Amore. Amore. Cos’è questo grande sentimento che
tutti chiamano amore? E’ il desiderio di lei. Di lei, come moglie e come
amante. Di lei, che è l’essenza della bontà.
Sì, bontà. Bontà d’animo. Quel tipo di
bontà che non è rappresentata dalla scelta di un’azione specifica, ma che
traspare da ogni atomo della sua persona.
Ho conosciuto pochissime persone così, e
tutte di sesso femminile. Una è la mia miglior amica (anzi, il mio miglior amico per eccellenza, come mi piace definirla!), un’altra è un’ex mia carissima amica
che si è fatta fagocitare dalla passione per un uomo, rinnegando, di fatto, la
nostra amicizia.
E poi c’è lei!
Lei, che ha il sorriso di un angelo. Lei,
che ha la grazia di una principessa delle favole. Lei, che infonde tenerezza a
tutto quello che la circonda.
Sì, proprio lei! Tu la guardi, e la
tenerezza che risplende nei suoi occhi si riflette nella tua anima!
La guardi.
Una ragazza così deve aver bisogno di
protezione, della tua protezione! Sì,
perché la sua tenerezza è contenuta in un involucro soffice e delicato, e
allora la vorresti abbracciare, stringerla con forza, affondare le tue mani
nella sua pelle, per farle capire che ci sei, che è protetta, che finché è con
te non può capitarle nulla di male; e magari lo faresti, se un suo movimento
repentino non ti facesse capire che ha paura che tu la rompi.
E allora
STOP!,
BASTA!,
freni tutti i tuoi
desideri e rispetti i suoi. Tu sai che non ha nulla da temere; ma se lei non si
fida, cosa puoi fare? Costringerla con la forza?, no di certo!
Rimani lì, fermo, e ti limiti a
contemplarla. Come un bel fiore. Come l’unica margherita in mezzo ad un immenso
prato verde.
La guardi, e quel fiore diventa
semplicemente meraviglioso; come se tutto il prato risplendesse della sua luce;
e hai paura delle intemperie, che una bufera lo possa strappare, buttare via.
E infatti la bufera arriva.
Improvvisamente, inaspettatamente. Con un impeto che non ha eguali. Arriva, e
si abbatte su di lei con una ferocia sconcertante, che non potevi neanche
immaginare.
E ora, cosa accadrà? Lei è un fiore, un
fiore delicato; si spezzerà sicuramente.
Invece no.
La bufera imperversa, imperversa per
parecchi mesi, senza alcuna pietà. Io mi vesto da cavaliere, e cerco di
difenderla da quella terribile tempesta sovrannaturale, una tempesta che solo
un essere alieno particolarmente crudele o lobotomizzato può generare.
La difendo, le infondo coraggio, e sarei
disposto anche ad affrontare il mostro dalle sembianze umane a viso aperto, se
non fosse per un piccolo particolare.
Lei gli
parla. Gli parla amabilmente. Come
una principessa delle favole.
E la mia stima in lei sale alle stelle.
Salgo fin lassù, e mi guardo intorno: il
suo animo si è espanso, ed è diventato l’intero universo.
Tutte le stelle e i pianeti gravitano al
suo interno. Io rimango lì, affascinato, rischiando di perdermi nell’immensità
di quell’universo. Solo una stellina rimane luminosa. E’ lì, è il mio punto di
riferimento. Imperturbabile.
E’ lì, e quando ne ho bisogno, io la
guardo, e, come d’incanto, la stellina si trasforma in una fata. Lei mi dà dei
buoni consigli, mi mostra tutto quello che mi circonda. E io vedo tutto quello
che comprende quest’universo.
Un universo al quale io appartengo,
certamente, e dentro il quale sono un importante punto di riferimento; ma io
non vorrei essere un punto di
riferimento, io vorrei essere il
punto di riferimento, la stella più luminosa, la Stella Polare di lei, della mia amata.
Invece non è così.
Lei mi considera solo un amico; un buon
amico, ma niente di più.
E forse dovrei farlo anch’io, se voglio
recuperare l’amicizia d’un tempo.
Già, perché lei è una ragazza buona, genuinamente buona; non una di quelle
persone che fanno del bene per dovere,
ma una di quelle persone le cui azioni non partono dalla testa ma direttamente
dal cuore.
Sì, perché esistono due categorie di
persone: quelle che fanno del bene, e
quelle che sono il bene. Le prime si
impegnano persino una volta alla settimana come volontari, sentendosi
particolarmente brave e orgogliose, obbedendo pedissequamente agli
"ordini" che vengono dall'alto, senza ragionare, come dei robot,
obbligando chi aiutano a considerarli tali; le seconde, invece, il bene se lo
portano sempre appresso, senza neanche accorgersene, perché fa parte della loro
stessa essenza. E quando sei con loro sei al sicuro: non potrai ricevere delle
coltellate alla schiena. Mai! Non ne sarebbero capaci!
Lei appartiene a quest’ultima categoria.
Ti accorgi che tutto quello che fa è
qualcosa di speciale: come parla, quello che dice, il modo semplice e sereno
con cui accetta l’ineluttabilità degli eventi, la gioia con cui si fa sempre
prossima.
E poi, ancora: le idee che ha sulla vita,
sull’amicizia, sulla religione; idee che, guarda a caso, coincidono
perfettamente con le tue. Non esiste la benché minima divergenza. Ti accorgi
che siete due binari, due binari paralleli che conducono lo stesso treno sulla
lunga tratta della vita.
Vorresti abbandonare il tuo destino da
rotaia, e salire su quel treno con lei. Vorresti seguirla; ma non a distanza…
oh, no di certo… ma proprio a diretto contatto con lei, con gli umori della sua
pelle…
Ma non è possibile!
Mi guardo intorno, a bordo di una nave
spaziale che non riesco più a governare.
Mi guardo intorno, vagando in
quell’universo di candido splendore.
Mi guardo intorno, e mi accorgo che anche
quell’universo di candido splendore ha i suoi buchi neri.
Ti immagini che una ragazza così bella
non possa avere difetti; invece non è così.
Lei ha dei difetti.
Sì. Lei ha dei difetti!
E' distante, sempre più distante. Io le
parlo, ma lei no, mi evita.
Io vorrei stare sempre più con lei,
sentire la sua voce, il suo respiro, illuminarmi del suo sguardo e del suo
sorriso.
Cerco di farglielo capire in tutti i
modi.
Forse troppo.
E' palese quello che provo per lei. Non
glielo dico, ma lei lo sa; come tutti, d'altronde. Non mi perdo neanche una sua
mossa. Mi piace la sensuale linea del suo corpo quando è appoggiata ad un
tavolo, mi piace come si alza e come si muove; e infine... mi piace come si
volta e sorride.
Peccato però che, quando incontra il mio
sguardo entusiasta, il suo sorriso si smorza.
E io sento il mio animo rimpicciolire a
dismisura e premermi, come una tonnellata, sul cuore.
Ho invaso la sua privacy, la sua
intimità.
Che diritto avevo di intromettermi in
quella parte di mondo alla quale non ero stato invitato?
Ora non mi guarda più, mi evita. Dà la
precedenza a tutti, anche a quella bionda che le sta pure odiosa, ma da me non
viene. Io la chiamo, lei mi dice di aspettare e non viene.
Cerco di distrarmi, conversando con gli
altri, ma il mio pensiero è sempre là là là. Da lei.
E, purtroppo, si nota.
L'angoscia sale, mentre il tempo passa e
il momento degli inevitabili saluti si avvicina sempre più.
Lui si avvicina, lei no.
Ecco, il tempo dei saluti è già iniziato.
Gli altri si infilano i cappotti, mentre un amico munito di auto le chiede se
vuole un passaggio: lei risponde di sì.
Si avvicina per salutare, e mi dice di
fare in fretta perché deve andare.
Io, che avevo tante cose da raccontarle e
da chiederle, che mi ero organizzato tutto un bel discorso da fare, mi trovo
spiazzato, cancello tutto, e mi limito a fare l'elenco di tutti i futuri
appuntamenti, con quel gruppo di amici o con altri, in cui potremmo vederci.
La mia mente è in fibrillazione per paura
di dimenticare qualcosa di fondamentale per il suo interesse, e il mio cuore
palpita nella speranza di ricevere almeno un sì.
Ma i sì non arrivano, giungono solo una
sfilza di no. Lei rifiuta tutte le mie offerte; solo alla fine, quando arrivo
all'ultima proposta, lei si concede un Forse,
vedremo!. Dovrei essere più sereno, almeno ho una speranza, invece no;
perché quando nella tua vita hai solo un unico obiettivo, e quando questo
obiettivo annienta tutti i tuoi interessi, allora la fievole speranza di
raggiungere quell'unico obiettivo è la cosa peggiore che ti possa capitare.
Sì, perché tu hai altri impegni, avresti
anche altri interessi; ma non importa: meglio programmare una serata forse con lei, a seguire una conferenza
che ti interessa relativamente, piuttosto che partecipare ad una serata di tuo
sicuro interesse ma senza di lei.
Ed è qui che la tua anima, la tua
energia, viene risucchiata da un terribile buco nero. Tu non sei più tu, non
sei più padrone di te stesso; ti accorgi che stai andando alla deriva, ma non
puoi farci niente. E allora, lei, la tua amica che ti ha rubato il cuore contro
la sua volontà, si allontana.
Non ti dice addio.
Non scompare dalla tua vita.
E' sempre lì, sai dove trovarla.
Però si allontana. Impercettibilmente.
Inesorabilmente. Fluttuando nell'aria.
E lei, che è tua amica, te lo dice pure,
ti avverte, che le stai troppo addosso.
Tu sai che ha ragione, e cominci a
trattenerti. Ma, così facendo, vai contro la tua stessa natura, il cervello ti
si blocca e ti fa ansimare, alla ricerca di aria.
L'unica cosa che posso fare è scrivere.
Mettermi al computer e scrivere, impegnando la mente in storie di mia totale
invenzione.
Ma il pensiero di lei permane.
Cerco di chiamarla il meno spesso
possibile, lottando contro il mio desiderio di chiamarla sempre, ma
ormai lei è sulla difensiva.
Ogni volta che le propongo qualcosa, lei
rifiuta oppure dice Vabbè, vedremo!, che ormai so essere il preludio ad
un altro no ma che mi fa lo stesso accendere quell'infernale speranza.
E lo fa sempre. Anche quando una
determinata proposta l'aveva lanciata lei, mandandomi in confusione e in
agitazione sempre di più.
No, non posso continuare così: la mia
mente e il mio stomaco sono attorcigliati, aggrovigliati tra loro da una
ragnatela. E io non vivo più.
Me ne accorgo, ma non posso farci niente.
Per fortuna c’è lei, sempre lei. La mia
amica. No, non quella che mi aggroviglia; quella che mi sbroglia.
Lei mi aiuta nel mio rapporto con la mia
amata, mi aiuta a incontrarla, ma, intanto, mi fa notare che la vita continua.
E mi sprona a viverla!
Già, mi sprona. Non proprio con la
frusta, ma sicuramente con due begli speroni.
E io le do retta. Do retta sia a lei sia
al Dottore, che, pur non conoscendola, è sempre d’accordo con lei.
E’ dura fare quello che dicono loro: non
mitizzarla, collocandola al giusto posto e nella giusta dimensione; ma, con
molto impegno, ci sto riuscendo.
E le cose vanno meglio. Decisamente
meglio.
Se non altro ricomincio a vivere. E non è
poco!
All’orizzonte si sta profilando un corso
di scrittura creativa, tenuto da uno scrittore simpatico, che a sua volta
sembra avermi preso in simpatia.
Strano, lo sto prendendo in
considerazione!
Già. Nonostante una di queste date
coincida con un incontro di catechesi in cui molto probabilmente ci sarà anche lei, sto considerando di partecipare a
questo corso.
Anche in quella data!
Mi sento stranito, quasi euforico; non
posso credere a me stesso.
Ma è ancora presto per cantare vittoria.
Davvero avrò il coraggio di fare questa scelta?
Mi sembra impossibile!
Aspetto.
Il giorno si avvicina, e io mi sento
sempre tranquillo, leggero. Non mi affiora alcun dubbio. Provo a farmelo
venire, a scovare ben dentro il mio animo, ma niente: rimango fermo nella mia
decisione!
A quanto pare, quella sera, non la vedrò.
Pazienza!
Wow!... Pazienza!... Che sensazione fantastica!
Comunque ci crederò solo quando lo farò.
E il fatidico giorno, anzi la fatidica sera,
finalmente arriva.
Sono in auto con una mia carissima amica;
non quella che mi aveva imbrogliato il cuore, e neanche quella che mi aveva
aiutato a sbrogliarlo, ma con un’altra, che mi era stata comunque vicina nel
mio lungo e oscuro travaglio, nonostante la mia chiusura al mondo, e che ora mi
accompagnerà a tutte le lezioni del corso.
“E con la tua amica, come va?” mi chiede,
con la voce limpida e un velo di apprensione.
“Be’, se ora sono qui,” le dico, facendo
una pausa misurata e guardandola di sottecchi, “penso proprio di poter asserire
di essere finalmente guarito!”
NOTA DELL’AUTORE
Questo racconto è nato
da un “compito a casa” del mio psicologo, il Dott. Angelo Vittorio Cantoni,
che, come si può intuire, ha avuto un compito piuttosto ostico, che mi aveva
chiesto di scrivere un racconto su cosa era per me l’amore.
Non ho controllato, ma ho ragione di
pensare che questo compito me l’avesse dato nel 2002, e che io l’avessi
iniziato subito, ancora in pieno fermento amoroso. Ma poi, nel novembre di
quell’anno guarii, e persi l’impulso
necessario.
Qualche anno dopo decisi di riprenderlo,
per partecipare ad un concorso letterario. Purtroppo non lo finii in tempo, e
il racconto rimase di nuovo incompiuto. Comunque credo che questa seconda parte
risalga al 2005, quando ci sono state un paio di gravi bagarre con un gruppo di
volontari.
Infine, due giorni fa, soppiantando improvvisamente
l’idea di scrivere una short-story rosa per la Festa di San Valentino, decisi di finire questa e
di pubblicarla al posto dell’altra. Purtroppo non ce l’ho fatta, ma credo
comunque di fare un regalo speciale a tutte quelle persone, sempre più numerose,
che vorrebbero vedermi cimentare in un romanzo autobiografico.
Con il Dott. Angelo Vittorio Cantoni,
persona gradevolissima che ricordo sempre con grande affetto, non ho perso i
contatti, e ogni tanto ci scriviamo o ci sentiamo.
©Sergio
Rilletti, 2002-2013
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