Non so quanto abbia influito il
successo internazionale dell’ultimo film di Paolo Sorrentino, La grande bellezza, candidato oltretutto
al Premio Oscar come miglior film straniero, sulla scelta del tema, ma “la grande bellezza” è stato
proprio il filo conduttore del 64° Festival della Canzone Italiana.
Un tema che è
stato sviscerato e rappresentato in diverse forme. E, senza nulla togliere a
quello che non citerò, ci sono stati alcuni momenti particolarmente
significativi, che è proprio bello
ricordare.
Sentire Claudio
Santamaria leggere una lettera che Alberto Manzi - scrittore, pedagogista, e
maestro alle scuole elementari - scrisse ai suoi piccoli allievi di quinta, che
ovviamente stava per lasciare, in cui li sprona a ragionare sempre con la propria testa e a non assoggettarsi
mai, per nessuna ragione, alle idee altrui…
stupendomi che, per una volta, quelle cose, non le avessi dette io.
La
sorprendente esibizione di Laetitia Casta.
Lei e Fabio
Fazio - accompagnati al pianoforte da Paolo Jannacci - che cantano Silvano, celebre brano di Enzo Jannacci…
riportandomi indietro nel tempo, all’epoca della spensierata televisione in
bianco e nero di Cochi & Renato.
L’inesauribile
carica di ottimismo e d’energia di Raffaella Carrà.
Massimo
Gramellini che, con la sua consueta garbata ironia e autoironia, ci fa fare un
piccolo salto nel futuro leggendo il suo articolo, in tema col Festival, che
avrebbe pubblicato il giorno seguente: una breve ma intensa esaltazione del
rapporto tra bellezza e creatività che parte proprio dalla descrizione del suo
ingresso sul palco del Teatro Ariston; un fatto che, per i lettori
dell’indomani, sarebbe stato già passato, ma che, per tutti gli spettatori,
corrispondeva esattamente a ciò a cui stavano assistendo in quel preciso momento.
Un breve testo in cui Gramellini ha mostrato, concretamente, la bellezza della
creatività.
Fabio Fazio e
Luciana Littizzetto che declamano la lista Bello
è.
La grande
forza d’animo e la passione di Franca Valeri, che, col suo sketch, ha
concretamente dimostrato a tutti che non bisogna arrenersi mai!... E il
divertente monologo, immediatamente successivo, con cui la Littizzetto la ha reso
omaggio riprendendo il suo personaggio!
Il monologo
di Luciana Littizzetto dedicato alla bellezza e alla disabilità, e la conseguente
acrobatica esibizione di Dergin Tokmak, ballerino tedesco affetto da
poliomelite - munito di due indispensabili stampelle -, assunto stabilmente al
Cirque du Soleil, talmente strepitoso da renderne impossibile l’identificazione
come “persona disabile”.
La
soddisfazione personale, a seguito di questa straordinaria perfomance, di
constatare che in fondo il titolo dell’antologia di racconti che ho curato con
Elio Marracci per le edizioni No Reply, Capaità
Nascoste, è quanto mai azzeccato, e che le evoluzioni atletiche di Mister
Noir, il mio eroe disabile seriale affetto da tetraparesi spastica (per pura
coincidenza come il sottoscritto!), hanno un loro valido fondamento con la
realtà.
La finta
contestazione, che serviva a introdurre lo strabiliante flash mob canoro,
apparentemente sorto spontaneamente, piano piano, dal pubblico.
Il sincero
smarrimento e stupore di Fabio Fazio nel capire che, fino pochi istanti prima,
era vicino a Violante Placido… e non se n’era neppure accorto.
Alessio Boni,
che recita le prime strofe di Mare
d’inverno di Enrico Ruggeri.
Cristiano De
Andrè che canta splendidamente una canzone del padre.
Un’inedita ed
effervescente Fiorella Mannoia che canta in coppia con Frankie Hi-Nrg Mc.
L’omaggio
canoro di Enrico Brignano, comico di oggi, ad Aldo Fabrizi, comico della tv
d’epoca.
La grande e coinvolgente
simpatia di Renzo Arbore con la sua Orchestra Italiana.
L’intervento
di Maurizio Crozza, in modo da farlo diventare un perfetto “sequel” di quello
che gli era capitato l’anno precedente al Festval.
La solidità
di Luciano Ligabue.
E poi, la gara
vera e propria!
La geniale
regola, anche quest’anno, di far proporre ai cantanti due canzoni, determinando
solo la selezione di una delle due ma non l’eliminazione del cantante.
La bellezza,
quindi, di poter ascoltare il doppio delle canzoni e di conoscere meglio
ciascun interprete.
La
rassicurante certezza di poter ritrovare ciascuno di loro fino alla fine.
Non sapere
chi sono i Perturbazione, e ritrovarmi di fronte un simpatico gruppo musicale
che sicuramente, d’ora in poi, seguirò.
La carica
esplosiva delle canzoni di Raphael Gualazzi & The Bloody Beetroots e di
Renzo Rubino, che si sono riconfermati, indipendentemente dagli ottimi
piazzamenti che si sono meritatamente guadagnati, degli autentici talenti.
La maschera
di The Bloody Beetroots, che ricorda quella dell’Uomo Ragno (o, per meglio
dire, di Venom, l’alter ego oscuro di Spiderman).
La grinta e
l’anima di Cristiano De Andrè.
Noemi, che
alterna la sua voce calda e graffiante a continui sorrisi verso il pubblico,
durante l’esecuzione delle canzoni stesse.
La maggior
visibilità data alla gara delle Nuove Proposte. (E dopo 64 edizioni era ora che
si verificasse!)
I continui
abbracci ricolmi di commozione e felicità, idealmente rivolti a tutto il mondo,
di Rocco Hunt quando ha vinto il Festival nella Sezione Nuove Proposte.
E, infine, l’assoluta
immobilità di Arisa, come paralizzata da una viva emozione, all’annuncio della
propria vittoria alla 64^ edizione del Festival della Canzone Italiana.
Un’edizione
che la strepitosa conduzione di Fabio Fazio e Luciana Littizzetto ha ammantato,
al tempo stesso, di lievità e solennità.
Un’edizione
in cui, anche quest’anno, si repirava una benefica aria di serenità.
Un’edizione molto
simile a quella precedente; e quindi, proprio per questo motivo, coerentemente
con quello che ho scritto l’anno scorso, non posso far altro che considerare
particolarmente bella!
©Sergio
Rilletti, 2014
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