Per i vip può essere diverso, ma rimane comunque
il dubbio sulla loro totale sincerità. E, in ogni caso, su di loro grava
sempre l’incombente ombra dei ghost writer: anonimi scrittori che, sotto cospicuo
compenso, scrivono le suddette autobiografie… firmandole col nome del vip in
questione.
Ritengo, altresì, che uno scrittore, più o
meno conosciuto ma non anonimo, esprimendo ciò che pensa attraverso i propri
personaggi, si faccia conoscere benissimo da ciò che scrive.
Tuttavia, a volte, nel corso della vita, si
vivono delle esperienze che vale la pena di sviscerare fino in fondo.
Una di queste, per quanto mi riguarda, è la
drammatica vicenda che ho vissuto Domenica
9 Aprile 2006 al Parco di Monza, di come - nonostante la mia grave
disabilità motoria - sono riuscito a cavarmela, e di quello che ho dovuto subire
nei mesi successivi.
Finché ho potuto, finché non hanno esagerato
abusando a dismisura della mia pazienza facendomi dire “Ora Basta!”.
Una vicenda talmente lunga e intricata che
le ho dovuto dedicare diversi racconti, uno per ogni aspetto, trasformando
quello che avrebbe dovuto essere il titolo d’un singolo racconto (Solo!), come sarebbe stato se le cose fossero andate diversamente, in quello
di un’intera saga autobiografica di cui sono stato leale ma reattivo
protagonista.
Una saga a cui ho dato un certo ordine
logico, più che cronologico, permettendo al lettore di seguire ogni singolo
aspetto di questa intricata e oscura vicenda, ma che, in realtà, essendo ogni
episodio autonomo - seppur correlato con gli altri - e autoconclusivo, si può cominciare
a leggere partendo anche da questo stesso capitolo.
Comunque, se volete leggere i primi tre
racconti, qui sotto ci sono i relativi link.
Solo!
(versione originale del 2006) - http://rilletti.blogspot.it/2014/01/solo-versione-originale-2006.html
.
Solo!... Come sfondai il muro dell’omertà - http://rilletti.blogspot.it/2014/02/solo-come-sfondai-il-muro-dellomerta-un.html
.
Solo!... I volontari tra il Bene e il Male
- http://rilletti.blogspot.it/2014/03/solo-i-volontari-tra-il-bene-e-il-male.html
.
Tre testi, tre capitoli della
stessa vicenda, un unico modo di intendere la vita, i rapporti umani, la
lealtà.
Bene. Ora, se volete, seguitemi nei meandri
di questo nuovo capitolo, che ha come co-protagonista Carletto, nome fittizio
dell’educatore volpone che quella fatidica domenica mi abbandonò, da solo, in
mezzo al Parco di Monza per fare un giro in risciò.
Seguitemi, perché ci sarà un piccolo,
inaspettato, colpo di scena finale.
Parco di Monza, Domenica 9 Aprile
2006, ore 15 circa
Carletto, educatore volpone, mi aveva riportato, finalmente, a Cascina Costa Alta. Avevo passato le ultime due ore alla disperata ricerca di un modo per raggiungerla, dato che Carletto, insieme a tutti i volontari che erano con lui (con alcune persone disabili come me), mi aveva abbandonato, da solo con la mia piccola carrozzina elettrica, in mezzo al Parco di Monza, per farsi un giro in risciò; dandomi solo delle indicazioni sommarie su come arrivare a destinazione… che poi erano risultate fasulle.
Certo, colpa anche mia che, per troppa generosità, per non far perdere loro quell’esperienza, avevo acconsentito, seppur con aria dubbiosa, a lasciarli andare; ma, ovviamente, credevo che mi tenessero sempre d’occhio.
Invece no.
Per fortuna, dopo quasi due ore ad alta tensione vissute alla ricerca di un percorso alternativo valido e di aiuto, incontrai una coppia di giovani - un lui e una lei - che, vedendomi spaventato e aiutandomi in maniera assolutamente encomiabile, riuscirono a rintracciare Carletto e a fargli capire dove venire a prendermi.
Lui arrivò, mi fece caricare sul pulmino da un volontario, e, senza dire una parola di ringraziamento alla giovane coppia che mi aveva soccorso, mi riportò alla Cascina, dove avevamo alloggiato quel week-end.
Lì, mi fecero solo un piccolo applauso, ma nessuno mi chiese cosa avessi fatto o come stessi.
Niente di niente. Come se fosse andato tutto secondo i programmi.
Alle 15.30, Carletto telefonò a mia madre per avvertirla che stavamo per tornare a Milano, annunciandole, in tono allegro, “Sentirà cos’ha combinato Sergio!”; illudendola, così, che avessi fatto una bricconata.
Quando arrivammo a Milano, Carletto mi accompagnò dai miei genitori; e quando mia madre chiese allegramente cos’era successo, lui, sempre in tono gioviale, rispose: “Eh!... Suo figlio non ha molto il senso dell’orientamento!”… facendosi mandare ripetutamente a ‘fanculo dal sottoscritto.
Una volta a casa, i miei genitori mi chiesero cosa fosse successo, ma io fui evasivo, dicendo semplicemente che era accaduta una cosa grave, che era finita bene, ma che l’avrei raccontata con calma perché era lunga.
Passarono tre giorni. Venne Mercoledì. Noi intanto eravamo andati a Celle Ligure, e io decisi che era venuto il momento di raccontare ai miei genitori cosa mi era accaduto, rivelando, alla fine, che Asdrubale e Carletto avevano il numero di cellulare del ragazzo che mi aveva soccorso con Lisa.
Come andò con Asdrubale l’ho già raccontato in Solo!... I volontari tra il Bene e il Male, ma, quella sera, mia madre, me presente, telefonò a Carletto.
Lui rispose che avrebbe provato a cercare quel numero, ma era dubbioso perché il suo cellulare teneva memorizzate solo le ultime 20 telefonate effettuate. Ma, cosa alquanto anomala, lui, col quale in passato avevo condiviso pure un’uscita extra-lavorativa, non chiese minimamente di me, di come stessi. Perché?
Passarono i mesi senza ricevere più sue notizie; finché, a Dicembre, otto mesi dopo la vicenda del Parco di Monza, mi scrisse dicendomi che era molto dispiaciuto per quello che era successo, che si scusava di avermi messo in quella situazione, ma che ormai lui mi vedeva più come Mister Noir che come me stesso... e che, quindi, era convinto che me la sarei cavata!
In effetti,
alla fine aveva avuto ragione. Ma se anziché Mister Noir avessi creato
Superman, che sa volare, cosa mi avrebbe fatto fare?
Nel
frattempo, come ho raccontato in Solo!...
Come sfondai il muro dell’omertà, avevo già inviato la mia e-mail "NO PARTY, NO OMERTA'" all’Organizzazione,
e quindi ora, a Gelsomino, l’educatore-capo, era venuta la smania di
accontentarmi, organizzando, finalmente, l’incontro chiarificatore con Carletto
che stavo richiedendo da otto mesi.
E così venne Venerdì 26 Gennaio 2007, il giorno della riunione con
Carletto.
Eravamo nella sede
dell’Organizzazione, e, oltre a noi due, c’erano i miei genitori, Gelsomino,
l’educatore-capo, e Chiara, l’altra educatrice.
L’incontro iniziò
in armonia, con la mamma che ricordò a Carletto la sua e-mail dove mi
paragonava a Mister Noir; poi, però, la situazione precipitò.
Appena iniziai a
raccontare che mi avevano mollato senza più voltarsi indietro, Carletto negò,
dicendo che, comunque, mi avevano ritrovato entro dieci minuti. Io lo corressi
su entrambi i punti.
Mi contestò persino che c’era una strada trafficata dalle auto, lasciandomi allibito.
Io rimarcai che quello che era accaduto al Parco di Monza era un fatto gravissimo, e che lui non aveva neanche ringraziato i due giovani che mi avevano soccorso. Lui ribatté che i due ragazzi li aveva ringraziati, ma, soprattutto ripeté, più volte, che quello che era accaduto era grave per noi.
Per noi? Come Per noi?
E mi disse che non mi aveva mai contattato per sentire come stessi perché non era di sua competenza.
Poi, durante la riunione, mia madre sbottò dicendo che non era possibile aver dovuto aspettare nove mesi per avere quel colloquio; lui le diede ragione, specificando, però, che aveva manifestato subito, a Gelsomino e Chiara, la sua disponibilità a incontrarmi. Loro si guardarono, e tacquero.
Ci lasciammo con l’impegno, suo, di inviarmi la corrispondenza che aveva avuto con la Wind riguardo il recupero del numero di cellulare del ragazzo che mi aveva soccorso… e che lui aveva richiamato.
Una volta tornato a casa, però, mi accorsi che, nella bagarre generale della riunione, c’erano alcune questioni che erano rimaste irrisolte; e, contrariamente a quanto avrei fatto in seguito coi volontari, decisi di scrivere un’e-mail a Carletto, mettendo in copia Gelsomino e Chiara.
Innanzitutto gli dissi che la sua risposta sulla sua mancata telefonata mi aveva offeso e ferito molto, perché io non mi aspettavo una telefonata da un ruolo o da una competenza, ma da una persona fisica, lui, col quale credevo - quando era un educatore fisso dell’Organizzazione - di aver instaurato un rapporto speciale; e lui invece non l’aveva fatta.
Poi gli spiegai che, anche se lui mi aveva lasciato in un tratto pedonale, nella strada parallela - che stavo considerato di percorrere al posto di quella insistente che mi aveva indicato lui - le auto sfrecciavano, eccome; e che, comunque, un parco non è un luogo affatto sicuro, perché è accessibile a chiunque, ma proprio a chiunque: cretini pericolosi compresi!
Gli comunicai anche il mio smarrimento quando, quella Domenica, alla fine, vedendolo arrivare col pulmino, notai che con lui non c’erano solo dei volontari ma pure delle persone disabili come me, che, inevitabilmente, li avrebbero rallentati nelle ricerche.
Infine gli chiarii che quello che era accaduto non era grave solo per noi, ma anche per tutti quelli a cui l’avevo raccontato. E sottolineai il fatto che, se fosse capitato a un altro ragazzo di nostra comune conoscenza, si sarebbe beccato una querela per abbandono e danni morali. Invece io non l’avevo fatto, andando contro i miei stessi interessi; e quindi almeno un Grazie, da parte sua, me l’aspettavo proprio.
Alcuni giorni dopo, lui mi rispose, mettendo in copia Gelsomino, l’educatore-capo, e Chiara.
Iniziò dichiarando che non avrebbe ribattuto punto per punto a tutto quello che avevo scritto, e si concentrò, invece, su un’unica questione, suddividendola in due punti.
Innanzitutto diede ancora ragione a mia madre, dicendo che non era giusto che avessi dovuto aspettare nove mesi per avere un incontro chiarificatore con lui, e ribadì che aveva detto subito a Chiara e Gelsomino che secondo lui bisognava farlo il più presto possibile, confermando la propria disponibilità ogni volta che, nei mesi successivi, l’Organizzazione lo contattava al riguardo.
Anche in questo caso, Gelsomino e Chiara
non risposero.
Poi, però, mi
disse che si riteneva ancora nel giusto per non avermi contattato
personalmente, perché continuava a credere che la faccenda dovesse essere gestita
dall’Organizzazione; non accorgendosi, a
quanto pare, che la brutta figura l’aveva fatta comunque lui.
Infine, come Grazie, mi assicurò che di questa esperienza ne avrebbe fatto tesoro.
Della sua corrispondenza con la Wind, che mi aveva promesso, purtroppo non mi fornì alcuna prova. E il numero del ragazzo che mi aveva soccorso, assieme a Lisa (il nome di lei me lo ricordo bene), non saltò mai fuori.
Ma quella non fu l’ultima volta che ricevetti sue notizie.
Cinque anni dopo, nel 2012, ricevetti una sua lunga e-mail dove si mostrava sinceramente dispiaciuto per quello che era successo, e dove mi invitava ad andare a trovarlo nel suo agriturismo.
Io non risposi mai a quell’e-mail, non sapevo cosa dire, ma mi ripromisi che, quando avessi scritto il capitolo della saga di Solo! dedicato a lui, gli avrei reso giustizia, raccontando anche questo piccolo, gradito, colpo di scena finale.
©Sergio Rilletti, domenica 10 aprile 2022
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