Salve, sono Mister Noir:
detective privato di Milano. Mi sembra incredibile che riusciate a sentire i
miei pensieri tramite la radio; ma, se sta accadendo, vuol dire che è proprio
così.
E per
fortuna!
Perché, nella
vita, c’è chi nasce con la camicia e chi nasce con la carrozzina; io sono nato
con la carrozzina, un mezzo di locomozione portatile che va con un insolito
carburante: la pazienza.
Mia!
Ora voi state
magicamente sentendo ciò che sto pensando, ma di solito, con la mia tetraparesi
spastica che mi ostacola molto nei movimenti e nel linguaggio, non è affatto
così semplice; anzi: devo entrare in empatia col normodotato, dargli fiducia, e indurlo a continuare
il dialogo senza scoraggiarsi mai. Anche se, a volte, il normodotato in questione non capisce proprio un tubo di ciò che
dico, e mi fissa.
Ma la
pazienza non mi serve solo a questo, ma anche per compiere determinate azioni.
Una sera ero ospite a casa di un
amico, e, quando la mattina dopo mi svegliai, cominciai a chiamarlo a gran voce.
Non ottenendo alcuna risposta decisi di scendere, pazientemente e a mio
rischio, dal letto, per andare a vedere cosa stava succedendo.
La porta era
di fronte a me, sulla sinistra, tra una parete laterale e un armadio.
Iniziai a
scendere, prima con le gambe, mettendo a dura prova l’elasticità della mia
spina dorsale, e poi, ruotando, con il tronco, atterrando di schiena sul
pavimento. Mi girai bocconi e strisciai verso la porta incuneandomi tra la parete
e l’armadio. Con un movimento da contorsionista mi misi su un fianco, afferrai
la porta per lo stipite, e la tirai a me facendo attenzione a non sbattermela
in faccia. Semincastrato in diagonale tra la parete e l’armadio, compii
dei micromovimenti per abbassare il più possibile la spalla destra e farle
superare la porta, aprendola poi completamente. Strisciai fino in cucina.
Il mio amico era lì, steso a terra, col cellulare accanto. Mi misi a carponi,
e, non potendo certo pensare di farmi capire da quelli del 118, ben volenterosi
ma pur sempre dei semplici normodotati,
telefonai a sua moglie, che venne subito con i soccorsi.
Ne parlai col dottor Mario Bianchi, un nome che
pensavo esistesse solo nei fac-simile dei documenti; non era un medico, ma un
bravo giornalista… che in effetti, quando scriveva, curava le parole. Lui mi intervistava, e io rispondevo scrivendo al
computer.
C’era solo un
problema: era un serial killer di persone con disabilità. E io ero lì per
incastrarlo.
Ma questo,
abbiate pazienza, ve lo racconterà meglio il mio biografo una prossima volta
volta!...
©Sergio Rilletti, lunedì 18 febbraio 2019, ore 17.15, Radio SkyLab, per "PAROLA DI SCRITTORE - CINQUE MINUTI CON SERGIO RILLETTI" - Letto da Stefano Pastorino
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