sabato 8 marzo 2014

DELITTO DI COPPIA (Un racconto thriller)

Quella sera sarebbe stata la sera, la sera in cui lui e Linda avrebbero potuto giurarsi amore eterno. Non davanti a Dio e agli uomini, naturalmente, per quello avrebbero dovuto aspettare ancora un bel po’, ma comunque era già qualcosa.
Sempre meglio che un pugno in un occhio o un calcio nel culo, cose che aveva sempre rifilato a sua moglie negli ultimi sei anni.
Lei diceva di amarlo, la stronza; lei diceva di amarlo eppure non lo capiva, la troia.
In fondo era colpa sua
(di lei!)
se era arrivato a questo. Era tutta colpa sua.
Lui lavorava tutto il giorno, lei rimaneva in casa, a non fare un cazzo,
(Già. Perché, com’è noto, tutte le casalinghe non fanno un cazzo!),
poi lui tornava a casa, ed effettivamente trovava la casa che era uno specchio.
Sì, certo!, ma capirai!, per pulire bene una casa, per quanto grande sia, basta che ti metti un po’ d’impegno, e...
trin-trun-tran!,
nel giro di mezz’ora hai già fatto tutto!
E poi, alééé!, poteva dedicarsi alla sua amica Linda.
Già, proprio una bell’amica, quella!
Già, proprio una bell’amica, l’amica degli animali.
Già, proprio una bell’amica, la sua futura compagna.
Si erano conosciuti una sera, quando a Clara, sua moglie, venne l’idea di andare a teatro in tre. Lei, Lui, e l’Altra.
Lo sguardo incandescente di Linda gli fece divampare la passione.
Una passione dirompente, dilaniante, accecante. Una di quelle passioni che ti penetra negli occhi e poi va giù, giù, fino allo sfintere.
Una passione che te la fa sbattere contro il muro della sua stanza, abbassarle le spalline del suo abito nero, gettarla sul letto, buttartici sopra, e scoparla senza sosta per tutta la notte.
Una passione come questa non si può esaurire in una volta o due, deve essere coltivata, alimentata quotidianamente. E più va avanti, più ti accorgi che non puoi farne a meno. E’ una droga, e ogni notte devi farti una botta di sesso!
E così, Clara si godeva Linda di giorno, e lui, all’insaputa di Clara, se la godeva di notte.

Clara voleva solo essere amata. Nient’altro.
E lui non l’amava più.
Non l’amava più da molti anni. Anzi!, a pensarci bene, forse non l’aveva mai amata.
Il loro era stato un matrimonio di interesse, lo sapeva! L’aveva sposato perché altrimenti suo padre, uno dei tanti soci dell’azienda di lui, rischiava di essere estromesso.
E così mise da parte le sue passioni, i suoi sogni, le sue ambizioni, e decise di sposare l’uomo che non avrebbe mai potuto amare.
­Per suo padre, che non l’aveva mai potuta accettare, e che ora, finalmente, avrebbe potuto essere orgoglioso di lei!
Sì, era stato un matrimonio di convenienza! Era passata sopra a tutto, persino sopra al grande amore della sua vita. Un amore lontano, di un tempo che non era più, un amore ormai passato che i suoi genitori non avevano mai accettato.
Era passata sopra a tutto, sì, ma non sopra alle botte. Quelle no, non poteva sopportarle. Anzi!, le aveva sopportate fin troppo a lungo, a pensarci bene; per oltre sei anni, nella speranza che le cose potessero cambiare, nella speranza di ottenere un po’ di rispetto.
Invece no. Niente. Niente di niente!
Lui l’accusava di appartenere ad una razza inferiore. E allora la picchiava: calci e pugni, e poi ancora calci e poi ancora pugni.
Fino a piegarla al suo volere.
Come una bestia da circo.
Ma ora basta! Quella sera sarebbe stata la sera, la sera della svolta, la sera dell’addio. Lei l’avrebbe piantato lì, da solo, in cucina, e avrebbe cambiato vita.

Linda aveva pianificato tutto! Quella sera sarebbe stata la sera, la sera in cui avrebbero potuto giurarsi amore eterno. Non davanti a Dio e agli uomini, naturalmente, ma questo non le importava.
Non le importava affatto!
A lei importava soltanto essere amata. Con il corpo, e soprattutto... con l’anima. Un amore delicato, tenero; un amore fatto di sguardi, di sensazione; uno di quegli amori in cui le linee dei polpastrelli sfiorano la pelle della persona amata, scandagliandola millimetro per millimetro facendoti percepire persino l’anima.
Lei lavorava come commessa nel negozio L’AMICO DEGLI ANIMALI, dove si vendevano animali e accessori vari, compresi quei prodotti che con un “amico degli animali” non avevano nulla a che fare.  Quindi, in quello stesso negozio, si potevano trovare: cani e canarini, cucce e ciotole, ma anche veleni e trappole di tutti i tipi.
E quella sera sarebbe accaduto esattamente quello che lei aveva preordinato: dopo aver esaurito quell’ultima, fatidica cena a casa con sua moglie, dopo essersi rimpinzato anche del dolce, lui si sarebbe alzato, le sarebbe andato alle spalle, e l’avrebbe silenziosamente strangolata con il braccio, in modo da non lasciare impronte digitali; dopodiché, con tutto comodo, avrebbe rovesciato la casa e nascosto qualcosa di valore per simulare un furto.
Questo era il piano che gli aveva esposto. Un piano semplice ma perfetto, che, se attuato con cura, era praticamente impossibile scoprire.

La fredda luce del neon illuminava la cucina. Fuori, il buio che si scorgeva dalla portafinestra non riusciva a penetrare nella casa.
Era sera.
Era la sera.
Era la sera in cui le cose sarebbero cambiate. Definitivamente.
Clara si era alzata a prendere il dolce, mentre lui stava finendo di sbranare una bistecca al burro che aveva come contorno delle appetitose patate al forno. La sua bocca macinava senza sosta, e lui si ficcò dentro l’ultimo boccone di carne prima ancora di aver inghiottito quello precedente. Ruttò rumorosamente.
Clara gli tolse il piatto sporco, e gli portò il dolce. Una gustosissima torta alla vaniglia e nocciola, con tre ciliegie sciroppate per fetta.
Lui cominciò a intaccare la sua fetta di torta, a masticarla, e a ingurgitarla.
Lei, intanto, cominciò a lavare i piatti.
Lui ingurgitò la sua fetta di torta, un boccone dopo l’altro, si pulì rudemente la bocca, e si fermò un attimo a guardare Clara davanti al lavello, intenta a pulire e rigovernare i piatti. Si alzò, le andò alle spalle, e iniziò a palparla avidamente: l’interno delle cosce, il ventre, i fianchi, i glutei, ancora il ventre, e poi su, su, fino ai seni.
Poi, d'un tratto, con il braccio sinistro le serrò la gola mentre con la mano destra aumentava la leva. Il volto di Clara diventò paonazzo, mentre quello di lui sudava e il suo corpo ansimava; sudava e ansimava come mai aveva fatto prima. Clara si concentrò, racimolò tutte le sue forze, e gli sferrò una gomitata nello stomaco: la reazione, del tutto inaspettata, di sua moglie lo fece indietreggiare fino a farlo sbattere contro la parete.
Lei si girò per fronteggiarlo: era sudato e ansimante, con il volto paonazzo, incredulo e infuriato. Lui, con le mani ad artiglio protese in avanti, emise un atroce urlo avventandosi contro di lei: fece qualche passo; poi si bloccò di colpo, e stramazzò bocconi al suolo.
Clara rimase immobile a guardarlo per qualche secondo. Il topicida con cui aveva infarcito la torta surgelata, unito allo sforzo del marito per strangolarla, aveva ottenuto l’effetto desiderato.
Il suono del campanello la fece sussultare.
Con lo sguardo stralunato e il passo incerto si mosse, abbandonò il cadavere del marito in cucina, e andò ad aprire la porta.
“Fatto?” le chiese Linda, con la sicurezza di chi sapeva già che tutto era andato come aveva preordinato.
“Sì” rispose lei ansiosamente, scuotendo la testa.
Linda fece qualche passo, chiuse la porta con un leggero calcio all’indietro, prese il capo chino di Clara, e lo sollevò fino a quando i loro occhi si incontrarono. Lo sguardo smarrito di Clara e quello sicuro di Linda entrarono in contatto.
Le due donne si guardarono intensamente, poi Linda accostò la sua bocca a quella di lei, e iniziarono a dar vita ad un voluttuoso bacio. Finalmente, dopo tanto tempo di finzioni, di lotte, e di sofferenze, erano libere, libere di vedersi, libere da quell'essere che alcuni chiamavano uomo!
Sì, finalmente ce l’avevano fatta! Finalmente, da quella sera, avrebbero potuto giurarsi reciprocamente amore eterno!

©Sergio Rilletti, 1999

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