, com’era assolutamente prevedibile,” continuò Elena, “appena Duchi l’ha contattata per vederla, lei ci ha telefonato, informandoci pure sull’orario.”
“Già. E noi siamo venuti qui per verificare che, in effetti, tutto filasse liscio, senza improvvisi scatti di follia” finì lui.
Elena fece ancora qualche passo, poi si fermò. “Una curiosità” enunciò in tono beffardo. “Racconterai al tuo biografo anche questa nostra avventura romantica?”
“Certo. Anzi, lo farò appena arrivati a casa!... E sono certo che lui la scriverà e la pubblicherà prima dell’inizio del Festival!”
Ovviamente, Mister Noir, avrebbe avuto ragione anche questa volta!



venerdì 5 febbraio 2016

MyLife - AMICO SINCERO (Una poesia dedicata a don Serafino Marazzini)

Ti ho visto entrare.
Sprizzavi simpatia da tutti i pori,
con la tua allegria e la tua cresta di capelli in testa.
Per anni sei stato per me un angelo.
Un angelo:
non sapevo molto su di te,
comparivi di tanto in tanto,
eppure sentivo che si era creata
un'affinità.
Non ti vedevo quasi mai,
ma eri sempre presente
a rincuorarmi
quando avevo dei dubbi.

Noi parlavamo molto, Don,
veramente tanto.
E se le persone sapessero
che stravolgimenti straordinari
può avere la propria vita
da una semplice, amichevole conversazione,
allora comunicherebbero molto di più.

Parlai con te,
fui travolto dagli eventi;
e dal mio tranquillo, sicuro e beneamato
eremo,
mi ritrovai catapultato
nella sfavillante vita cittadina.

Tu mi hai fatto conoscere delle persone splendide,
che poi, col tempo,
si sono trasformate nei miei insuperabili amici.
E da allora,
la mia vita
non ha più confini.


©Sergio Rilletti, 1994

venerdì 29 gennaio 2016

MyLife - UNA VACANZA FORMATIVA (Un racconto)


Una delle cose più piacevoli della vita è proprio questa. Fermarmi a rimirar il mare.
Lo faccio spesso, quando vengo a Celle Ligure.
Mi piazzo qui, dove il mare arriva fin sotto la passeggiata, e lo contemplo; lo osservo allungarsi fino all’orizzonte, e oltre.
Il mio sguardo fluttua sulle acque, veleggia, e, sospinto dai ricordi, mi riporta al passato.
Sì, in effetti, qui a Celle, dove vengo in vacanza da ancora prima di nascere, ogni centimetro che percorro, ogni struttura che incontro, mi rimanda a epoche diverse del mio passato. Luoghi che sono stati fondamentali nella mia vita, e che ora sembrano appartenere a un’altra dimensione, ad un mondo onirico non mio. E poi le persone: alcune hanno mantenuto il loro ruolo, altre l’hanno modificato; alcune sono scomparse, altre sono rimaste, altre ancora sono magicamente apparse.
Già. Potrei fare l’intera cronistoria della mia vita vacanziera cellese, scandita dai miei mezzi di locomozione: prima il passeggino, poi la carrozzina manuale, e, infine, da circa trent’anni, le diverse carrozzine elettriche, sempre più moderne e sofisticate.
Già, potrei. Ma non so se avrebbe senso.
Vi racconterò, invece, una vacanza che non ha nulla a che fare con Celle Ligure, ma che è stata fondamentale per me, e che, probabilmente, ha contribuito a formare la persona che sono oggi.
Intendiamoci bene: io ho fatto tanti viaggi, sia prima che dopo, sia con la mia famiglia che senza, ho provato tanti mezzi di trasporto (camper, mongolfiera, e cargo olandese del 1800 compresi), e ho girato tutta l’Europa (o quasi), ma in quella vacanza, pur rimanendo in Italia, ho travalicato i confini di me stesso.

Era l’estate 1989, luglio mi pare, e quindi avevo 21 anni.
Avevo deciso di aderire ad una vacanza del Servizio Tempo Libero dell’AIAS – Associazione Italiana Assistenza Spastici – di Milano, sorto pochi anni prima con lo scopo di assicurare una vita sociale, nella sua parte più spensierata, anche alle persone con disabilità.
Io non avevo mai voluto provare, convinto che, per divertirsi, bisognasse conoscere già qualcuno. E non partecipavo molto neanche alle iniziative ordinarie, che si svolgevano durante l’anno, sempre per lo stesso motivo.
Sì, è vero che poche righe fa ho scritto che ero già andato in vacanza senza famiglia, ma comunque, negli altri casi, c’era sempre qualcuno che conoscevo: non erano mai tutti completamente sconosciuti.
Ma, quella volta, qualcosa mi spingeva ad accettare.
Qualche mese prima di ricevere l’invito dall’Aias (che, a dire la verità, dava due alternative), infatti, avevo conosciuto una ragazza, una volontaria di nome Francesca: un bel tipo mediterraneo, dal carattere gioioso ed estroverso, che mi colpì subito, persuadendomi, senza saperlo, a iniziare a frequentare le attività del Servizio.
Il mio istinto mi avvertì che Francesca avrebbe partecipato proprio a quella vacanza, e non all’altra. Così, convinto che valesse la pena di conoscerla meglio, pur non avendo alcuna certezza che ci sarebbe realmente andata, decisi di iscrivermi.
Dieci giorni in Umbria, dal venerdì alla domenica successiva.

Eravamo circa in venti, in un campeggio abbastanza vicino ad Assisi, e alloggiavamo in un gruppo di bungalow.
Io, in cuor mio, non potendo certo sperare di finire in camera con Francesca, mi auguravo almeno di essere in stanza con Alberto e Giovanni, i due educatori, che mi conoscevano bene e coi quali mi sarei sentito a mio agio; invece capitai con Matteo, Michele, e Bordiga.
Bene. Era venuto il momento di mettersi in gioco, con tre ragazzi che non conoscevo e coi quali avrei dovuto condividere la stanza, e non solo, per i successivi dieci giorni!
Ero lì, sommerso da questo pensiero, quando Michele mi gira verso un armadio di legno a due ante e cinque scaffali; e, brandendo un mio asciugamano, mi chiede: “Dove mettiamo questo?”.
Io guardo l’armadio, con tutti quegli spazi vuoti che sembrano volermi fagocitare, e rimango interdetto.
Nessuno mi aveva mai fatto una domanda del genere!
E ora, che faccio?
Per fortuna, Michele mi propone di posizionarlo nel terzo ripiano, e io acconsento subito con grande entusiasmo, come se mi avesse letto nel pensiero.
Michele continua a pormi la stessa domanda per ogni capo d’abbigliamento che trova nella valigia, e io, ormai spavaldo, rispondo sempre a colpo sicuro.
Michele e Matteo si dimostrarono subito simpatici, io entrai immediatamente in empatia con entrambi, e con Michele diventai proprio amico.
Furono dieci giorni molto belli e molto intensi, in cui ci divertimmo davvero tanto (cantavamo, scherzavamo, facevamo escursioni turistiche, giocavamo) e in cui io dovetti cimentarmi in due imprese assolutamente difficili: dimostrare una totale fiducia in tutti quei ragazzi che non conoscevo, a cominciare da Michele e Matteo, e, soprattutto, relazionarmi in modo simpatico con chiunque.
La mia amica Simona, infatti, ben sapendo che avrei partecipato a quella vacanza con lo specifico intento di conquistare l’amicizia di Francesca, mi aveva raccomandato, alla stregua di un “mental-coach” (come l’avrei soprannominata più avanti), di non stare sempre vicino a lei, per non rischiare di diventare la sua ossessione.
E così feci.
In quei dieci giorni mi adoperai per star bene con tutti, scegliendo, a volte, proprio delle iniziative in cui sapevo che non ci sarebbe stata Francesca. Apposta. Per raggiungere il mio obiettivo.
Fu un duro impegno, che mi richiese molta concentrazione. Ma riuscii a perseguirlo al meglio.
E fui ampiamente ripagato. Da tutti.
Con Francesca trovai il giusto equilibrio. Si dimostrò la bella persona che mi immaginavo, passammo anche qualche momento confidenziale in privato, e diventammo amici.
Agli altri volontari credo di aver lasciato un bel ricordo, come loro l’hanno scolpito in me, dato che quando alcuni di loro mi rividero anni dopo, per caso, mi corsero subito incontro con grande entusiasmo.
Da quella vacanza tornai con tre amici in più: Francesca, Michele, e Lisa, una bella e timida ragazza dai capelli castani e dagli occhi azzurri come il cielo terso, che ci allietava suonando il flauto traverso.
Sono rimasto in contatto anche con Giovanni, uno dei pochi educatori davvero in gamba che ho conosciuto. E di cui, riguardo a quella mirabile vacanza, conservo un ricordo-lampo unito a una sensazione indelebile.
Un giorno, mi pare il lunedì, Giovanni mi propose di fare un giro in auto, solo con lui. Io accettai. Non mi ricordo se avessimo una destinazione precisa o se fossimo partiti all’avventura, ma, arrivati a un incrocio a T, Giovanni mi domandò: “Destra o sinistra?”. Non mi ricordo se abbiamo raggiunto una meta, ma mi ricordo che il panorama verdeggiante era stupendo e, soprattutto, la sensazione che provai: un gioioso e irrefrenabile senso di libertà, che mi porto dentro ancora oggi.
Così, da quella vacanza, tornai a casa pure con un bagaglio virtuale, etereo ma capiente, in più: tre nuovi amici, la consapevolezza che si possono trascorrere dieci giorni divertenti con degli sconosciuti (poi ex-sconosciuti), e una vastità incomparabile di emozioni.
E non solo.

C’è stato un altro elemento che ha caratterizzato tutto quel viaggio, una componente fondamentale di ogni persona, presente anche in un periodo ludico come quello: la quotidianità; ovvero quell’insieme di mansioni che si devono compiere tutti i giorni per vivere dignitosamente.
Lavarsi, nutrirsi, e dormire: queste sono le tre attività principali che costituiscono la quotidianità di una persona. Tolto il dormire, che è una funzione di estremo relax che si pratica necessariamente da soli, esistono comunque le altre due, che, per una persona con problemi motòri e di articolazione del linguaggio, comportano l’attivazione immediata di due fondamentali qualità: la pazienza e la fiducia. Estreme. Più, ovviamente, una buona dose di disinibizione, che, se non ce l’hai, devi comunque acquisire all’istante. Soprattutto se devi affidarti anima e corpo, soprattutto corpo, a qualcuno che non hai mai visto prima!
E così, una volta riposta tutta la mia roba negli scaffali, venne il momento della prima doccia.
Con i relativi ostacoli, psicologici e materiali, da superare.
E mo’, come glielo spiego? Che cosa accadrà?
Al di là di tutto, era questo che mi domandavo.
Michele e Matteo erano simpatici, questo è vero, ma comunque l’imbarazzo persisteva!
Per me era già difficoltoso aprire bocca per conversare, ma almeno quello (ridere, scherzare, scambiarsi gusti e opinioni, confidarsi), era una cosa naturale. In quel momento, invece, di naturale non c’era proprio niente. E il pensiero di dover impegnare un altro a comprendere qualcosa che in una conversazione normale non ti sogneresti di dire affatto, non aiuta certo l’emissione della voce.
Eppure dovevo farlo. Per forza. Per rispetto di me stesso e di chi mi voleva aiutare. I momenti goliardici e intellettivi sarebbero venuti dopo, ma quello era il tempo del rispetto e della fiducia.
E dovevo sperare che i miei due interlocutori di turno, oltre ad essere di indole buona, fossero pure tipi svegli, che riuscissero a entrare in sintonia con me, e, soprattutto, che non facessero finta di capirmi, vanificando, altrimenti, ogni mio sforzo.
Il lavaggio, alla fine, andò bene.
Così come pure la medesima vestizione del sottoscritto.
Bene. Era fatta. Ora potevo uscire dal bungalow, e andare a divertirmi con gli altri. E, soprattutto, con le altre: Francesca, Lisa, e Compagnia Bella!... Nel senso più appropriato del termine!

Già. Sarà un mistero, o forse no, ma io mi trovo molto meglio con le donne che con gli uomini.
Ho molte più amiche che amici, alla faccia di chi non crede all’amicizia tra uomo e donna!
Sarà perché le donne sono più disinvolte e perspicaci (come sostengo io), sarà perché io sono un volpone (come sostengono gli altri), ma è un dato di fatto che la mia vita è costellata da donne. Alcune mi aiutano nella mia vita quotidiana (ognuna a modo proprio), altre mi supportano in imprese memorabili (come quella di affermarmi come scrittore), altre ancora mi sono semplicemente amiche; ma le donne, nella mia vita, hanno un ruolo fondamentale.
Anche nei momenti ludici, ovviamente!
Così, in Umbria, quando giocavamo o facevamo le gite fuori camping, tendevo a rimanere con loro (anche se in realtà, seguendo il consiglio di Simona, mi dividevo volentieri tra tutti).
Invece, durante i momenti di libagione, dove i piaceri della tavola si univano a quelli della conversazione, fondendosi insieme in un’unica sfavillante portata, la mia tendenza alla compagnia femminile si faceva molto più marcata.
Ebbene sì. Finalmente, a tavola, potevo intrattenere e intrattenermi senza grossi vincoli di tempo, e gestire i rapporti con maggior agilità, senza il rischio di repentini cambi di scena.
Sì, certo, anche durante il tempo delle libagioni occorrevano pazienza e fiducia, soprattutto se, oltre a farti imboccare al meglio delle possibilità altrui, volevi impostare un dialogo vero e non preconfezionato; ma almeno, lì, non c’era alcun imbarazzo da vincere, e la voce mi usciva d’incanto.

Così, aprendo la mente verso tutti, approfittando di tutti i momenti spensierati di gruppo, e creandone pure qualcuno privato, ho passato una vacanza indimenticabile, forse la più particolare della mia vita.
Una vacanza che, data la sua natura e come si è svolta, non esiterei a definire formativa!

Ora sono qui a Celle Ligure, sulla mia carrozzina elettrica, e contemplo il mare.
Come ho detto all’inizio, è probabile che quella vacanza abbia contribuito a farmi diventare quello che sono oggi.
Da allora, infatti, non ho più smesso di cercarmi nuovi amici e, soprattutto, nuove amiche. Da solo, senza alcun familiare di supporto. Proponendomi degli obiettivi che, spesso, raggiungo.
Spirito d’avventura, secondo me.
Quello stesso spirito che ora mi fa ruotare la carrozzina a destra, e incamminarmi, oltre i confini di questa città priva di barriere architettoniche, verso Albissola.
Sì, è una meta abbastanza vicina e facile da raggiungere, questo è vero, ma, per me, è un rinnovato senso di libertà, un piccolo viaggio verso l’Ignoto.


©Sergio Rilletti, 2015