La testa bianca calva con gli occhi bordati di nero
la stava osservando dall'alto, immersa nel buio.
Clara la guardò, attanagliata; e, dall'occhio
sinistro della creatura, colò una lacrima di sangue. Clara ebbe un fremito
incontrollabile, e il suo stomaco fu squassato dai crampi. Si piegò in due, ma
la sua testa si alzò di scatto.
La creatura sogghignò, mostrando una fila di denti
triangolari, affilatissimi come pugnali. Le sue pupille si dilatarono fino a
ricoprire l'iride e l'intero bulbo oculare.
In quelle orbite, nere e profonde come tenebre,
comparvero due figure, anch'esse bianche: Fabio e Maura, due suoi colleghi.
Non udiva le voci, ma riconobbe la scena: era il
giorno in cui aveva scoperto Fabio tradire Maria con Maura.
Lui si giro e guardò Clara con un sorriso ambiguo.
Lei si paralizzò: nella sua mente si affastellarono una miriade di dolorosi
flash, ricordi di tutte le volte che aveva visto Maria e aveva sempre taciuto.
Cadde in ginocchio. La sagoma di Fabio comparve di
fronte a lei, e le conficcò una lama nella gola. Il sangue, rosso e vischioso,
cominciò a lordare il pugnale. Clara portò le mani all'elsa mentre alzava lo
sguardo su di lui, che, sogghignando, si mise un indice davanti alla bocca.
Clara iniziò a estrarre l'arma, con lo sguardo
infuocato su di lui, ma una fitta lancinante in mezzo alle scapole la bloccò.
Si voltò. Maria, ovvero la sua rispettiva sagoma, l'aveva
pugnalata alla schiena; proprio come aveva fatto Clara con lei, tacendole il
tradimento di Fabio.
Clara volse lo sguardo verso di lui, impugnò l'arma,
e, con un rantolo che via via divenne un ruggito, se la estrasse dalla gola e
gliela conficcò nella fronte.
Lui rimase immobile, attonito, mentre dalla ferita
iniziò a sgorgare sangue nero; poi questa si allargò, il pugnale cadde, e il
sangue si trasformò in una cascata di serpenti, scarafaggi, e vermi.
Il nero dilagò, dilaniando la figura di Fabio.
La luce tornò, e Clara si ritrovò nell'atrio della
casa di Maria.
Ora sapeva cosa fare: doveva parlarle!
©Sergio
Rilletti, 2010
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