Salve a tutti, e Benvenuti a questa quinta puntata, nonché
prima puntata del 2024, di Parola di scrittore!... Se seguite
questa mia rubrica da tempo, sapete che, di solito, non mi occupo di fatti di
cronaca. In passato l’ho fatto solo due volte: per l’eclatante ascesa di Greta
Thunberg, la giovane attivista svedese affetta dalla sindrome di Asperger (CLICCA QUI), e per
il caso del pullman dirottato e del coraggio e dell’astuzia degli studenti della
scuola media Vailati di Crema, che ho raccontato da scrittore (CLICCA QUI).
Ma, questa terza volta, è
emotivamente molto più difficile.
Infatti quando, circa due
settimane fa, ho appreso la notizia che Giovanna Pedretti, co-proprietaria
assieme al marito del ristorante Le
Vignole di Sant’Angelo Lodigiano, aveva risposto a una recensione negativa del
suo locale - unicamente a causa della presenza di due gay e di un disabile -,
invitando l’autore di tale post a non presentarsi più da loro, il mio cuore si
è riempito di gioia, e avevo deciso di prendere a esempio questa donna per
dedicare questa puntata di Parola di Scrittore al rispetto per le persone con disabilità.
Invece no. Perché Giovanna
Pedretti, con la stessa velocità con cui era stata innalzata al cielo da una
valanga di commenti positivi e di gratitudine pubblicati sui social network, è
stata travolta da una tempesta di insulti basati unicamente sul dubbio, e quindi
solo su una semplice ipotesi, che il post discriminatorio fosse stato scritto
dalla stessa esercente per farsi poi pubblicità con la sua risposta. E, pochi giorni
dopo, si è suicidata inabissandosi nel fiume Lambro.
E ora la Procura di Lodi ha
avviato un’indagine per istigazione al
suicidio.
Io non so perché Lorenzo Biagiarelli
e Selvaggia Lucarelli, i primi a esternare tale dubbio, abbiano voluto
verificare l’autenticità di quel post, né ho capito cosa vi abbiano riscontrato
di anomalo, ma Giovanna Pedretti aveva dato un esempio - o comunque un
messaggio - positivo e importantissimo, che non andava assolutamente intaccato.
D’altronde, l’ipotesi che la
Pedretti avesse architettato tutto per farsi pubblicità è da escludere, dato
che, stando alle dichiarazioni di alcuni abitanti del luogo, lei era benvoluta
da tutti, come dimostra anche il migliaio di persone presente al suo funerale,
e, soprattutto, il suo locale era sempre pieno.
Una vicenda orrenda che mi ha
proprio sconvolto - a cui si sono pure aggiunte le minacce di ritorsione a
Biagiarelli e Lucarelli da parte degli hater
- e che, secondo me, meritava ulteriore attenzione.
Ma come occuparmene?, mi sono chiesto. Non certo alimentando odio, linciaggi mediatici, e minacce, che
comunque, in ogni caso, stigmatizzo!
Poi, documentandomi, mi sono
reso conto che alla base di tutto quello che è successo, di tutte le fasi di
questa brutta storia, c’è la scrittura. E allora ho capito: dovevo occuparmene
proprio da scrittore.
Partendo ovviamente da me.
Infatti anche a me, a volte,
capita di arrabbiarmi, mentre c’è chi fa, della propria collera, il proprio
mezzo di comunicazione abituale. Naturalmente, non sto parlando di violenza
fisica ma solo di collera orale, che è comunque orrenda e inaridisce i
rapporti.
Ma quando scrivi, la collera
verbale diventa inaccettabile (oltre che un reato). Perché, non rivolgendoti
direttamente a un interlocutore lì presente, accanto a te, hai tutto il tempo
di pensare.
Io sono un tipo che protesta,
anche per iscritto se necessario, quando so di essere stato vittima o testimone
di un torto. Ma mi limito a raccontare i fatti come sono accaduti,
aggiungendovi magari qualche considerazione personale… come d’altronde ho fatto
anche poco fa. Ma mai insulti; perché gli insulti umiliano, sono sterili, possono
ferire a morte (letteralmente, adolescenti compresi), e non sono portatori di
alcun pensiero, di alcuna comunicazione. Mai!
Infatti, se io scrivessi una
pagina esclusivamente di insulti e di imprecazioni, voi alla fine vi
chiedereste: Ma che vuol di’?. E
avreste perfettamente ragione, perché io non
avrei comunicato assolutamente nulla.
Ma se io protesto, anche in modo
deciso, contro un fatto di cui sono stato
direttamente coinvolto o testimone, argomentando al meglio e senza
insultare, non solo rischio di essere realmente utile in quell’occasione, ma poi
posso pure raccontarlo, come ho anche fatto nella seconda e terza puntata di questa
stagione di Parola di Scrittore - di
cui potete recuperare i testi sull’omonima pagina web che ho creato -, sperando
di poter essere di esempio a qualcun altro.
L’importante, quando si scrive
pubblicamente per ribellarsi, non è mortificare una persona specifica in sé,
per quanto possa essersi comportata male, bensì denunciare un malfatto che ci
ha direttamente coinvolto o indignato, in modo tale da allertare chi magari sta
vivendo una realtà analoga alla nostra, ma con altre persone, su cosa potrebbe
accaderle.
Il mio racconto autobiografico Solo! (CLICCA QUI) e i suoi vari sequel, che potete
trovare sul mio blog, e il crossover Assalto
alla RAI con protagonista Mister Noir, pubblicato nel mio libro (CLICCA QUI), sono
l’esempio più noto di questa mia tecnica, ma, in realtà, gran parte della mia produzione
- fatta di articoli, racconti, e poesie - ormai verte in tal senso; compreso questo
mio intervento, che ho voluto scrivere con uno stile particolarmente congruo a
quanto sostenevo.
Sì, è vero, io sono uno
scrittore. Ma tutto quello che ho detto sulla scrittura socialmente utile e non
offensiva, può essere praticato da chiunque: basta sapere cosa si vuole davvero dire e avere un po’ di buon
senso.
Concludo, salutandovi, con una
fulminante battuta di Charlie Chaplin, che dedico a tutti, ma soprattutto a quelle
persone, di qualunque età, che si sentono vittime della malignità altrui, e che
recita così: “Preoccupati più della tua
coscienza che della tua reputazione. Perché la tua coscienza è quello che tu
sei, la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te. E quello che gli
altri pensano di te è problema loro”.
©Sergio Rilletti, sabato 27 gennaio 2024, ore 11.45, Radio Skylab, per "PAROLA DI SCRITTORE-CINQUE MINUTI CON SERGIO RILLETTI" - Letto da Stefano Pastorino e Martin Zanchetta