La storia che sto per
raccontare è un'altra, allucinante, parte di ciò che è avvenuto dopo quella
fatidica Domenica 9 Aprile 2006 al Parco di Monza, che i lettori conoscono col
titolo Solo!.
E i fatti che sto per narrare hanno segnato una
cicatrice profonda e indelebile nel mio animo, inducendomi a non fidarmi più
completamente di due categorie di persone che stimo: i volontari e gli
educatori. Indipendentemente dalla simpatia e dall'affetto che provo, in tutta sincerità,
per alcuni di loro.
E il resoconto che segue, in cui sarò
"spietatamente preciso" sui fatti - modificando solo i nomi,
null'altro! -, è scritto con il dolore e la rabbia per ciò che è avvenuto, ma
anche con la speranza di poter evitare ad altri volontari (e alle persone,
in generale!) di commettere gli stessi, o analoghi, gravissimi errori.
Se è la prima volta che vi
affacciate a questo mio "serial autobiografico", dove tutto ciò che
racconto è totalmente vero al 100% (nomi a parte, naturalmente!), vi consiglio
la lettura di Solo! (http://rilletti.blogspot.it/2014/01/solo-versione-originale-2006.html)
e di Solo!… Come sfondai il muro dell'omertà (http://rilletti.blogspot.it/2014/02/solo-come-sfondai-il-muro-dellomerta-un.html
).
Se però preferite cominciare a seguirmi da questa
vicenda, non c'è alcun problema.
Tutto iniziò quella fatidica
Domenica 9 Aprile 2006, quando, dopo quasi due ore di affannose ricerche e
tentativi per ritrovare Carletto – l’educatore volpone che mi aveva abbandonato
al Parco di Monza – e i volontari che erano con lui, fui soccorso da una lungimirante
e sensibile coppia di giovani, che, attraverso un giro di telefonate – che
coinvolse Carletto e due volontari, Filomena e Asdrubale, entrambi avvocati -,
riuscirono a farmi rimettere in contatto con loro.
Ma quei volontari, a cui ero legato da un sincero
affetto che credevo ricambiato, mi tradirono. Più volte. Nel profondo.
Ma andiamo con ordine.
Quando, dopo quasi due ore
di profonda angoscia passate alla ricerca di aiuto, riuscii a farmi recuperare
da Carletto - grazie al provvidenziale intervento dei miei due giovani
soccorritori -, Filomena, sul pulmino, mi rifilò una sequela di domande a
raffica, come se avessi potuto riassumere in cinque minuti tutto quello che
avevo vissuto in due ore di panico. Mi disse che avrei potuto scriverci
su un bel racconto con protagonista Mister Noir, e che Asdrubale - ancora lì
al telefono con lei - mi avrebbe dato il numero di cellulare della tipa che mi
aveva soccorso, mettendo le basi, certo inconsapevolmente, ad una serie di
azioni di estrema vigliaccheria che li avrebbe segnati per sempre. Insieme ad
altri.
Giunti alla Cascina Costa Alta, nessuno mostrò il
minimo interesse per quello che mi era accaduto. Mi fecero solo un applauso, ma
niente di più. Nemmeno Guido, che
sembrava sinceramente affezionato a me, proferì parola al riguardo.
E non mi disse nulla nemmeno quando, mezz’ora
dopo, ripartì in anticipo, per conto proprio, per motivi di lavoro.
Ritornato a Milano – con Carletto, Filomena, e gli
altri utenti e volontari dell’Organizzazione – l’educatore volpone, col suo
allegro tono da sfottò, disse ai miei genitori, che avevano chiesto cos’era
accaduto, che non avevo molto il senso dell’orientamento. Con l’inevitabile
conseguenza di essere mandato ripetutamente a ‘fanculo dal sottoscritto.
Tornando a casa, i miei genitori mi chiesero cosa
fosse successo, ma io fui evasivo.
Forse, considerata la gravità di quanto era
avvenuto, avrei dovuto chiedere loro di rimandare la partenza e di andare a
parlare subito con Chiara e Gelsomino, i due educatori-responsabili dell’Organizzazione;
ma, non volendo costringere mamma e papà ad accorciare quella piccola vacanza -
di cui avevano tanto bisogno -, per affrontare una situazione particolarmente
spiacevole, dissi loro che era accaduta una cosa grave, che era finita bene, ma
che l’avrei raccontata con calma perché era lunga.
Quella sera stessa inviai un’e-mail ad Asdrubale, il
volontario avvocato, per ringraziarlo del suo prezioso intervento, grazie al
quale ero riuscito a rintracciare gli altri. Avrei voluto chiedergli subito il
numero di cellulare del ragazzo che mi aveva soccorso assieme a Lisa (il
nome della ragazza me lo ricordo bene, ed è proprio Lisa!), ma, per non
trasformarla in un’e-mail “interessata”, non lo feci.
In fondo era stato lui che, quand’era al telefono con
Filomena, mi aveva promesso, di sua spontanea volontà, che me l’avrebbe dato. Perché
avrei dovuto pressarlo, perché avrei dovuto dubitarne?
Il giorno dopo, Lunedì 10
Aprile 2006, quindi, come da programma, partimmo per Celle Ligure (SV). Mente e
stomaco erano ancora rivolti al Parco di Monza.
Quella sera ricevetti due e-mail; ma non da
Asdrubale - come invece mi sarei aspettato -, bensì da Filomena e da Gelsomino,
il responsabile-capo dell’Organizzazione.
Filomena dichiarò di essere “dispiaciuta della [mia]
disavventura” del giorno prima, e, preoccupata che mi fossi arrabbiato, mi
invitò a confidarmi con lei; io mi fidai, e le scrissi cosa pensavo di
Carletto.
Gelsomino, invece, mi scrisse che aveva saputo che mi
ero perso ma che mi ero “districato brillantemente”, e che quindi
dovevo esserne orgoglioso; io, fidandomi anche di lui, gli risposi che in
effetti ero molto orgoglioso di me, che era stata un’esperienza particolarmente
ostica (sotto molti aspetti), e che comunque ne avremmo parlato con calma al mio
ritorno a Milano… tralasciando il “piccolo” particolare che, in realtà, non mi ero
perso ma mi avevano perso (come aveva giustamente intuito Lisa, la mia
giovane soccorritrice).
Già. Io mi fidai di entrambi.
E feci male. In entrambi i casi.
Perché quello fu l’inizio dell’omertoso silenzio.
E venne Martedì.
Lo passai con la mente e lo stomaco ancora in
tumulto sia per ciò che avevo vissuto al Parco di Monza sia, soprattutto, per
la mancanza di sensibilità che ne era seguita.
Alla sera aprii l’e-mail, per vedere cosa mi avevano
risposto Asdrubale, Filomena, e Gelsomino.
Gelsomino, notando che ora e data sull’e-mail che
gli avevo inviato erano sbagliate, pensò di liquidarmi con queste esatte parole
(che riporto fedelmente dalla sua e-mail): “Mi sa che hai qualche problema
con la data del computer”. Punto.
Da Asdrubale e Filomena, invece, nessuna
risposta.
E venne Mercoledì.
Decisi di raccontare ai miei genitori cos’era
accaduto. Non proprio nei dettagli, come avrei fatto in seguito con Solo!,
perché la narrazione orale e le mie difficoltà motorie mi imponevano una certa
sintesi, ma comunque in modo preciso sui fatti.
Rivelai ai miei genitori che Asdrubale e Carletto
avevano il numero di cellulare del ragazzo che mi aveva soccorso con Lisa, e,
quella sera, mia madre, me presente, telefonò a Carletto; mentre io, di notte,
scrissi a Filomena chiedendole il numero di cellulare di Asdrubale.
Carletto rispose che provava a cercare quel numero
ma che il suo cellulare teneva memorizzate solo le ultime 20 telefonate effettuate.
E, cosa alquanto anomala, non chiese minimamente di me, di come stessi. Perché?
Filomena, invece, mi diede subito il numero di
cellulare di Asdrubale, senza però proferir alcun commento sulla mia e-mail
precedente.
Ma quando mia madre lo chiamò, per ringraziarlo e
per chiedergli il numero di telefono del ragazzo, lui fu molto sbrigativo,
quasi seccato, dicendo che ormai non ce l'aveva più.
Non ce l'aveva più??? Come Non ce l'aveva più?!
Lui era un avvocato, ed era al corrente di tutto! E se avessi voluto
assumerlo per querelare Carletto per abbandono e danni morali, cos'avrebbe
fatto???
E venne Giovedì pomeriggio.
Trovando alquanto strano che Gelsomino non si fosse
messo direttamente in contatto coi miei genitori, lo chiamammo, e mia madre gli
disse solo che avevo raccontato cos'era accaduto, che, sì, ora ero più
tranquillo, e che ne avremmo parlato con calma al nostro rientro, augurandogli
Buona Pasqua.
E venne venerdì.
E venerdì, finalmente, mi rispose Asdrubale.
Io mi aspettavo un'e-mail di "bonaria
complicità", come lo era stata la mia di Domenica sera, e magari un
amichevole accenno alla telefonata con mia madre.
Invece no, niente di tutto questo!
Mi scrisse, invece, un'e-mail allucinante in cui
dichiarava: "Sì, certo, non sarà stato piacevole sentirsi perso....;
ma, anche queste esperienze fanno parte della vita! Personalmente, ritengo sia
meglio viverle (per di più, in occasione di un bel fine settimana con
amici...), piuttosto che starsene "al sicuro", nelle mura della
propria casina!!!"
Rimasi sbigottito; come tutti quelli che la lessero,
d'altronde!
Non potevo crederci. Non sembrava più lui.
Non sembrava certo la stessa persona che, appena
cinque giorni prima, al telefono col ragazzo che mi stava aiutando si era
indignato verso chi mi aveva abbandonato, comprendendo perfettamente la gravità
della situazione!
Già. Il tanfo dell'omertà cominciava farsi
sentire in modo pregnante, ma
io non volevo crederci!
Quindi aspettai altri sei
giorni, fiducioso che Asdrubale mi avrebbe riscritto, di sua spontanea volontà,
per darmi il numero di cellulare del ragazzo.
Tanto, ormai, la mamma era stata chiara, sia con
Carletto sia con Asdrubale. Io volevo quel numero solo per ringraziare Lisa
e il suo amico, nulla di più!
E poi Asdrubale me l'aveva proprio promesso. Era ovvio
che, almeno lui, me l'avrebbe dato.
Invece no!
Così Giovedì 20 decisi di rispondere alla sua
e-mail, chiedendogli quel numero, come se non avesse già parlato con mia madre,
ribadendo che ci tenevo proprio tanto a ringraziare quei due ragazzi. Ma
l'unica sua risposta fu "Come ho già detto a Tua mamma, non ho tenuto
quel numero di cellulare", con quell'orrenda T maiuscola, simbolo di
distanza e di agghiacciante rispetto formale.
Mi pentii subito di non aver specificato "…come
mi avevi promesso", così come mi pentii di non averglielo ricordato
subito, nella prima e-mail; ma non avevo voluto pressarlo, avevo voluto fidarmi
di lui, e ormai era fatta!
Intanto Filomena, che mi aveva invitato a
confidarmi con lei, continuava a tacere.
Tornati a Milano andammo a
parlare con Chiara e Gelsomino, il capo.
Lui mi disse di raccontare pure, ma mia madre gli
chiese di dire prima lui cosa avevano saputo. Lui, colto di sorpresa,
rispose che gli avevano detto che mi ero perso, ma che comunque li avevo ritrovati
abbastanza in fretta, in circa dieci minuti. "Giusto?"
"E' stata un po' più lunga!" risposi
sorridendo.
E così cominciai a raccontare quella mia drammatica
esperienza.
Chiara mi seguiva con estrema attenzione, cercando
di immedesimarsi in me. Gelsomino, invece, ripeteva semplicemente quello che
diceva lei.
Ci salutammo cordialmente, e io espressi tre
desideri: parlare di persona con Carletto, ricevere un cenno d'interessamento
da parte dei volontari che mi avevano abbandonato, e recuperare il numero di
cellulare dei due giovani che mi avevano aiutato; per ringraziarli, solo per
ringraziarli!
Quel numero, oltretutto, era rintracciabile pure da
Filomena - anche lei avvocato -, dato che i due ragazzi avevano trovato
Asdrubale chiamando sul telefono di casa di lei. Quindi, quel numero, aveva
lasciato ben due tracce: una sulla linea di Filomena, e una su quella di
Carletto. Più Asdrubale, che l'aveva annotato e me l'aveva pure promesso.
Passò del tempo. E venne
Maggio.
Andai alla riunione annuale dei Soci dell'Associazione
dei volontari, la cui iscrizione era obbligatoria solo per i volontari stessi,
ma a cui mi ero iscritto sempre, sin dalla sua fondazione - partecipando pure
attivamente alla serata d'inaugurazione facendo un lungo intervento -, per pura
solidarietà.
Era la prima volta che rivedevo i miei
"smarritori", e quindi, con tutto quello che avevo detto a Chiara e
Gelsomino, il capo, mi aspettavo che si avvicinassero per dirmi qualcosa. Sarebbe
stato naturale aspettarselo anche se non avessi avuto quel colloquio, ma a
maggior ragione ora.
Notai invece dei movimenti strani, come se volessero
evitarmi; e Filomena, appena mi vide, si fiondò fuori, come se dovesse
consultarsi urgentemente con qualcuno.
E nessuno mi disse una parola al riguardo.
Ovviamente, al momento di rinnovare l'iscrizione,
non lo feci. E, altrettanto ovviamente, non la rinnovai mai più.
Passò altro tempo. E venne
Giugno.
E, con Giugno, arrivò anche la tradizionale
Grigliata di Fine Anno.
Lì, i volontari avrebbero avuto tutto il tempo per
avvicinarsi e dirmi qualcosa - anche solo una piccola frase - al riguardo, per
mostarmi solidarietà.
Invece no, niente.
Neppure Guido, un tipo estremamente socievole e
simpatico, pur avvicinandosi allegramente a me non sfiorò l'argomento. Va
bene che lui non c'era né quando erano venuti a riprendermi al Parco né
all'arrivo a Milano, e quindi non mi aveva visto innervosito,
ma possibile che nessuno gli avesse detto niente???
E poi, comunque, indipendentemente da tutto ciò, una
sagace battuta su ciò che mi era capitato, da parte sua, me l'aspettavo
proprio!
Comunque, prima di partire
per le vacanze estive, andai a ribadire a Chiara e Gelsomino, il capo, il mio
stupore per l'assoluto disinteressamento dei volontari e i miei tre forti
desideri, che non mollavano mai i miei pensieri.
Chiara, in separata sede, mi consigliò di prendere
l'iniziativa e di scrivere io ai volontari. Ma io, turbato dal silenzio che
aveva calato Filomena dopo avermi invitato a confidarmi con lei, e riponendo
ancora una malsana fiducia in Gelsomino - il cui deprecabile comportamento ho
già raccontato in Solo!… Come sfondai il muro dell'omertà -, decisi di
aspettare.
E vennero pure Luglio e
Agosto.
Appurato che non accadeva nulla, e che il numero di
cellulare non stava saltando fuori, approfittai di un'avventura di Mister Noir
che avevo scritto per il sito della LEDHA - Lega per i diritti delle persone
con disabilità -, per aggiungervi una premessa/dedica per i miei due giovani e
lungimiranti soccorritori, esprimendo loro il mio ringraziamento e la speranza
di poterli ritrovare.
Aspettai il commento di Antonia, una volontaria che
aveva sempre commentato i miei scritti; ma, guarda a caso, proprio quella volta
tacque.
E così, in un'attesa sempre
meno fiduciosa ma pur sempre speranzosa, vennero e passarono anche tutto
Agosto, Settembre, Ottobre, e Novembre, quando ribadii a Chiara e Gelsomino (il
capo), questa volta in modo un po' più deciso, che i volontari non si erano
ancora fatti vivi.
Non accadde nulla.
Finché non venne Dicembre e
la tradizionale Festa di Natale dell'Organizzazione.
E io compii l'azione che mi permise, finalmente, di
ottenere l'incontro coi volontari e quello con Carletto.
Non essendo proprio spietato come alcuni miei
personaggi, aspettai che la festa - a cui non andai - si compisse, per non
rischiare di rovinarne il clima, e, il giorno dopo, scrissi un'e-mail a quasi
tutti quelli che, a vario titolo, avevano rapporti con l'Organizzazione,
denunciando quello che stavo subendo (i cui dettagli e risultati sono
accuratamente riportati nel racconto sopra citato).
E così, nel Febbraio 2007,
dopo "appena" dieci mesi da quella fatidica Domenica 9 Aprile 2006,
riuscii a parlare dell'accaduto coi volontari.
Ci incontrammo un Lunedì sera, alla sede
dell'Organizzazione. Eravamo io, i miei genitori, Antonia, Guido, Filomena,
Chiara, e Gelsomino, il capo. E io e i miei genitori ci armammo di pazienza… e
delle e-mail che mi avevano mandato!
(A dire la verità, quella fatidica Domenica al
Parco di Monza c'erano anche altri due volontari, un ragazzo e una ragazza, che
però, conoscendomi poco, non potendo contattarmi direttamente, e non avendoli
più rivisti, ho sempre potuto concedere loro il beneficio del dubbio, e quindi
non avevo chiesto di convocarli.)
Mi stavo già innervosendo per la mancanza di
Asdrubale, ai miei occhi quello con la colpa più grave (a parte Gelsomino,
naturalmente!), quando mi dissero che sarebbe arrivato a breve.
Infatti arrivò.
La prima persona che parlò fu Chiara, e disse che i
volontari avevano subito avvertito di quanto era avvenuto, e di questo
bisognava dargliene atto.
Poi Chiara invitò i volontari a raccontare come
avevano vissuto quel momento, e sia Filomena sia, soprattutto, Guido si
prodigarono a raccontarmi i fatti.
A quanto pare, mentre stavo girando per il Parco
di Monza in cerca d'aiuto Carletto arrivò alla Cascina Costa Alta coi due
risciò. E iniziò ad aspettare.
Loro, i volontari, continuavano a dire che era
meglio venirmi a cercare, ma Carletto indugiava, fiducioso che dovessi
arrivare. Poi, dopo un bel po', partirono a cercarmi.
Guido, che non era tra quelli del gruppo dei
risciò, tentò comunque di ripercorrere la strada a ritroso, correndo a
perdifiato, col cuore in gola. Ma poi, spossato, aveva dovuto fermarsi.
Gli altri, guidati da Carletto, avevano fatto un
lungo e inspiegabile giro esterno col pulmino.
La dinamica del giro col pulmino mi è tuttora
misteriosa, dato che era parcheggiato molto più vicino a dove mi trovavo io che
alla Cascina, ma il loro resoconto era compatibile col mio vissuto, e quindi
non ho mai dubitato che, su questo punto, siano stati sinceri!
E quando mia madre disse che il tutto era durato
un'ora, loro esclamarono: "Oh, altroché!… Almeno un'ora e mezza, un'ora e
quaranta; ma anche di più!".
Ma Gelsomino non era convinto che si era risolto
tutto in dieci minuti??? Se i miei
occhi avessero potuto emanare fiamme, l'avrei incendiato. Ma non volevo
metterlo in imbarazzo con i suoi volontari, e allora mi trattenni a dismisura.
Poi venne il mio turno, e, aiutato dai miei
genitori, dopo aver riassunto brevemente ciò che avevo vissuto, facendo intuire
abbastanza chiaramente i grossissimi guai giudiziari a cui non li
avevamo fatti incorrere, chiesi spiegazioni dei loro comportamenti.
Filomena disse che, quando aveva ricevuto la mia
e-mail, aveva voluto tirarsene fuori, non scrivendomi più, pensando che
dovessero sbrigarsela loro, i tre educatori. Probabilmente non pensando che,
cosi facendo, avrebbe fatto una pessima figura proprio lei, di persona!
Antonia disse che non aveva commentato il mio
racconto, contrariamente a quanto faceva di solito, semplicenente perché non ci
aveva pensato.
Guido disse subito che, appena aveva letto il titolo
della mia e-mail di Dicembre - No Party, No Omertà - aveva riso, ma poi,
leggendola, si era infuriato con Chiara e Gelsomino, non avendo la più pallida
idea che avessi espresso l'esigenza di parlare con loro.
Filomena confermò con impeto, ma esagerò,
dichiarando come, alla Festa, un'altra volontaria l'avesse fatta sentire in
colpa. Già. Peccato che quell'e-mail io l'avessi scritta dopo la Festa di Natale, non prima!
Ma non dissi nulla!
E, cosa ancora più misteriosa, non si era accorta
che, quando finalmente erano riusciti a recuperarmi al Parco, mi ero arrabbiato
con Carletto: credeva che fossi contento di rivederli!… E quindi, quando aveva
visto la mia reazione all'arrivo a Milano (praticamente uguale alla prima!)
si era stupita!
Un'impressione che, per qualche arcana ragione,
aveva avuto anche Guido. Già.
Guido, che non era stato presente né al mio ritrovamento al Parco né all'arrivo
a Milano, aveva avuto la stessa impressione di Filomena!
Avrei voluto farglielo notare subito, e
probabilmente avrei fatto bene, ma il fatto che fino a quel momento fosse stato
solidale con me, mi bloccò. E rimasi scioccato.
Ma ora toccava ad Asdrubale, l'avvocato,
giustificarsi. E lì la situazione precipitò definitivamente; e con essa
precipitò, irrimediabilmente, anche la bella reputazione, peraltro già
abbastanza incrinata dalle ultime affermazioni, che ciascun volontario aveva
faticato a ricostruirsi.
Asdrubale, dopo aver accolto in malomodo i
ringraziamenti di mia madre, cominciò a parlare freneticamente, sostenendo che
se gli chiedevo un numero di telefono di cinque o dieci anni prima, lui,
magari, non ce l'aveva più!
Cinque o dieci anni prima??? Ma che cacchio stava
dicendo?!
Gli feci notare che quel numero me l'aveva promesso
subito, quella fatidica Domenica, quando era ancora al telefono con me e
Filomena, ma lui negò. E Filomena, ahilei!, asserì di non ricordarselo.
Ribadii che quel numero mi serviva per ringraziare i
due giovani che mi avevano soccorso con la speranza, magari, di poterli
rivedere. Lui, con la faccia da muro, rispose che aveva capito ma che ormai non
ce l'aveva più, perché, una volta risolto il problema, l'aveva buttato. E io
gli dissi che la sua tesi non era affatto credibile, dato che me l'aveva
proprio promesso (non sottolineando che, essendo un avvocato - oltretutto
testimone dei fatti -, non solo avremmo potuto assumerlo, ma, se avessimo
voluto procedere comunque per vie legali, a quel punto si sarebbe ritrovato in
grossissimi guai anche lui!).
Mia madre lo informò che, quando gli avevo scritto
quella fatidica Domenica (sera), mi sarei aspettato una risposta immediata, che
non ci fu. Ma lui negò, con irruenza, dicendo che mi aveva risposto subito.
A quel punto mia madre, su mia richiesta, annunciò
che avevamo portato le e-mail. All'inizio erano tutti concordi che le
mostrassimo, ma poi, appena queste comparvero dalla borsa, si scatenò una
terribile bagarre generale.
Tutti i volontari si alzarono e ci vociarono contro,
in difesa di Asdrubale. Con il risultato che mia madre dovette spostare
l'attenzione da lui a loro, e io non riuscii più a comunicare con lui, che,
nonostante vedesse che volevo parlargli, pensò bene di rimanere rintanato sulla
sua sedia.
Ripristinato l'ordine, Chiara mi chiese se avessi
qualcos'altro che volessi sapere; ma io, ancora rintronato da quell'inaspettata
esplosione di grida, mi dimenticai delle e-mail che volevo mostrare, e chiesi invece
perché, quando erano venuti a recuperarmi col pulmino, anziché essere un gruppo
di soli volontari c'erano anche dei disabili.
Filomena me lo spiegò; ma la spiegazione risultò
molto contorta, e ormai, comunque, non aveva più molta importanza.
Chiara, sinceramente interessata, mi chiese due
volte se fosse tutto a posto. E io, anche se avevo l'impressione di avere
ancora qualcosa in sospeso (le e-mail da mostrare, appunto!), risposi di
sì.
A quel punto io mi aspettavo di ricevere un
regalo, anche piccolo, da parte del gruppo: una sorta di "premio di
riconoscenza" sia per quello che mi avevano fatto passare loro sia per i
grossissimi guai giudiziari che non avevo fatto passare a loro.
Invece no, niente: evidentemente non doveva esserci
nemmeno un piccolissimo, tangibile, ricordo dell'ammissione del
"misfatto"!
La mamma annunciò che avevo scritto Solo!, e
che era stato pubblicato su M-Rivista del mistero "Lezioni di
paura"; e tutti sembravano interessati a leggerlo.
Filomena mi promise che avrebbe richiesto i propri
tabulati telefonici, in modo da ritrovare il numero di cellulare del ragazzo
che mi aveva soccorso con Lisa.
Ci salutammo affettuosamente. E io tornai a casa,
non proprio soddisfatto ma comunque un po' più tranquillo, consapevole di aver
fatto il massimo e di aver ottenuto tutto quello che era possibile: non il
massimo auspicabile, ma il massimo reale, considerati gli
avvenimenti.
Nei giorni successivi, su
consiglio di mia madre, scrissi delle e-mail a Chiara & Gelsomino e ai
volontari per ringraziarli della serata. A tutti tranne a uno. Informandoli
che, probabilmente, avrei ripreso l'argomento in futuro.
E, cavallerescamente, ne scrissi un'altra a tutti
quelli a cui avevo inviato l'e-mail No Party, No Omertà, informandoli
dell'avvenuto chiarimento, ringraziando sia Chiara sia Gelsomino.
E quando, pochi giorni dopo, un altro volontario mi
chiese com'era andato l'incontro, io gli risposi che, a parte Asdrubale, era
andato complessivamente bene.
"Tutto bene, quindi?"
"Complessivamente sì!"
Non so se il suo interesse fosse sincero o se lui
fosse "in missione", ma mi era simpatico, e la risposta, onesta e
diplomatica, era comunque quella.
Nel frattempo, Massimo
Maugeri pubblicò Solo! sul suo prestigioso blog letterario, tuttora
aperto ai vostri commenti all'indirizzo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/06/16/solo-racconto-di-sergio-rilletti/
, che si espanse a macchia d'olio sul web.
Ma, nonostante tutto questo e tutto quello che ne è
conseguito, e nonostante che io li abbia sempre informati sui vari sviluppi di Solo!,
nessuno di questi volontari mi ha mai scritto un commento su questo mio
racconto; esattamente come Carletto, l'educatore volpone, e Gelsomino, il loro
educatore-capo.
Tra tutti quelli coinvolti nella vicenda di Solo!,
solo Chiara mi scrisse un commento adeguato al riguardo, distinguendosi, anche
per questo, dagli altri. A cominciare dai suoi due colleghi.
I mesi passarono, e Filomena,
prima dell'estate, mi scrisse che si stava interessando per recuperare i
tabulati telefonici.
E venne Dicembre 2007, e io
e i miei genitori andammo alla Festa di Natale dell'Organizzazione.
Filomena non mi disse nulla, mentre Antonia mi portò
in giro mostrando a tutti Borsalino - Un diavolo per cappello, la prima
antologia a cui ho partecipato, e ad un volontario, col quale avevamo fatto
altre esperienze al Parco di Monza,
confidò che Carletto, l'ultima volta, mi aveva abbandonato lì.
Non so se lo fece per rimettersi a posto con me, ma
sicuramente lo apprezzai.
Qualche mese dopo, scrissi a
Filomena chiedendo notizie sui tabulati, ma lei non mi rispose. Glielo chiesi
una seconda volta, ma non ottenni risposta.
E non mi disse nulla neanche alla Grigliata di Fine
Anno (Giugno 2008).
Mi sentii tradito per l'ennesima volta. E fu
l'ultima volta che andai ad una festa dell'Organizzazione.
Mentre un loro ex-utente mi confessò di averli già
mollati perché si erano comportati male anche con lui.
Ma se quei volontari, alla
fine, ne sono usciti malissimo, ce ne sono stati altri che mi hanno manifestato
la loro solidarietà, scrivendomi o postando commenti sul blog. Ovviamente, in
quest'ultimo caso, senza dichiararsi come volontari della suddetta
Organizzazione (e questo è comprensibile!), ma comunque dimostrandomi la
loro vicinanza ed empatia.
Se anche gli altri l'avessero capito, ciascuno di
loro si sarebbe evitato il 100% d'una pessima figura, e tutto quello che ne è
conseguito non sarebbe mai accaduto.
Già. Quella volta i
volontari hanno tradito la mia fiducia. Più volte.
E io ho deciso di scrivere questo articolo/resoconto
per impedire che altri volontari commettano gli stessi, o analoghi, gravissimi
errori.
Sì. Perché i volontari sono una categoria da
tutelare, che offrono il proprio tempo libero gratuitamente, senza vincoli
contrattuali.
I volontari di questa storia hanno tutti sbagliato,
in modi diversi, e ciascuno deve assumersi il 100% di responsabilità per ciò
che ha fatto.
Ma conosco anche volontari straordinari, a cui sono
sinceramente affezionato e coi quali è nato un rapporto proprio speciale, sia
con me sia di gruppo: un risultato "epico", che non è mai stato
raggiunto prima. E devo sicuramente riconoscere, ogni volta, a ciascuno di
loro, il 100% del proprio personale merito!
©Sergio Rilletti, 2012
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