1. La stella cometa
La mia vita è scandita dal passaggio di comete. Stelle comete dai nomi femminili che mi appaiono e si fanno seguire, indicandomi la giusta via.
Il Servizio Tempo Libero non ha un nome femminile, ma Francesca sì.
Era un freddo mercoledì pomeriggio del lontano 1990 quando la incontrai. Ero alla sede dell'Aias Milano, parcheggiato nella stanza dei gruppi del Servizio Tempo Libero, dopo una giornata di duro e intenso lavoro. Stavo aspettando il pulmino che mi avrebbe riportato a casa, e guardavo gli altri ragazzi che dipingevano, quando una ragazza mi piombò alle spalle, chiedendomi se volessi disegnare.
Mi voltai. Era una ragazza molto carina: tipo mediterraneo, con due occhi luminosi, e un sorriso splendente.
Io, colpito sia dalla ragazza che dal gesto in sé, timidamente risposi di sì, anche se, come ogni grande scrittore che si rispetti, ero perfettamente consapevole di essere negato per il disegno. Mi mise una matita in mano, e attaccò un foglio al tavolo.
Ero raggiante! Lei, con quel semplicissimo gesto, mi aveva fatto sentire parte integrante di quel gruppo a cui non appartenevo.
Decisi di mettere alla prova la sensibilità che le avevo accreditato, sottoponendola ad uno dei miei mirabili test: buttai la matita per terra, e attesi. Lei mi rimbrottò scherzosamente, rimettendomi la matita in mano. Non ebbi più dubbi: quella ragazza doveva diventare mia amica.
Ad ogni costo!
Cominciai a darmi da fare. Ogni volta che passava in Aias, io facevo di tutto per rendermi simpatico… riuscendoci chiaramente benissimo!
Iniziai a frequentare il Servizio Tempo Libero, piano piano, cominciando a partecipare alle feste e ai week-end, ma Francesca non mi degnava molto.
Poi, un giorno, quando dovetti decidere a quale vacanza del Servizio Tempo Libero partecipare, il mio istinto mi disse che lei sarebbe andata in Umbria.
L'istinto non mi tradì. E in quella vacanza diventammo amici.
Sono trascorsi quasi dodici anni da quando l'ho conosciuta. Francesca non è più una volontaria dell'Aias, ma è ancora mia amica.
Lei è stata la mia stella cometa: io l'ho vista, l'ho seguita, e mi sono ritrovato catapultato in un mondo sconosciuto.
Fino a quel momento, infatti, pur sapendo dell'esistenza di questo servizio, ero sempre stato restio ad utilizzarlo: convinto che una buona compagnia stesse alla base di qualunque divertimento, rifiutavo a priori l'idea di uscire con qualcuno di loro, sicuro che, non conoscendoli, non mi sarei potuto divertire.
Per fortuna conobbi Francesca, mi attaccai al suo barlume, e mi feci trasportare in un mondo pieno di colori e sensazioni.
2. Fuori dall'eremo
Quando sei abituato a vivere in un eremo alcune cose le dai per scontate, ma nella vacanza in Umbria non erano previsti saldi.
Appena arrivati nel campeggio ci assegnarono le stanze nei bungalow. Io, non potendo certo aspirare ad essere in camera con Francesca, speravo almeno di essere nella stanza con Alberto Di Risio e Giovanni Merlo, i due operatori fondatori del servizio: gli unici che conoscevo e su cui pensavo di poter contare. Invece capitai in camera con Bordiga, Matteo, e, soprattutto, Michele, di cui diventai amico.
Ero lì, già in tensione per essere con tre ragazzi che non conoscevo, con cui avrei dovuto dividere quella stanza per dieci giorni, quando Michele mi disse che era venuto il momento di mettere a posto la mia roba; mi voltò. -- Dove mettiamo questo? -- mi chiese, mostrandomi il mio asciugamano.
Rimasi interdetto. Di fronte a me si ergeva una creatura di legno a due ante e cinque scaffali. E io che ne so!? pensai.
Lui mi propose il terzo scaffale, e io mi affrettai a rispondere di sì. Michele lo posò. Mi mostrò magliette, pantaloni, e golf; e io, presa familiarità con il sistema, indicai vari scaffali, imbroccando sempre la risposta esatta.
Non vinsi nulla: era un quiz dove era impossibile sbagliare!
In compenso, però, Michele e Matteo conquistarono subito la mia fiducia. Mi affidai a loro anima e corpo; e dovetti farlo pure alla svelta! E vi assicuro che affidarsi anima e corpo, soprattutto corpo, a qualcuno, non è affatto facile.
Fino ad un anno prima avevo pochissimi amici; poi, una stella cometa di nome Simona mi inoltrò nel magico mondo oratoriano, e cominciai ad allargare i miei orizzonti. Tuttavia, vivendo ancora nel mio eremo, avevo tutto il tempo per sottoporre i candidati ai miei mirabili test, gestendo la situazione con calma.
Lì, no. Lì, in quella stanza con Michele e Matteo, non c'era tempo per le prove generali. Dovevo fidarmi di loro. All'istante!
Tralasciando i comuni disagi che si possono incontrare abbandonando una struttura protetta come il proprio eremo, dove tutto è studiato per il comfort della persona che vi abita, e non per un'intera categoria, esiste comunque un grande ostacolo da superare: la normalità. Infatti, se è normale per tutti, anche per te che stai leggendo, adattarsi agli ambienti che si incontrano, lo è molto meno dover spiegare come compiere una determinata azione, come il lavaggio del proprio corpo o la sua medesima vestizione.
Come si può aprire bocca, a fatica, costringendo l'altro a capire qualcosa che in una normale conversazione non ti sogneresti mai di dire? In quel momento ci sentiamo tutti un po' handicappati, sia pure per una semplice gamba ingessata. Se poi, oltre ad avere la gamba ingessata, hai anche un ascesso che ti impedisce di parlare bene, allora la frittata è fatta; e il guaio è che non puoi neppure mangiarla!
Eppure bisogna superare questa ritrosia, ad ogni costo; per il rispetto proprio e del proprio assistente, che, a sua volta, deve impegnarsi a capire, senza scoraggiarsi e, soprattutto, senza fingere d'aver capito. Per le manifestazioni goliardiche e intellettive, per le quali valgono le stesse regole, c'era tempo, ma quello era il momento del rispetto e della fiducia, due doti su cui si fondano l'amicizia e l'amore.
In quella stanza non ci fu amore, naturalmente, ma Michele e Matteo conquistarono la mia fiducia e la mia simpatia, e il primo anche la mia amicizia.
3. I volontari, questi diversi!
Ovviamente non con tutti i volontari sono diventato amico. Non sarebbe umanamente possibile, dato il loro numero! Molti li ho frequentati per diversi anni; con alcuni sarei voluto diventare amico, con altri no; con molti, e soprattutto con molte, ce l'ho fatta, con altri no.
Tutti hanno lasciato un ricordo indelebile. È impossibile citarli tutti, anche perché non ricordo tutti i loro nomi. Comunque, è proprio a loro che voglio indirizzare il mio pensiero. E, per non rischiare di commettere ingiustizie, lo farò in un modo assolutamente preciso e inoppugnabile: non citandoli!
Ma come approcciarsi a loro, a questi volontari? Non sono amici, non sono neanche dei nemici, non si possono neppure definire conoscenti, dato che all'inizio non li conosci affatto.
E allora, chi sono?
Semplice. Sono dei marziani!
Proprio come noi, solo di un'altra razza!
Il cinema di fantascienza ha posto le sue fondamenta sulla paura del diverso. E loro sono diversi, non c'è nulla da fare. Buoni come E.T., ma diversi!
Diversi dai normodotati "non-vedenti"; diversi da quelli con la vista acuta, che vorrebbero risolvere i problemi di altri mondi ma che poi non badano al proprio vicino di spalla; diversi da chi, convinto che sia troppo poco fare il volontario una volta alla settimana, non fa neppure quello; diversi perché credono, giustamente, che una goccia d'acqua possa contribuire a formare un oceano; diversi da noi; e diversi pure tra loro. E infine, gran finale fantascientifico: diversi tra loro ma magari più simili ad alcuni di noi! Altrimenti, tra loro, dovrebbero essere tutti amici, e questo è altrettanto impossibile!
La diversità impera, e tutti noi siamo un popolo di alieni! Alieni tra gli alieni!
Forse è per questo che è così difficile trovare l'anima gemella.
Comunque, io l'anima gemella non l'ho ancora trovata, e neppure due gemelle che fanno le volontarie; però ho trovato molti marziani, molti volontari con cui ho passato delle piacevoli serate. All'inizio ero un po' impacciato; poi ho capito: dovevo trattarli come persone normali!
4. 0,52 ringraziamenti
Il mio viaggio nel tempo finisce qui. Anzi, no!, non finisce affatto qui: si proietta nel futuro; però, dato che non ho abbastanza elementi per raccontarvelo, sono costretto a fermarmi qui!
Ora vorrei prodigarmi nei dovuti ringraziamenti.
0,52 ringraziamenti a tutti i responsabili del servizio che si sono succeduti e con i quali ho condiviso un bel rapporto, a volte anche personale; anche se, poi, una volta cambiato lavoro, si sono dissolti nel nulla.
0,52 ringraziamenti a tutti i volontari, che ci hanno permesso e continuano a permetterci, non solo di uscire alla sera e coltivare regolarmente i nostri interessi, ma anche di farci provare delle esperienze indimenticabili, come: l'ascensione in mongolfiera, le escursioni in elicottero e aerei da turismo, il rafting, e vacanze a bordo di cargo olandesi che abbiamo persino governato.
E 0,52 ringraziamenti anche a tutti noi, utenti del servizio, che, oltre a manifestare per le strade e nei locali la nostra comune esistenza, permettiamo a questi poveri marziani di dedicarsi al volontariato, facendoli fare anche certe esperienze che, senza di noi, non avrebbero potuto mai provare.
Sì, lo so. Forse qualcuno starà pensando che 0,52 ringraziamenti siano una miseria. In realtà, non è così: ho voluto solo adeguarmi al nuovo corso dei tempi. Ma, se preferite, posso riconvertirli nel caro, vecchio "GRAZIE MILLE!!!!!!!!!!!!!".
E infine, un Grazie mille! a tutti coloro che, con la nascita di questo servizio e la sua felice prosecuzione, hanno capito che la salute non è tutto.
Eh sì, perché la salute è molto importante, è vero, ma se poi sei condannato agli arresti domiciliari, che te ne fai?!
©Sergio Rilletti, 2002
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